di Vincenzo Jacovino
Che ne sarà dei giovani? Si chiede la comunità con sempre maggiore insistenza e ignora la crescente comunità internauta costituita non più soltanto da giovanissimi ma, soprattutto, da giovani che vanno dai trenta a oltre i quaranta. E’ una comunità dalla caoticità figurale anche perché non rispecchia, né può rispecchiare, con fedeltà puntigliosa gli assembramenti giovanili degli anni ‘65 – ’80 del secolo scorso. La non rispecchiabilità è legata al non-luogo dell’agorà essendo essa virtuale e, quindi, non c’è possibilità di sovrapposizioni di voci, di urla, di scatti d’ira e, anche, di sussurri e mormorii malevoli in funzione di rumore di fondo. I quarantenni s’introducono in queste comunità di internauti per il fascino che i non-luoghi suscitano. Sembrano radicalmente diversi e non c’è nessuno che può coprire la voce e, quindi, il dire. Affascinano perché nel riconoscersi componente della comunità emerge dall’inconscio qualcosa ignorata fino a quell’attimo ma accolta come condizione propria: la solitudine.
Cresce la comunità di internauti perché cresce, probabilmente, la voglia di un dialogare democraticamente corretto ove unico rumore di fondo è il soffio dell’aria del proprio ambiente senza più il ronzio, fastidioso e assordante, dell’alternarsi di voci eccitate e urlanti. Cresce la comunità di internauti perché è venuto meno, forse, il desiderio di contatti di gomito in luoghi fittamente gremiti. La folla o i luoghi affollati si cercano solo per stordirsi e rimarcare, inconsapevolmente, il senso di solitudine dominante. La comunità di questi intemerati navigatori non ha appartenenza e ciascun componente può, serenamente, cantare insieme al poeta:
non apparteniamo ad alcuno se non al punto dorato
di quella lampada a noi sconosciuta, a noi inaccessibile,
che tiene desti il coraggio e il silenzio. (R. Char)
Ma i componenti questa comunità incontrano mai il respiro largo della vita? E’ vero che a volte ci si apre a ciò che sta avanti (uno schermo) ma manca quel salutare e buon sentimento della vicinanza che tanto imbarazza ma quanto aiuta. Però quando ci si apre a ciò che sta avanti (uno schermo)
facciamo della nostra immagine
un luogo dove nasconderci,
timorosi del tumulto, dal mondo. (P. Civitareale)
Che ne sarà dei giovani? Si chiede la comunità con sempre maggiore insistenza e ignora la crescente comunità internauta costituita non più soltanto da giovanissimi ma, soprattutto, da giovani che vanno dai trenta a oltre i quaranta. E’ una comunità dalla caoticità figurale anche perché non rispecchia, né può rispecchiare, con fedeltà puntigliosa gli assembramenti giovanili degli anni ‘65 – ’80 del secolo scorso. La non rispecchiabilità è legata al non-luogo dell’agorà essendo essa virtuale e, quindi, non c’è possibilità di sovrapposizioni di voci, di urla, di scatti d’ira e, anche, di sussurri e mormorii malevoli in funzione di rumore di fondo. I quarantenni s’introducono in queste comunità di internauti per il fascino che i non-luoghi suscitano. Sembrano radicalmente diversi e non c’è nessuno che può coprire la voce e, quindi, il dire. Affascinano perché nel riconoscersi componente della comunità emerge dall’inconscio qualcosa ignorata fino a quell’attimo ma accolta come condizione propria: la solitudine.
Cresce la comunità di internauti perché cresce, probabilmente, la voglia di un dialogare democraticamente corretto ove unico rumore di fondo è il soffio dell’aria del proprio ambiente senza più il ronzio, fastidioso e assordante, dell’alternarsi di voci eccitate e urlanti. Cresce la comunità di internauti perché è venuto meno, forse, il desiderio di contatti di gomito in luoghi fittamente gremiti. La folla o i luoghi affollati si cercano solo per stordirsi e rimarcare, inconsapevolmente, il senso di solitudine dominante. La comunità di questi intemerati navigatori non ha appartenenza e ciascun componente può, serenamente, cantare insieme al poeta:
non apparteniamo ad alcuno se non al punto dorato
di quella lampada a noi sconosciuta, a noi inaccessibile,
che tiene desti il coraggio e il silenzio. (R. Char)
Ma i componenti questa comunità incontrano mai il respiro largo della vita? E’ vero che a volte ci si apre a ciò che sta avanti (uno schermo) ma manca quel salutare e buon sentimento della vicinanza che tanto imbarazza ma quanto aiuta. Però quando ci si apre a ciò che sta avanti (uno schermo)
facciamo della nostra immagine
un luogo dove nasconderci,
timorosi del tumulto, dal mondo. (P. Civitareale)
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