Quale aspettativa?




di Vincenzo Jacovino



C’è stato un tempo che si scrutava, fin dal primo mattino, il decorso delle ore e degli avvenimenti nella vana speranza di carpire qualche sostanziale segno del domani. L’aspettativa restava, giorno dopo giorno, sempre uguale ma sempre più insoddisfatta. Poi con il corso degli anni ogni pulsione: dalla solitudine alla gioia, dall’amore all’odio, alla comunanza è stata rivestita con un sottilissimo film di aspettativa attraverso cui anche il dolore e il senso di impotenza che si è provato di fronte alla sofferenza si sono lentamente superati.
Dopo 40 anni di poesia qual è l’aspettativa di Daniele Giancane: 21 Poesie Metafisiche, edizioni La Vallisa? E’ esplicita, infatti ”l’impudico” ma onesto poeta parla a terzi perché l’io intenda:

quando un poeta muore,
muore solo il suo carattere
ispido o molle,
battagliero o inconcludente,
folle o irascibile,
…………………
…………………
…………………
ma i versi scintillanti
che ci sorpresero
un pomeriggio estivo
no, quelli restano indelebili.
Li leggiamo e rileggiamo
e lui, in quei momenti,
è sempre qui davanti a noi.


E’ l’unica aspettativa che sarà, senza dubbio alcuno, soddisfatta in un lontano lontanissimo futuro oggi, invece, l’impenitente Giancane continua a tracciare il proprio diario del mondo interiore, ossia la parte significativa di se stesso, con sobria leggerezza. Continua a scrivere questo compagno di gioco perché questo semplice atto è ancora “un gioco troppo straordinario per smettere” e se non cura le ansie e le paure tuttavia, come scrive Bloom, porta il fuoco e la luce in chi lo pratica o lo frequenta. E, senz’altro,

sia il lettore a porvi mente

non i quattro di manzoniana memoria ma i cento e più compagni che del gioco sono praticanti e frequentatori, oltre a qualche sorprendente e distratto frequentatore occasionale.

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