Un amaro e triste ritorno

di Vincenza Jacovino

Sono passati cinquant’anni, forse più e si riesuma, ancora, la vasca da bagno. Si precipita tristemente nella noiosa farsa dei lontanissimi anni Cinquanta del Novecento quando, nei circoli dei torinesi DOC, circolava la legenda metropolitana del meridionale che utilizzava la vasca da bagno per curare piante e non solo quelle ornamentali ma, anche, quelle di altro genere e tipo. Perché? La spiegazione era sottilmente e malignamente razzista: non conoscevano il vero uso della vasca da bagno e, quindi, tornavano, una volta tra le mura domestiche, alle origini: la terra nonostante, ormai, lavorassero in fabbrica. Era una sottilissima

guerra vile
del discredito, della malizia, della
cecità (P.P. Pasolini)

In quei lontanissimi anni era come dare una precisa e razzistica connotazione identificativa del terrone. L’uso improprio dava origine ad un offensivo e lungo elenco di etichette che solo, per carità di patria, si potevano definire maliziose. La legenda metropolitana non ha avuto vita breve, è vero, ma si era da alcuni decenni dispersa nell’aere a causa della sua inconsistenza ma, soprattutto, per l’avvenuta integrazione del popolo terrone che tanto fattivamente ha contribuito a dare al nord sviluppo e progresso.
Oggi, inopinatamente, ritorna la vasca da bagno non per curare piante ma per coltivare i prodotti ittici, ossia: i mitili e di quelli speciali: cozze pelose. Chi è l’oggetto del contendere? Ancora un rappresentante del sud. Ieri, era una legenda metropolitana l’uso improprio oggi, invece, è una verità provata da

la furia della confessione
prima, poi la furia della chiarezza (P.P. Pasolini)

dell’autore ma tra le due furie c’è un conflitto di interpretazione avrebbe osservato ironicamente la saggia nonna che nei confronti degli ingenui mostrava con chiara evidenza suoi legittimi dubbi. E, per evitare che noi ragazzi potessimo danneggiarci e danneggiare, non mancava di ammonire ripetendoci: “Ingenui sì ma con la mente pronta, sempre, a leggere i comportamenti del prossimo“.
Ieri, la vasca da bagno serviva per generare e fomentare discredito e razzismo oggi è diventata, se non l’emblema della corruttela, senz’altro il più accreditato grimaldello per soffiare nell’ambiente il venticello accattivante dell’illegalità e della corruzione. La società è, ormai, bombardata da

altre mode, altri idoli

e

la massa, non il popolo, la massa
decisa a farsi corrompere
al mondo ora si affaccia. (P.P. Pasolini)

Siamo certi, però, che la genitrice del nostro mitilicultore, pro-tempore, avrà tanto sofferto e si sarà, senz’alcun dubbio, chiesto del perché di tanto candore. Richiesta quanto mai inquietante. Si sarà, anche, chiesto del perché non abbia letto attentamente lo scritto che quel dono recava in e con sé dopo i tanti studi e il solerte impegno messo in attività precedenti. Si sa, accade dalla notte dei tempi, che i doni portano racchiusi nel loro vistoso involucro richieste irricevibili o, meglio, sussurri inconfessabili ma precisi, chiari come

spore di pensieri inerti
finché non li (si) acchiappi dolcemente
uno per uno tra le punta delle dita (L. Angiuli)

specie se, i destinatari, sono i potenti del momento.
Oggi, purtroppo, il probo cittadino meridionale deve amaramente constatare che, dopo oltre mezzo secolo, ritorna l’antico marchio identificativo ma, oggi, con una connotazione più pesante e deleteria rispetto a quella di ieri.

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