Indemoniati o miracolati? Psicopatologia di massa nella Parigi del Settecento.


di Roberto Tortora


Il 3 maggio 1727, in uno dei due cimiteri che fiancheggiavano la chiesa Saint-Médard, a Parigi, venne inumato il diacono François de Paris, morto dopo una breve vita di severe mortificazioni corporali e spirituali. A partire da quel momento, gruppi sempre più consistenti di devoti ed infermi convennero ad ondate nei pressi della lastra sepolcrale che ricopriva il corpo del diacono in odore di santità. I primi levavano canti e orazioni, i secondi speravano nel miracolo. E lo ottennero. Paralitici, sordi, storpi, ciechi, uomini e donne di ogni età e condizione sociale guarirono dai loro mali, non prima, però, di aver attraversato il rituale delle convulsioni. Non appena si avvicinavano alla tomba, gli ammalati cominciavano ad urlare e a schiumare bava,  il loro corpo si torceva in un arco impossibile in maniera tale che la nuca toccasse i talloni, strisciavano, ballavano, precipitavano in uno stato di anormalità psicofisica che contagiava gli astanti con la forza di un’epidemia. Era cominciato il fenomeno delle convulsioni collettive e “Convulsionari” furono definiti i seguaci della setta che guardava al diacre Paris come a un exemplum da contrapporre ai tanti rappresentanti della Chiesa autoritaria e corrotta di impronta cattolica. Il giovane François, infatti, era un giansenista e questi erano gli anni in cui tanto la Chiesa di Roma quanto i monarchi francesi combattevano la dottrina risalente a Cornelius Jansen.
Isteria di massa? Psicosi collettiva? Possessione diabolica? Esplosione del soprannaturale, del paranormale, dell’irrazionale? Contrapposizione politico-religiosa?
Difficile, ancora oggi, fornire una risposta univoca ad un fenomeno dai connotati misteriosi ed inquietanti che sconvolse non uno sperduto villaggio nel buio del Medioevo, bensì la città di Parigi nel secolo della Ragione.
I convusionari divennero sempre più numerosi e sempre più scomposte le loro manifestazioni parossistiche che minacciavano di stravolgere, ad un tempo, le coscienze individuali e l’ordine pubblico di una città in fibrillazione. Per questo i fatti di Saint-Médard attirarono subito l’attenzione delle autorità civili ed ecclesiastiche; incuriosirono Voltaire, Montesquieu, Diderot;  diedero il via ad indagini di carattere scientifico ad opera delle Facoltà di Medicina; infuocarono il dibattito sul senso del trascendente.  
Da questi eventi, e dalla eterogenea produzione saggistica che ne conseguì, prende le mosse il denso volume di Antonio Morinelli – allievo di Alfonso M. di Nola, uno dei maggiori studiosi di Antropologia e Storia delle Religioni – con l’intento di collocare il movimento convulsionario all’interno di una visione scientifica di fatti neuro-patologici, ma anche per rintracciarne le radici, le similarità, i punti di contatto con analoghe manifestazioni di religiosità popolare.  
Durante le crisi convulsive, infatti, i devoti di Saint-Médard accusavano sintomi che la suggestione popolare attribuiva all’intervento del divino – o del demonio – e che dunque andavano affrontati  ricorrendo ai rituali magico-religiosi. La torsione fisica, ad esempio, gli spasmi corporali, i salti e i balli più o meno preventivamente coreografati sono tutti fenomeni riconducibili alla comune matrice catartica e terapeutica della danza, una delle più diffuse componenti della folk religion espressa nel menadismo greco, nelle danze tribali dei nativi del nord America, nelle rotazioni estatiche dei Dervisci, nel ballo di San Vito, nel tarantismo pugliese.
Allo stesso modo, spingendo la sofferenza corporea fino al parossismo delle emorragie, i seguaci del beato Paris attraversavano i riti sacrificali di espiazione della colpa, di autopunizione, che accomunano i flagellanti umbri seguaci di Raniero Fasani (1260) ai fujenti e ai battenti che ancora oggi si percuotono a sangue nelle processioni rituali del sud Italia. La mistica del sangue, d’altro canto, non è estranea neppure al delirio visionario che pervade gli scritti di Santa Caterina.  Ma tra i Convulsionari di Parigi si registrarono anche aberrazioni oscene e sacrileghe, casi di coprofagia e di radicali mortificazioni della carne. Qui l’autore trova sotterranei legami col fachirismo indiano, poi allarga le maglie della ricerca etno-antropologica  e scopre che una inquietante linea della irrazionalità unisce la cultura greca  dei riti orgiastici ai fatti parigini del XVIII secolo e ancora sopravvive nella deriva della Ragione che a diverse latitudini oscura il mondo globalizzato.
Morinelli indaga ad ampio raggio il conflitto permanente tra scienza e fede, tra struttura mitico-religiosa e struttura razionale del sapere; descrive la risposta delirante delle masse agli eventi traumatici che sconvolsero la vita quotidiana durante le epidemie di peste del Trecento e del Seicento; rilegge Ippocrate, Galeno, la scolastica medievale e Paracelso per seguire l’evoluzione delle conoscenze scientifiche in merito al fenomeno dell’epilessia e dell’isteria. Inoltre, dai rapporti stilati dagli osservatori contemporanei si evince che i soggetti in preda alle convulsioni soggiacevano allo scontro di flussi emozionali originati dai conflitti latenti nella profondità della psiche per aprirsi ai vettori generati dall’immaginario collettivo. Si spiega così il ricorso, nel saggio, ad una ulteriore chiave di lettura che coincide con l’interpretazione psicanalitica di Freud, Jung, Lacan, Girad.
Da un lato l’impotenza della scienza a risolvere la precarietà dell’esistenza terrena (le malattie inguaribili), dall’altro l’aspirazione delle masse – specialmente dei diseredati – ad affermare il senso di sé, l’integrità fisica e psichica, anche grazie alla potenza del paranormale: nel tentativo di sciogliere questo nodo,  Morinelli si avvale di una impressionante mole di dati storico-antropologici, medico-psicanalitici, religiosi e sociologici, al fine di creare le condizioni culturali più idonee alla corretta interpretazione dei fatti di Saint-Médard, qui – dopo anni di letture parziali e pregiudiziali -  finalmente collocati all’incrocio di un complesso sistema sincronico e diacronico che restituisce legittima dignità tanto ai fatti quanto alle interpretazioni che si sono succedute nel corso di trecento anni.
Il complesso dell’argomentazione è rigoroso, la posizione dell’autore obiettiva, come deve essere in un saggio scientifico. Ma il libro si rivolge a tutti. Anche ai non esperti, in virtù della chiarezza e soprattutto della curiosità che naturalmente emerge dai fatti raccontati come in un incalzante, inquietante resoconto sul mistero del nostro rapporto con le forze ancestrali che ci precedono e che a volte finiscono per sovrastarci.  

Antonio Morinelli, L’ala delirante. I convulsionari di Saint-Médard: un caso di psicopatologia di massa nel secolo dei Lumi, edizioni di pagina, Bari, 2011, pp. 334, € 18,00. 

1 Commenti

  1. molto interessante....lo dico per un trascorso cokme studioso del settecento pugliese. Tra le fonti di archivio ho trovato documentati anche casi del genere.

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