L'UMANITA' IN GIOCO


LA NOSTRA ROSA MAURO ALLE PRESE CON LA DIFFICILE CONDIZIONE GIOVANILE NELLE SCUOLE IN CONGO, DOVE ANCORA L'ISIS NON E' ARRIVATA MA IMPERVERSA NEI PAESI CONFINANTI MASSACRANDO E MINACCIANDO I GIOVANI STUDENTI, CON CHE TRANQUILLITA' UN GIOVANE AFRICANO DEL CONGO  IN UNA SOCIETA' MULTIRELIGIOSA VIVE IL SUO PERCORSO SCOLASTICO? 

immagine per gentile concessione della magic amor onlus http://www.magicamor.org/2013/target243.html


Lumanità in gioco

Nella storia della comunicazione è capitato spesso.
Si accendono i riflettori in un determinato luogo, per qualche tempo, dando limpressione di eventi improvvisi ed inaspettati, e si spengono con altrettanto rapidità, in modo che continuiamo a dormire sogni tranquilli.
E' successo per la repubblica centroafricana, come sta succedendo ora per il Kenya.
E quindi, tutti, ora, pensiamo che dalle parti della repubblica centroafricana e della repubblica democratica del Congo, non succeda più nulla.
Peccato che il mondo della comunicazione, in questo, sia ingannevole, e che la verità sia unaltra e ben più grave di ciò che pensiamo.
la repubblica centroafricana, e la confinante regione del Congo che confina con essa, sono ancora sotto attacco dellIsis e dei fondamentalisti, e feriti, morti e soprusi continuano a martoriare queste popolazioni.
mentre noi continuiamo la nostra vita tranquilli, pagando un doveroso e tardivo tributo ai morti Keniani, in altre parti del mondo non c’è nemmeno questo: la necessaria memoria e il necessario sostegno.
Purtroppo io non posso dormire sonni tranquilli, invece.
La mia associazione, la magic amor onlus, lavora da anni nella zona equatore del Congo, proprio quella confinante con la repubblica centroafricana.
E i suoi studenti, bambini ma anche ragazzi, lavorano nelle scuole con il terrore di poter essere da un momento allaltro colpiti da quello stesso terrore che ha colpito gli studenti cristiani in Kenya.
I nostri studenti sono di tutte le confessioni, e studiano gomito a gomito da anni, nel rispetto reciproco.
Studiano la loro storia e le nostre lingue, e studiano idee come libertà e democrazia, senza vedere applicate nel loro paese, e senza che noi facciamo alcunché per aiutarli a costruirla nel loro paese.
Poco meno di due mesi fa, studenti universitari di Kinshasa hanno protestato a lungo, subendo repressioni e arresti ingiustificati, ma nessuno di noi ne ha parlato, come ora non parliamo dei rischi che stanno correndo.
Anche ora in questo momento, mentre con le teste chine sui libri pensano un giorno di diventare medici, maestri, infermieri.
In un posto in cui la mortalità infantile sotto i cinque anni è ancora la media e non leccezione, è ben difficile che molti di loro non abbiano perduto qualcuno per via delle malattie e della guerra, e di sicuro questo aumenta il loro desiderio di cambiare il futuro dellAfrica in meglio.
Le loro vite, e le loro morti, interessano solo coloro, come me e mia sorella, che hanno scelto di aiutare senza domandarsi se ciò è di moda, o se gli interessi delloccidente in quel posto sono tali da giustificare due lacrime da coccodrillo delloccidente.
Sono dura?
Io non credo.. e nemmeno mi è piaciuto così tanto che tutta la indignazione si sia concentrata sul fatto che questi poveri studenti siano cristiani come noi li ha descritti il corriere della sera.
I morti sono morti, e devono valere tutti allo stesso modo, che siano cristiani, mussulmani, indù e via discorrendo.
Finché per noi un morto cristiano, vale di più di uno mussulmano, che ricordiamo lIsis uccide allo stesso modo, se non appartiene alla loro stessa corrente iconoclasta e fondamentalista, non siamo migliori di loro.
Si, non siamo migliori di chi giudica chi vive o chi muore a seconda della vicinanza a sé.
Solo se ci indigniamo per ogni singolo morto, se intorno ad un tavolo stabiliamo una volta per tutte che quello che conta è la violenza ed il sopruso perpetrato non importa su chi, indipendentemente dal colore della pelle, dalla sua religione, dal suo credo politico o dal genere o orientamento sessuale, vinceremo non la battaglia , ma la guerra.
E quindi si, io sollevo il riflettore, e ve li mostro, i miei ragazzi di ogni religione, di ogni colore, perché sono ragazzi come quelli keniani, quelli palestinesi, siriani e afro americani.
ragazzi con sogni, speranze e progetti che non dobbiamo lasciar morire sotto le braccia di chi non merita il titolo di uomo.
Chiedo a viva forza che si parli anche di loro, che li si aiuti coinvolgendoli nel mondo globale cui loro appartengono,anche attraverso la comunicazione, che non si sentano lasciati soli, nella guerra che dovrebbe essere di tutti contro chi vuole uccidere non cristiani, non islamici, non ebrei, ma semplicemente il genere umano.


Rosa Mauro

1 Commenti

  1. sono totalmente d'accordo. La realtà va raccontata per intero, ma mettere al centro, nei titoli,il fatto che i ragazzi massacrati professassero una fede, che é anche la "nostra", é rinforzare le separazioni, le diversità che alimentano gli integralismi, i conflitti. A tutti i livelli, dai genocidi, alle stragi di guerra o di faida, agli scontri tra tifosi.Chiedo scusa se metto sullo stesso piano eventi e situazioni così diversi, ma credo che la mentalità che porta ai fatti più gravi nasca e si nutra nella banalità quotidiana di opinioni, mentalità e comportamenti accettati come innocui, se non incentivati in nome del conformismo. Personalmente mi insospettisco quando qualcuno dice "é dei nostri", "sta dalla parte giusta". Già qui c'é il germe dell'intolleranza.

    RispondiElimina

Posta un commento

Nuova Vecchia