di Giusi D'Urso
Con gli anni, ho imparato dal mio lavoro che la prima cosa da valutare nei casi di sovrappeso e obesità non è il peso in eccesso, ma l’individuo stesso, fatto di pensieri, comportamenti, gusti, disgusti, emozioni e sentimenti. Valutare solo il suo peso è riduttivo, così come lo è mirare al solo dimagrimento. Una volta raggiunto un peso accettabile, le sue abitudini pregresse torneranno a farla da padrone se non abbiamo lavorato per ristrutturarle e riabilitarle. Il percorso nutrizionale deve essere sostenibile e personalizzato, prevedere momenti di autovalutazione e confronto con altri individui; porre al primo piano la gestione dell’appetito e delle trasgressioni, coerentemente con le abitudini e i bisogni della persona. Poiché solo acquisendo strumenti pratici e funzionali l’individuo sarà in grado di affrontare i momenti di fragilità e gestirli al meglio. Evitare trasgressioni e gratificazioni significa eludere il problema e rimandarne la soluzione, instaurando un circolo vizioso fra le compulsioni e i sensi di colpa.
Infine, è importante comunicare al paziente che il suo problema va gestito con competenza e serietà. In questo senso la comunicazione mi sembra ancora carente, soprattutto in ambito medico: se una persona ha una dermatite si invia dallo specialista dermatologo. Se un individuo deve perdere peso,invece, spesso gli si dice “devi dimagrire”, e lo si lascia in balia dei suoi sensi di colpa e d’impotenza, come se dovesse fare tutto da solo; come se perdere peso fosse cambiarsi d’abito!
Il percorso verso l’acquisizione del giusto peso non è semplice, ma sicuramente fattibile, a patto che le figure professionali preposte lavorino in sinergia. E, poiché chi ben comincia è a metà dell’opera, credo si debba iniziare da una comunicazione corretta e un atteggiamento di accoglienza e ascolto. Solo così si può riabilitare, risolvere e costruire.
Con gli anni, ho imparato dal mio lavoro che la prima cosa da valutare nei casi di sovrappeso e obesità non è il peso in eccesso, ma l’individuo stesso, fatto di pensieri, comportamenti, gusti, disgusti, emozioni e sentimenti. Valutare solo il suo peso è riduttivo, così come lo è mirare al solo dimagrimento. Una volta raggiunto un peso accettabile, le sue abitudini pregresse torneranno a farla da padrone se non abbiamo lavorato per ristrutturarle e riabilitarle. Il percorso nutrizionale deve essere sostenibile e personalizzato, prevedere momenti di autovalutazione e confronto con altri individui; porre al primo piano la gestione dell’appetito e delle trasgressioni, coerentemente con le abitudini e i bisogni della persona. Poiché solo acquisendo strumenti pratici e funzionali l’individuo sarà in grado di affrontare i momenti di fragilità e gestirli al meglio. Evitare trasgressioni e gratificazioni significa eludere il problema e rimandarne la soluzione, instaurando un circolo vizioso fra le compulsioni e i sensi di colpa.
Infine, è importante comunicare al paziente che il suo problema va gestito con competenza e serietà. In questo senso la comunicazione mi sembra ancora carente, soprattutto in ambito medico: se una persona ha una dermatite si invia dallo specialista dermatologo. Se un individuo deve perdere peso,invece, spesso gli si dice “devi dimagrire”, e lo si lascia in balia dei suoi sensi di colpa e d’impotenza, come se dovesse fare tutto da solo; come se perdere peso fosse cambiarsi d’abito!
Il percorso verso l’acquisizione del giusto peso non è semplice, ma sicuramente fattibile, a patto che le figure professionali preposte lavorino in sinergia. E, poiché chi ben comincia è a metà dell’opera, credo si debba iniziare da una comunicazione corretta e un atteggiamento di accoglienza e ascolto. Solo così si può riabilitare, risolvere e costruire.
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