NESSUNA PRIMAVERA

Natty PatanĆØ


in quell'incavo della mente dove l'angoscia del lavoro che si perde toglie spazio ad ogni altro desiderio

VersĆ² lentamente il caffĆØ nella tazzina, poi la strinse tra le mani, lievi volute di vapore se ne levavano scomparendo in pochi istanti.
FissĆ² a lungo la fiammella azzurrognola della stufa a gas concentrandosi sul silenzio che dominava la casa. Si avvolse nel largo maglione e si spostĆ² nella veranda come aveva fatto fin quando il caffĆØ della notte lo sorseggiava lasciandosi carezzare dal sorriso di un lui che da quelle parti non sarebbe piĆ¹ passato. Da molti mesi ormai l’amarezza e il dolore si erano diluiti e la rabbia quasi non trovava neanche posto nei ricordi.
I risvegli in piena notte non erano piĆ¹ figli di un amore intenso e proteso a recuperare il tempo perduto, i risvegli adesso erano solo l’attesa del giorno che avrebbe visto arrivare la lettera di licenziamento.
PoggiĆ² la tazzina semivuota e cominciĆ² il ripasso di tutte le ditte a cui aveva giĆ  inviato il curriculum sperando di scoprire di averne dimenticata qualcuna, forse quella che stava aspettando proprio lui. RiaprƬ il giornale di annunci dove, su otto pagine era riuscito a trovare solo tre trafiletti che non lo escludevano categoricamente per l’etĆ , per i titoli o per l’esperienza specifica.
Chiuso il giornale fu la volta dei conti e della ricerca di qualche altra spesa da tagliare ma, a meno di non andare a vivere sotto un ponte, non c’era piĆ¹ nulla da tagliare. Gli venne da ridere pensando che di ponti nel suo paese non ce n’erano.
Si rimproverĆ² ricordandosi che il licenziamento non era ancora arrivato e magari forse non sarebbe mai arrivato e forse era giusto essere ottimisti, anche se per chi lo diceva dallo schermo di una TV era sicuramente piĆ¹ facile esserlo.
Avvolto in questi pensieri si spogliĆ² per fare una doccia. L’immagine allo specchio gli parlava di qualcuno che riconosceva a stento, qualcuno su cui gli apprezzamenti innamorati avrebbero rimbalzato inutili. Si vide lievemente piegato in avanti, come se l’angoscia del lavoro gli pesasse sulle spalle e, pur sapendo che doveva continuare a vivere, sorridere, sperare, le uniche parole che gli risuonavano in testa erano “nessuna primavera” - d’altra parte non mi chiamo mica Bandini! – sussurrĆ².
L’acqua calda sembrĆ² rigenerarlo per un attimo, poi sistemĆ² i capelli brizzolati con un filo di gel, fissĆ² il suo sguardo triste annegato nel verde delle pupille e si lisciĆ² il rado pizzetto che gli segnava il mento.
IndossĆ² gli abiti da lavoro e uscendo di casa infilĆ² le mani nelle tasche dei larghi jeans, tra il pollice e l’indice della sinistra serrĆ² qualche truciolo che s’era insinuato il giorno prima.
Il mare aldilĆ  della strada era fermo, la sabbia piatta, l’immobilitĆ  non faceva presagire attese.
Nessuna primavera.

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