Jachinu, il Conte e il seltz al limone


di Natty PatanĆØ


    Vecchie station wagon vomitavano ferri arrugginiti e teli e cartoni stracolmi. Il mercatino prendeva forma giĆ  al pomeriggio. Nelle strade laterali alcuni uomini in ginocchio guardavano i palmi delle mani indirizzando quasi all’unisono versi che s'incamminavano nella stessa direzione. D’improvviso aprirono le braccia e si piegarono fino a toccare l’asfalto umido con la fronte.
         Simone sistemĆ² il bavero e andĆ² oltre. Un anziano uscƬ da un portone seguito da un odore forte e antico di bagno schiuma dozzinale.
         In un attimo le sue fantasie planarono in una piazza, dove lenta si parcheggiava una 850 special, bianca, con delle strisce gialle sui fianchi, dallo sportello, attraversando i decenni scendeva un signore dal vestito di lino dal taglio decisamente retrĆ² che, lento, aggiustava un panama dalle tese larghe e un fiore all’occhiello, sul braccio sinistro, delicatamente poggiato, un grande mazzo di rose scarlatte.
-          Arrivau u conte –
Gli fece cenno con la mano il suo amico, seduto dietro sulla vespa, mentre spingeva con un cenno della testa il ciuffo biondastro di capelli che puntualmente gli si posava sugli occhi. Era estate, una di quelle estati calde e piene di amori che sono ad un passo dallo sbocciare ma che puntualmente ci ripensano, Sebastiano era sempre fedelmente accanto a lui.
-          ChissĆ  a chi deve portare quelle rose –
-          Forse a nessuno, fanno parte della sua recita 
         Anni, troppi, passati, troppo.
-          Forse dovrei comprare dei fiori –
Si sorprese a pensare Simone cosƬ lontano da romanticismi d’altri tempi da ripiombare nel corso che cominciava ad affollarsi.
-          No, non gradirebbe –
Tra le vetrine decise di varcare la porta di un caffĆØ per concedersi una cioccolata calda.
-          Con tanta panna! –
RaccomandĆ² al cameriere in un impeto quasi infantile, tanto strano che lo fece sorridere, il suo sguardo attraversĆ² quindi una piramide di panettoni artigianali e si posĆ² nel vuoto oltre i vetri, imponendogli di annegare in quelle visioni che improvvisamente, senza alcun senso, riemergevano da un tempo e un luogo che credeva dimenticati per sempre.
-          Prendiamo un seltz vieni –
Il chioschetto di Jachinu in uno spazio infinitamente piccolo stipava giornali, riviste, buste con giochini e tutto l’occorrente per preparare frizzanti seltz al limone che, con una puntina di sale, tutti reputavano il massimo per un secondo di sollievo dal caldo.
Sebastiano arricciĆ² il naso leccandosi le labbra dopo il primo sorso per poi trangugiare il bicchiere con gran velocitĆ .
-          Niente seltz da queste parti 
PensĆ² Simone e tuffĆ² le labbra tra la panna.
-          Niente seltz, il conte sarĆ  morto da decenni e Sebastiano chissĆ  dove sarĆ  –
Non c’era un motivo, forse, ma sentƬ come una nascente tristezza che strideva con gli addobbi che si riversavano da ogni dove e, ancor piĆ¹, con la freddezza che da anni si era imposta, quasi che a studiare tutti i metodi per far pagare meno tasse gli si fossero spenti sentimenti e ricordi. Adele sarebbe arrivata da un momento all’altro e la cosa lo rassicurava, quasi che la carnalitĆ  del loro rapporto potesse portarlo fuori da quella sensazione. Mise la mano dentro la tasca in cerca del portafogli e si ritrovĆ² a rileggere il mittente di quella busta ancora sigillata. PerchĆ© dopo tanti anni Sebastiano gli scriveva? Avrebbe aperto quella busta?
-          Eccoti finalmente! Potevi essere piĆ¹ chiaro nel messaggio –

Adele lo rimproverĆ² sorridendo e gli si sedette accanto.

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