Parole a schiòvere

di Vincenzo Jacovino

Siamo, ormai, prossimi al termine di questo snervante, insulso e vuoto tourbillon di parole a schiòvere, simile proprio alla pioggia che va dove vuole, smette, a volte, per poi riprendere più insistente di pria. Il tunnel della fabula sembra non aver fine e così

il monotono giorno da un monotono
identico giorno è seguito. Cose identiche
si fanno e rifanno nuovamente
momenti identici incombono e dileguano
(K. Kavafis)

come i morti sul lavoro, la corruzione che dilaga, il lavoro che latita, il prosciugamento culturale che la fabula politica produce. Manca una politica coraggiosa, al passo con le pratiche di vita perché basta porsi ad auscultare il respiro profondo del Paese per percepire, al di là dell’inveramento fantastico dei politici fabulanti, i rantoli affannosi, la paura e l’incertezza che si sono insinuati, radicandosi, nei cittadini come nell’intera società. Ma, soprattutto, con i gravi problemi che assillano menti e forze dei cittadini, la fabula politica non racconta, né rappresenta la realtà della gente perché usa parole e linguaggio che generano noia, una tristissima noia. La politica deve essere l’esercizio o il movimento quotidiano capace di diagnosticare i mali e, poi, proporre la cura.
La politica, quale impegno quotidiano di umanità e di giustizia, “l’etica ed il diritto si possono bensì distinguere, ma non disgiungere”(G. D. Romagnoli). Pertanto, la politica fabulante è deviante perché genera quel sottile senso d’inquietudine ammorbando, grazie al persistente ma leggero refolo, l’atmosfera di questo deserto che, così, prosegue ad annegare nella menzogna, nella precarietà, nella mediocrità. Si vive, almeno questa è la percezione, in una società dalle tristi e labili passioni dove il futuro, più che incerto, non esiste e, quando c’è, ha il respiro di un giorno e poi rimane un pugno di polvere e l’intima sensazione che

il domani è già un bene di consumo.

Soffia, quindi, anche un’incertezza emotiva tant’è che ogni azione si esaurisce in gesti, spesso, banali quanto non tragici. E’ evidente che l’indecifrabilità del domani appare buio, tetro e spegne qualsiasi inquietudine culturale insorgente oltre a produrre un disordine dell’anima. Purtroppo

le nostre collere sono bolle di sapone
che il potere corazzato lascia correre


continuando, così, il perfido gioco di sottrarre al cittadino il diritto di scelta per proseguire bellamente

come sul campo o al circo
uno rimpiazza l’altro nel gioco ambidestro
di portafogli sottratti e il paese è stanco
di passi a due passi a tre passi a quattro
(N. Risi)

è stanco della frustrazione quotidiana di non farcela; è stanco di vagare in questo labirinto senza alcuna speranza.

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