Recitava un vecchio detto della nonna: “A gatto vecchio, - e si guardava con circospezione attorno, completandolo finalmente con ironia - topo tenerello”. Forse sperava che noi ragazzi non prestassimo attenzione. Evidentemente i problemi che affliggono i gatti vecchi hanno sempre avuto una diffusa familiaritĂ in tutti i tempi oggi, poi, è diventata un’attivitĂ di gestione aziendale. Si può tranquillamente definire un’attivitĂ di (S)tato. L’immagine della vecchiaia era collegata, un po’ ingenuamente per i ragazzi di allora, a un rapporto con la saggezza, a una sapiente e attenta capacitĂ di affrontare i problemi dell’esistenza, nonchĂ© al riconoscimento della realtĂ oggetti-va. Invece così non era e non è, se la nonna era costretta, nei conciliaboli con le amiche, a rispolverare il suo famoso detto: “A gatto vecchio, topo tenerello”, quale commento finale di alcuni incresciosi episodi.
A rendere meno pesanti le delusioni, rispetto alla remota adolescenza, scendono, spesso, in soccorso dagli scaffali della libreria, dove stanno a sonnecchiare, gli amici di evasione e di studi: architetti di invenzioni quasi piĂą reali della realtĂ medesima. E allora il prof. “Humbert Humbert” si affianca per evocare la tenerezza, l’amore, lo sperdimento per Lolita sussurrando, poi, all’orecchio: “Era la piĂą bella ninfetta che lo stesso Priapo (…) avrebbe potuto immaginare”.( Nabokov: Lolita) Ma non è il solo perchĂ© a fargli compagnia giunge anche il prof. “David Kepesh” che, in rappresentan-za dell’Animale morente (Philip Rhot) con riso sardonico sussurra: ”Che forza strana, e ammaliante, e trascinante, e piena d’incantesimo, in questo detto: a gatto vecchio, topo tenerello”.
Parlano e si animano i conversari riempiendo il vuoto delle loro anime di ogni particolari della luminosa e giovanile bellezza delle ninfette che sono
come le foglie nate nella stagione florida
- crescono così rapide nel sole -
e da godere
per un gramo tempo i fiori dell’etĂ . (Mimnermo)
E tra le righe emerge, bon Dieu, “l’effetto distruttivo di un narcisismo sgomento dinanzi alla vecchiaia” ma, soprattutto, dinanzi alla solitudine prossima dell’anima e non solo del corpo.
Era, purtroppo, un problema ben conosciuto dalla nonna la quale, pur non avendo frequentato cotanti amici, aveva una pratica di vita, senz’altro, non comune oltre ad una profonda conoscenza dei suoi coetanei alcuni dei quali, spesso, si accompagnavano scalpitanti a
Eros, indomito in lotta,
Eros, che tutto invest(e),
che sulle molli gote
d’una fanciulla ha soste
di vigile riposo. (Sofocle)
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