di Roberto Tortora
Di fronte alle rivolte giovanili
che hanno movimentato la periferia londinese la scorsa estate, il premier David
Cameron ha rivolto un duro atto di accusa contro le istituzioni educative, scuola
e genitori innanzitutto, che avrebbero abdicato al loro ruolo tradizionale:
insegnare la disciplina, consolidare valori sani, trasmettere il senso del
rispetto. Per ovviare alla crisi dilagante Downing street ha messo a punto un
programma fatto di SMS, mail e seminari rivolti ai genitori su come si culla un
neonato o su come si cambia un pannolino.
Perché educare bene, fin dai
primi anni, significa creare una società migliore.
Il medesimo presupposto è alla
base dell’agile volume di Eugenio
Scardaccione, Tu semini. Io raccolgo. Genitori
in gamba non si nasce, si diventa.
Progedit, Bari, 2012, pp. 128, € 12,00. L’autore, un dirigente scolastico
attivo da anni in associazioni impegnate nel volontariato sociale, ha il pregio
non comune del pragmatismo. Quando si trattano argomenti come l’educazione dei
figli adolescenti, il ruolo dei genitori, i dissidi familiari, è facile scadere
nella retorica o in una sorta di generalismo fumoso e accademico che non
aggiunge nulla a ciò che già sappiamo. Il libro, invece, parte da vicende realmente
accadute per fornire soluzioni immediatamente praticabili. Che fare quando la
cucciola di casa si presenta a cena decorata con vistosi piercing e tatuaggi?
Come regolarsi di fronte alle richieste di libertà, sempre più audaci e sempre
più anticipate? Come sopravvivere alla scoperta che la propria figlia ha deciso
di mostrarsi nuda su Youtube per mettere insieme un gruzzoletto da spendere in
boutique?
Il primo passo che ogni genitore
dovrebbe compiere consiste nell’intraprendere un percorso di riconoscimento
autobiografico, un itinerario di autoanalisi durante il quale chiedersi che
tipo di figli si è stati prima di pretendere di sapere che genitori si è. In
tal modo riesce più facile praticare l’empatia, ci si dispone a ragionare sulle
scelte dei figli anche quando queste non ci convincono e impariamo a dialogare con loro al fine di raggiungere un
onorevole compromesso.
Perché un dialogo educativo
riesca efficace, però, non basta che i ruoli siano ben definiti (i genitori devono
fare i genitori, non possono essere amici
dei figli); è importante che i ruoli siano anche “ribaltabili”. Oggi, infatti,
con i mutamenti intervenuti nella società e riflessi nel vissuto familiare, non
sono più attendibili un padre che sia sempre e solo autoritario e una madre
sempre dolce e comprensiva. Il padre impari a fare, all’occorrenza, anche la
mamma. E viceversa. In questo modo padre e madre saranno pronti ad intercettare
le misteriose spie d’allarme che si susseguono frequentemente nell’adolescenza.
Quando i ragazzi si ritraggono in una ostinata scontrosità, allora è il caso di
mettersi ad ascoltare i silenzi, è il momento di interpretare un disagio che va
affrontato e non aggirato. Quando i ragazzi mostrano un attaccamento fuori
controllo ai beni materiali, una dipendenza dai feticci della moda, bisogna
chiedersi se si è fatto abbastanza per riempire il vuoto esistenziale in cui
sono precipitati. Ecco perché occorre educare all’arte e alla bellezza come
antidoto al consumismo sfrenato. Educare ai valori vuol dire costruire solide
colonne cui aggrapparsi quando – nelle fasi critiche della crescita – il mondo
vacilla insieme all’identità personale.
Scardaccione crede ciecamente
nella famiglia, nel mestiere di genitore, che è il più antico e difficile del
mondo, e che può essere imparato, sempre che si sappia guardare lontano, perché
a volte i frutti si raccolgono solo tanto tempo dopo la fase della semina.
Dunque, se è vero che ad un genitore sono richieste una infinità di doti, ce ne
sono tre sulle quali occorre concentrare ogni energia perché si spendano con
maggiore produttività: Mitezza, Tenacia, Cordialità. Anche grazie a queste
doti, i genitori troveranno il coraggio e la serenità per guidare i figli fuori
dalle mura domestiche, sensibilizzandoli all’impegno civile.
I frutti arriveranno, questo è
certo. Arriverà il momento in cui i cuccioli, diventati autonomi, lasceranno il
nido. Questo comporterà inevitabilmente il dolore del distacco, ma sarà al
tempo stesso la prova che il proprio compito è stato svolto bene, perché una
nuova creatura sarà in grado di alzarsi sulle proprie gambe e di affrontare il
mondo.
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