di Natty PatanĆØ
Le sedie in cerchio erano decisamente scomode, anche se le parole che scambiavano alleviavano il fastidio raccontando di propositi, di voglia di organizzare, di idee e iniziative.
Fuori era caldo, il cielo scuro peggiorava la sensazione di soffocamento della cittĆ spenta e quasi perduta. Sebastiano ascoltava, distratto da un profilo che sembrava accennato a matita, messo lƬ giusto per distrarlo, colse il senso del discorso che qualcuno stava facendo e decise di intervenire per dire la sua, o forse per distrarsi. Fu peggio perchĆ© sentiva quegli occhi carezzarlo quasi volessero dirgli che si, aveva ragione.
- Ć solo interesse per quello che dico –
IncastonĆ² la frase nei suoi pensieri e perse un po’ il filo, di tanto in tanto sorrideva, con quel sorriso un po’ di sbieco che lo rendeva triste anche quando non voleva.
Si alzĆ², afferrĆ² una sigaretta e uscƬ in cortile, poggiandosi sullo stipite della porta per poter seguire gli altri interventi. Nell’aria si diffondeva un odore di frittata e basilico che non poteva non riportarlo alla sua terrazza e al silenzio che lo avvolgeva da bambino nei tramonti di mezza estate. Era come perdersi in arpeggi di chitarra che ti cullano e ti lasciano libero di rincorrere pensieri e sogni.
Rientrando capƬ che il suo intervento era stato apprezzato e, come sempre, si stupƬ della cosa, ringraziĆ² e approfondƬ i concetti che aveva esposto prima, lasciandosi navigare in quello sguardo che, sapeva, poteva farlo perdere, poteva rompere ogni timone e scardinare ogni binario.
- Stupido! Sembri un adolescente annegato in un romanticismo melenso e insensato! –
Si disse, cercando di rendersi il piĆ¹ ridicolo possibile con se stesso ma, anche questa volta, incrociando quel volto non riuscƬ a non sorridere, tradendo tutta la tenerezza che avrebbe voluto versare, lentamente, come gocce di profumo ricercato su un polso forte e ambrato.
Qualcuno cominciĆ² a tracciare le conclusioni dell’incontro e a fare ipotesi sul futuro appuntamento, lentamente cominciarono ad alzarsi. Sebastiano incrociĆ² gli occhi ancora una volta e gli sembrĆ² di riconoscere per un attimo la luce che nasconde parole, quelle parole che da tempo stava cercando.
SalutĆ² con un cenno della mano e, lento, si avviĆ² verso la sua macchina, una scia di rosso innaturale segnava il cielo, dei bambini sporchi e sudati tornavano a casa con un pallone sotto braccio, per un istante li invidiĆ², poi richiuse la portiera, inserƬ la chiave, accese l’aria condizionata e rimase immobile qualche istante a fissare il nulla.
- Stupido! –
RipetƩ mettendo in moto.
L’autoradio si riattivĆ² sul brano 2 del cd, quando risuonarono le parole: “A fatal attraction holding me fast” decise che era meglio andare verso il mare.
Scelse un pezzo di costa reso impervio dagli scogli dove riuscƬ a trovare qualcosa di meno scosceso su cui poggiarsi e decise di farsi invadere dagli occhi accesi e curiosi da cui non riusciva a liberarsi. Gli tornavano in mente tutti i libri, i racconti, i romanzi che in qualche modo erano attraversati da ossessioni e capƬ di esserci caduto dentro. Irrimediabilmente, a dispetto di quella che doveva essere la sua maturitĆ , fuori da ogni logica, c’era caduto dentro e poco contava che fosse solo una illusione, a volte anche uno sguardo sa riempire vuoti troppo grandi e tra tutte le cose reali, ancora una volta, sceglieva l’impossibile
Lentamente si calĆ² in acqua in poche bracciate si allontanĆ² e guardĆ² la costa, luci, buio e la pace che solo l’acqua sapeva dargli. Era come se gli permettesse di raggiungere ogni luogo e farlo sentire meno solo. Si girĆ², lanciĆ² uno sguardo verso sud e tornĆ² a riva. La notte avrebbe custodito quegli occhi silenziosi, li avrebbe forse rivestiti di sogno e Sebastiano ci avrebbe trovato attimi di pace.
A casa confuse l’odore salmastro della sua pelle umida con quello che immaginava fosse custodito da quello sguardo, socchiuse gli occhi, e lo respirĆ² a fondo.
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