"Come tardive scuse"

di Natty Patanè



Milano era la neve in quei giorni di gennaio dell’85, era la neve ed un respiro freddo e profondo.
Qualche giorno prima Vittorio aveva convinto Nico a scarpinare per i gradini stretti del Duomo. Avevano camminato a lungo nel pomeriggio senza lezioni in giro tra piazza Fontana, via Larga e piazza Duomo raccontandosi avventure e sogni. Si erano fermati al bar della facoltà dove accanto a due tazze di cioccolata calda avevano programmato di andare a vedere insieme, la settimana successiva, “another country” guardando lo sguardo triste di Rupie sul corriere.
- andiamo
Aveva detto quasi sussurrando Nico ed aveva infilato il giubbotto blu dalle spalle larghe e stretto in vita, con la mano aveva tirato fuori i capelli dal bavero, non accorgendosi degli occhi di Vittorio che, come pattinatori sul ghiaccio, volavano leggeri facendo evoluzioni mirabili tra le sue labbra e il fondo di caffè assopito nella tazzina.
A volte i pochi anni inducono alla cecità.
Abbracciò il libri mentre Vittorio spalancava la porta, risalirono svelti le scale e si avviarono per vie che, efficienti, avevano cancellato rapidissime le tracce delle feste.
Nico ascoltava con poca attenzione racconti di cascine lontane e schivava la dolcezza che accanto a lui si travestiva di spigolosità.
Auto, semafori, Echo and the bunnymen, focaccia Bianca, Alison Moyet, tutto si mescolava nelle narici e Nico sfiorava quasi la commozione da felicità nel vedersi per quelle strade che lo facevano sentire quasi a due passi dai sogni.
- sei venuto a Milano per seguire qualcuno?
Il cambio di voce lo aveva staccato dai pensieri, si girò verso l’amico rallentando il passo e guardandogli gli occhi che improvvisamente colse quali imploranti.
- Perché mi chiedi questo?
- non so, è come se tu fossi qua ma non del tutto
- no Vittorio non seguo nessuno
Modulò la voce quasi che volesse rassicurare chi, in effetti, apparve rincuorato e, sorridente gli indicò di svoltare a destra.
- allora diamo Economia per primo?
- si! Assolutamente si, tanto se non lo passo al primo colpo lo darò proprio alla fine quell’esame
- vieni
Gli apparve come chi avesse improvvisamente ricordato di dover andare da qualche parte, cominciò quasi a correre
- ma che succede?
- niente, tranquillo
In pochi istanti si ritrovarono alle spalle del Duomo
- te la senti di salire fin su?
- certo! -
Cominciarono a salire in completa solitudine, Vittorio ogni tanto si girava e gli sorrideva, agli ultimi gradini raffiche di gelo li colpirono impietose, si strinsero i giubbotti e raggiunsero uno slargo tra i tetti digradanti
- sediamo qua, guarda, questa è Milano, la Milano che mi hai raccontato sognavi da tanto, eccola
Poi abbassando la voce aggiunse
- vorrei regalartela
Rapidamente, quasi a smorzare le parole appena pronunciate cominciò a sussurrare ironico “Oh mia bela madunina!” alle parole finali risero insieme.
La discesa fu veloce, sembravano non esserci ombre, come se il futuro fosse qualcosa di sconfinato.
Nico sentì una gratitudine tenera e volle comunicarla causando in Vittorio un nuovo sorriso.
Allontanandosi dal centro si fermarono simultaneamente a guardare una frase spruzzata su un muro, qualcuno aveva scritto :
- Tutto ciò, come tardive scuse -

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