No, al mercato della multietnicità

di Vincenzo Jacovino

All’affermazione così categorica, quale: L’Italia non è un paese multietnico ci si chiede sorpresi e i celtici o i saraceni, i normanni o gli ispanici, gli altoatesini o i savoiardi (non li si confonda con i gustosi e famosi biscotti) o, ancora, i turchi che hanno infestato in lungo e in largo le coste italiane non convivono sul territorio del nostro bel Paese? E dei galli cosa dire? E’ vero, mancano i neri neri ma quanti bruni bruni percorrono e stazionano da secoli nelle disperse contrade della bella Italia? E’ ancora vero, mancano gli abbronzantissimi ma si trascurano volutamente gli oliva-stri. Per non parlare delle numerose presenze di comunità albanesi o greche e delle sporadiche ma esistenti comunità di origine latina.

Non si vuole, per carità, fare un elenco dettagliato delle varie etnie che hanno nei lontanissimi secoli scorsi percorso la penisola disperdendo numerosissimi semi qua e là ma ricordare quale concentrato simbolico di crogiolo etnico è la popolazione italiana. Un concentrato ancora capace di conservare, anche se per una affettuosa pietas, le vecchie tradizioni etniche pur sentendo e avvertendo un forte e ormai radicato sentimento di appartenenza nazionale.

Però nonostante ciò, oggi si dichiara con una certa supponenza che L’Italia non è un paese multietnico”, anche se, poi, nei secoli e/o grazie ai secoli trascorsi insieme si è giunti, finalmente, all’unica etnia: l’italica. Non da tutti condivisa, purtroppo, se non mancano consistenti minoranze che, di tanto in tanto, cercano di rinverdire antiche etniche appartenenze. Non c’è più squallida e ipocrita incoerenza nell’affermare categoricamente un principio per smentirlo subito dopo rivendicando l’antica appartenenza e pretendere il riconoscimento.

Si blatera, ad ogni pié sospinto, che la storia è maestra di vita. Balle, solo balle perché, artatamente, si dimentica che il nostro bel Paese è sempre stato, fin dalle origini, non solo governato da imperatori illirici e africani ma spesso prima, seppellito per poi, subito, risorgere grazie alla presenza delle diverse etnie che l’hanno nei tempi attraversato per conquistarlo o, in esso, rifugiarsi per sfuggire alla fame, alle torture, alle guerre.

E’ la nostra storia, purtroppo, di Paese e di popolo.

Naturalmente, oggi, L’Italia non è un paese multietnico”. Lo slogan è efficace a fomentare e radicare quell’intolleranza che fino all’altro ieri era strisciante, oggi, purtroppo, non più. Spot pubblicitario tanto più incisivo quanto più vasta risulta la platea ricettiva, intimorita e incattivita dalla paura del diverso, dei barbari. Ormai è risaputo che tali spot pubblicitari hanno sempre dato un fruttifero ritorno, perché non utilizzarli? E perché non ora? Scientemente si ignora che, in un mondo in costante mutazione, le forme per gestire, oggi più di ieri, questi fenomeni non mancano, però non si cercano e se si conoscono non si vogliono applicare perché sconfiggere la paura e costruire il senso della sicurezza nella comunità non portano voti e, quindi, consenso elettorale.


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