Sailor Moon, l'omosessualità, la censura italiana.

di Beatrice Pozzi


"Sailor Moon? E' roba da bambini..."
Può anche essere. Sì, "Bishoujo Senshi Sailor Moon" ("La bella guerriera Sailor Moon") è uno dei titoli più famosi dell'animazione giapponese, caposaldo riconosciuto del genere "majokko" (dedicato alle storie di ragazzine dotate di poteri magici), che si rivolge principalmente ad un target di bambini tra i 6 e i 12 anni.
Un anime per bambini, quindi - almeno a prima vista.
E allora perchè ne sto scrivendo oggi, qui? E' perchè, proprio per questo, appare per la televisione italiana anche una grossa occasione sprecata, che se fosse stata gestita con un minimo di buon senso e senza bigotteria avrebbe potuto fornire spunti preziosi per educare le nuove generazioni al rispetto e all'integrazione delle diversità in campo sessuale.
Oltre ad essere un anime per bambini, Sailor Moon è anche una delle serie più amate dalla comunità LGBT, e questo non solo per via delle trasformazioni, degli scettri e degli attacchi spettacolari lanciati dalle "Guerriere Sailor" che all'epoca della prima messa in onda (dal 1993 al 1997 sulle reti Mediaset) avevano fatto temere ad alcuni psicologi italiani che "potesse far diventare gay" i piccoli telespettatori di sesso maschile che tendevano ad identificarsi con le protagoniste. Un motivo ulteriore che ha portato il franchise ai vertici del gradimento LGBT, infatti, si deve al fatto che in Sailor Moon, nel corso delle cinque stagioni che compongono la serie, compare un numero piuttosto elevato di personaggi che nella versione originale sono evidentemente omosessuali.
Ed ecco, appunto, l'occasione. I bambini, anche con l'aiuto di mamma e papà, avrebbero potuto vedere che, oltre alla coppia formata dalla protagonista Usagi/Sailor Moon (nell'adattamento italiano Bunny) e dal suo ragazzo Mamoru/Tuxedo Kamen (in italiano Marzio/Milord), esistono altri generi di coppie, altrettanto naturali e altrettanto felici, composte da uomini attratti da altri uomini e da donne attratte da altre donne.
Al primo caso, in realtà, è riservata attenzione relativa, limitata al legame, esplorato in poche puntate della prima stagione, tra Kunzite (nella versione nostrana, Lord Kaspar) e il più giovane Zoisite (Zakar), e tutt'al più ai personaggi di Fiore e dell'amante del travestitismo Fish Eye (Occhio di Pesce), successivamente infatuati di Mamoru.
Il secondo, però, è rappresentato da due personaggi che dalla terza stagione entrano a pieno titolo trai protagonisti della serie: Sailor Neptune, la raffinata violinista Michiru (Milena) e Sailor Uranus, la sportiva appassionata di motori Haruka (Heles).
Già dalla loro prima apparizione risulta evidente che tra le due c'è qualcosa di più di un'amicizia: nel corso della vicenda il loro rapporto - di cui peraltro, sul piano visivo, non viene mostrato nulla che vada oltre lo scambiarsi sguardi e tenersi per mano - sarà vissuto del tutto alla luce del sole e accettato senza problemi dalle altre protagoniste, che anzi prenderanno le due ragazze a modello di eleganza e maturità; inoltre, il punto di vista dei creatori della serie su di loro appare chiarissimo se si considera che proprio loro - e non, ad esempio, la stessa Sailor Moon - hanno quei "cuori puri" la cui ricerca costituisce, appunto nella terza stagione, uno dei motori dell'azione.
Di tutto questo, però, l'adattamento italiano non ha, naturalmente, tenuto conto, preferendo eliminare il problema alla radice.
Se la coppia Kunzite/Zoisite è stata trasformata in una coppia eterosessuale spacciando Zoisite per donna, e lo stesso cambio di genere è stato riservato a Fish Eye che agli occhi dei telespettatori italiani appare come una ragazza, Haruka e Michiru sono state fatte diventare due strettissime amiche (ma negli Stati Uniti addirittura in cugine) - senza comunque riuscire a cancellare le informazioni trasmesse dalle immagini, con cui le battute finiscono per risultare incoerenti.
E dunque, una censura preventiva, e inutile, che avrebbe potuto essere evitata consigliando di far vedere il programma ai bambini con l'accompagnamento dei genitori. Evidentemente si è pensato di risparmiare ai genitori la fatica. Un'occasione buttata. Uno spunto di riflessione.
Per fortuna che poi i bambini crescono, e possono giudicare da sé.



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