punti fissi : lettera aperta a michele

di Nadia D'Arco

L'antefatto. Due mesi fa un gruppo di ciechi mi chiese di aprire una pagina su fb perchĆØ per loro era inaccessibile. L'ho fatto volentierissimo e mi occupo di fare seguire i post di aiutare a rispondere e a risolvere questioni tecniche. Ora Michele uno di essi mi ha pubblicamente ringraziato su questo gruppo fb e io credo che la mia lettera aperta a Michele sia un punto fermo per iniziare un lavoro insieme sulla disabilita' e i suoi diritti come la intendo io.

Rispondo pubblicamente anche nella rubrica Praticabile a Michele, ringrazio le sue parole e quelle degli altri ciechi (chiamiamo le cose senza girarci attorno) che mi hanno accompagnato in questo percorso. Da sempre ho creduto nell'umilta' di conoscere gli altri, nei diritti e senza pregiudizi e preconcetti. mi sono occupata di popoli lontani dai nostri, di problemi di popolazioni stremate da fame e guerra, e quando torno alle mie origini di disabile che ha sempre costantemente lavorato per i diritti della categoria, mi amareggio perchĆØ siamo lontanissimi da quella coesione che mi aspetto ogni volta.

L'essere disabile ĆØ una condizione e di conseguenza fa si' che ogni persona sia diversa dall'altro non solo come malattia e parte rimasta sana, ma come cultura, apertura, posizione politica. Eppure pur capendo cio' non posso non essere assolutamente delusa e ferita da discorsi preconcetti che trovo sulle pagine dei gruppi contro questo o quell'altro gruppo di disabilita'. Contro questo o quel disabile che in quanto diverso nella malattia o nella condizione familiare attorno alla malattia (parenti e affini) non accetta di fatto l'altra faccia della disabilita', ma neanche empaticamente la comprende preda ognuno dell'essere e voler essere riconosciuto in se' e come tale acclamato.

Ora questo porta a tutt'oggi alla delega settoriale delle associazioni e dei gruppi nati esclusivamente per sollecitare l'attenzione in un problema specifico e cio' porta malissimo a tutta la nostra rivendicazione sociale di appartenenza a questa minoranza sociale che si chiama disabilita'. In questo periodo vivendo giorno per giorno in ospedale con persone ammalate per ictus, e altre improvvise malattie e che hanno un passato normale, capisco che vi ĆØ tanto da empatizzare con loro, che spesso non parlano e sono smarriti nella loro perdita di salute a cui noi siamo avvezzi e preparati a vivere. Noi dobbiamo imparare ad essere empatici, attraverso la conoscenza della nostra stessa diversita' anche di patologia e trattamento, trovare la compattezza unitaria che necessitiamo per non essere piu' emarginati e ultimi tra gli ultimi di questa italia a rotoli. Chi non sapra' mettere in solido, mettere insieme nelle lotte sara' destinato a fallire. Per cui abbraccio gia' da ora la battaglia dei ciechi per i blog, anche quelli che non sono accessibili (tra cui il nostro dove scriviamo) e ne faremo una battaglia di diritti per tutti noi, perchĆØ una battaglia vinta ĆØ una battaglia vinta per la disabilita' tutta.

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