di Vincenzo Jacovino
Gianni ha mostrato continuamente affetto e
comprensione nella narrazione del suo
cammino terreno che auspicava ed è
stato, comunque, fruttuoso; un cammino
che andava alla scoperta del filo che arrotola la nostra vita mai “disposta
in linea retta, o ben arrotolata” perché risulta essere ”
un gomitolo che qualcuno ha aggrovigliato” (F. Pessoa) . Però Gianni possedeva
non solo l’humus poetico,
il suo era quello di una certa e specifica umanità che non si scoraggia né di
fronte agli ostacoli, definiti, insormontabili né all'assedio delle forze
globalizzanti. Era un tenace combattente.
Poiché
la vita fugge
e
chi tenta di ricacciarla indietro
rientra
nel gomitolo primigenio (E. Montale)
non ha
mai tentato di ricacciarla indietro anzi, l'ha intensamente vissuta, giorno dopo giorno, assorbendo e metabolizzando i disparati umori che la
stessa elargisce.
La
scrivania, sede del disordine costante per la presenza di libri, fogli, appunti
sparsi, sostano da qualche mese una istantanea ingiallita di molti anni fa e
delle missive che Gianni mi inviava per
informarmi degli eventi culturali in corso o dei suoi progetti in fieri. Alcune
sono delle calorose sollecitazioni a partecipare, altre sono effusi pensieri
sulla nostra comune intrigante follia poetica. Un'avventura cominciata
nell'ultimo periodo, convulso, della tarda, tardissima infanzia, quella
…................. selvaggia e vagabonda
per
campi d'anguria e l'ulivo mediterraneo,
per
calette assolate
e
voli di gabbiani.
Nell'istantanea è manifesta la
paciosa dolcezza del suo sorriso, il mio volto palesa, invece, un lieve stato di disagio e alla mia sinistra
c'è quello compunto di Angelo. Quella istantanea
se
non di me almeno qualche briciola
di
te (e di Angelo) dovrebbe
vincere l'oblio.(E.
Montale).
La sua passione per l'intrigante follia era
quasi totalizzante tanto da mutarlo in un operatore culturale, tutto tondo,
fatto di impegno e leggerezza insieme. Aveva uno sguardo attento sulla nostra
comunità culturale che non era mai neutra e che, inevitabilmente, generava
dibattiti e discussioni accese; come accese erano le discussioni tra noi due:
sul tipo, il come e il genere di poetica. In effetti la sua poesia è stata sempre dominata dall'intima esigenza di
sperimentare nuovi parametri linguistici “accattivanti e a più
riprese stimolanti, coinvolgenti per chiarezza espressiva, dote, quest'ultima,
alquanto negletta se non proprio rara nel baillame poetico contemporaneo”.
Come si ebbe a scrivere parlando della sua opera.
Gianni
ha sempre, non saprei quanto inconsapevolmente, contaminato col suo stile
relazioni e rapporti tant'è che della sua funzione di editing era alquanto
arduo dare un rendiconto critico perché non si sapeva a chi concedere il
palmares all'autore che presentava o al mutuante. Però di una cosa si è certi:
ciascun autore, giovane e non, trovava, in Gianni, l'adulto ricettivo che non
chiudeva la porta al dialogo e, soprattutto, all'ascolto. Perché la poesia è
anche condivisione; è il mezzo necessario per far transitare “l’emozione”
verso il “sentimento”; un percorso che non è naturale ma solo culturale.
Ora
Tergi gli occhiali appannati
se
c'è nebbia e fumo nell'aldilà,
e
guarda in giro e laggiù se mai accada
perché
anche
per noi viventi o sedicenti tali
è
difficile credere che siamo intrappolati
in attesa che scatti qualche
serratura
che
metta a nostro libito l'accesso
a
una più spaventevole felicità.
(E. Montale).
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