Il punto storico: Il genio Hokusai

di Lella Musiello

Dalla biografia di Katsushika Hokusai, scritta da Edmund de Goncourt si evince una vita straordinaria vissuta del tutto dedita all’Arte.

Fra tutti i pittori giapponesi, Hokusai, è sicuramente il più creativo, sfaccettato e prolifico, per questo forse, il più conosciuto in tutto il mondo e che molti artisti francesi, come Manet, Degas, Gauguin, Van Gogh e altri, trassero spunto dalle sue opere. Ques’ultimo, dal talento indiscutibile, scrisse una lettera al fratello Theo a tale proposito.
“Se si studia attentamente l’arte giapponese, allora si vede un uomo, incontestabilmente saggio ed intelligente, impegnato a dedicare il suo tempo, ma a che cosa? A studiare la distanza delle Terra e della Luna? No. A riflettere sulla politica del cancelliere Bismarck? No. Quest’artista dedica il suo tempo a studiare un filo d’erba. Questo filo d’erba, però, lo porta a disegnare le piante e poi le stagioni, i grandi paesaggi, gli animali ed, infine, la figura umana. È così che trascorre la sua esistenza e, la vita è troppo corta per permettergli di fare tutto. Non è, dunque, quasi una religione quella che ci insegnano questi giapponesi così semplici, che vivono a stretto contatto con la natura come fossero loro stessi dei fiori?”.

Anche il compositore Claude Debussy si ispirò alla più nota incisione in Occidente di Hokusai, “La grande onda presso la costa di Kanagawa”, tanto che volle sulla copertina dello spartito dell’opera “La mer”, la riproduzione di tale incisione.
La poliedricità del carattere di Hokusai, che in realtà il vero nome era Nakajima, si ergeva in una cultura sociale rigida e gerarchizzata. Fin dalla sua tenera età si interessò alla pittura, dopodichè sperimentò nuovi stili pittorici, ricercò nuove forme e nuovi paesaggi. Si divertiva ad utilizzare una lungua serie di firme diverse, esprimeva la sua eccentricità anche con performance spettacolari, con uno stile spesso umoristico, ma anche provocatorio e ribelle. Nonostante la sua forza talentuosa, la nobiltà feudale non riconobbe mai il suo genio, perché nei suoi quadri raffigurava un mondo rozzo di mercanti e donne di piacere, era considerato un’artista minore, un pittore adeguato al popolo ignorante. Fu proprio grazie ai pittori impressionisti francesi che l’arte di Hokusai venne considerata una grande forma d’espressione. L’essere singolare e anticonformista di Hokusai conquistò i francesi, rispecchiava l’ansia di libertà che stava a cuore agli impressionisti.

Qualche anno fa fu proiettato al cinema il film “La tigre e la neve”, si dice che anche Benigni sia stato ispirato da uno degli ultimi quadri di Hokusai, “Vecchia Tigre nella neve”. Personalmente è uno dei tanti quadri dell’artista che preferisco, e che racchiude l’intero senso della sua vita artistica. Dipinse questo quadro quando sentì che le forze lo stavano abbandonando, ma non di certo la voglia di dipingere. Raffigura una vecchia tigre che rivolge lo sguardo in alto con atteggiamento beffardo, e sul volto un dolce sorriso sornione. Si dice che può considerarsi quasi un autoritratto, ma credo possa interpretarsi come l’imperterrita voglia di guardare in alto, altrove, dove serpeggia una forza divina, quella che ci piace credere si trovi in ogni artista.
Quel sogghigno è forse, una sorta di derisione, fiero di aver convinto che ogni forma di illusione sta anche nella vita stessa, dalla quale bisogna inevitabilmente congedarsi e, della quale bisogna servirsi per dimostrare quanto sia nobile quel congedo.
La più alta dimostrazione è lasciare immensa umiltà e talento artistico, che riecheggia una modesta forma di immortalità.

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