di Roberto Tortora
Avanti
Paperinik, manda in panchina i traditori
e torniamo a giocare!
Una domenica come un’altra, un
pomeriggio come tanti. Aria tiepida di maggio, da dopo mangiato. Ai giardinetti
le mamme spingono i passeggini, i bambini raccolgono con la lingua il gelato
colato sulle dita. Un uomo avanza un passo dopo l’altro. Perso in una specie di
sogno ad occhi aperti. Tiene una radiolina incollata all’orecchio, una di
quelle con la manopola nera per alzare il volume. E’ chiaro che sta seguendo le
partite di calcio in radiocronaca diretta.
Adesso spostiamoci in un salotto.
Quattro amici sul divano, a terra le birre, gli occhi puntati sul calcio alla
tivù. Sono in bilico sullo spartiacque erboso e
metafisico della domenica pomeriggio.
Infine allo stadio. Da soli o
insieme a migliaia di tifosi per seguire le discese in rete dei calciatori come
nelle arene si sognava la libertà tifando per i gladiatori. Intorno i boati, i
cori, i colori.
Sotto i platani, sul divano o in
tribuna, i tifosi sono sempre altrove. Trascinati dalla voglia di tornare
bambini. Come quando avrebbero dato settimane e settimane di paghetta per la
figurina mancante del campione del cuore. E’ quella parte pura che ci piace
tirar fuori per novanta minuti alla settimana. La domenica pomeriggio.
Per noi la partita non è solo una
partita. E’ una sfida tra masse muscolari e traiettorie del caso, uno scontro
tra quadricipiti e imprevedibili rotazioni del pallone. Novanta minuti di
purissima fuga del pensiero. Via dall’IMU, via dai battibecchi col capo in
ufficio, via dagli incolonnamenti nel traffico… Via da tutto grazie a una
rovesciata che centra la rete all’incrocio dei pali.
Tutto questo a patto che si onori
uno scambio di fiducia tra chi gioca e chi fa il tifo.
E invece arrivano le notizie sul
calcio-scommesse. E il sogno si spegne. Perché c’è sempre qualcuno che rovina
le feste. Si parla di partite truccate e di incontri clandestini ripresi dalle telecamere.
Qualcuno alza le braccia e dice:
“Signori, è stato tutto un
bluff.”
Un bluff. Ancora uno.
A noi che non crediamo più nei
tempi e nelle pene della giustizia terrena, non resta che tornare bambini e
sperare in una nemesi alla buona, a portata di mano.
E allora, Uomo Ragno, fa’
spuntare antenne paraboliche tutt’intorno alle case dei calciatori bugiardi. Che
siano capaci di criptare le partite, i film, gli sceneggiati in tivù, il Festival
di San Remo. E tu, Batman, riempi di rumori insopportabili le frequenze
radiofoniche, le onde dei cellulari, i dialoghi quotidiani dei calciatori
ipocriti. Supereroi, Fantastici Quattro, fate in modo che quei calciatori
traditori siano condannati a una vita priva di comunicazioni, di emozioni e di
evasioni, che siano condannati alla monotonia di una reclusione forzata nel
lusso immeritato. Incredibile Hulk, coraggio, scava un fossato intorno alle
loro case tappezzate di banconote maleodoranti…
Ah, tutte quelle fidanzate
fotomodelle, tutte quelle ville da sogno, tutti quei fuoristrada che gli
abbiamo regalato e che gli abbiamo perdonato solo perché si gettassero nella
mischia al posto nostro! Tutto questo ho sognato che gli si rivoltasse contro.
Perché c’è
gente che ancora urla di rabbia o di gioia ascoltando una partita alla radio,
la domenica pomeriggio. E non abbiamo nessuna intenzione di smetterla, nemmeno
se trenta denari, per una volta, ci hanno costretti a spegnere la radiolina.
Abbiamo una gran voglia di divertirci e intonare cori da stadio.
Forza,
Paperinik!
Tito Rossini, Natura morta con bottiglia e tazze, olio su tela.
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