di Vincenzo Jacovino
L'umana
vicenda di Giovanni Reo si è conclusa. La scomparsa della moglie avrà ,
senz'altro, inciso intimamente tanto da rinunciare, forse, piĂą che a
sopravvivere a vivere Estimatori e amici
continueranno a ricordarlo attraverso le sue opere: acquerelli, tele e i suoi
colori.
Che Giovanni Reo sia stato un
originale acquarellista, è innegabile. Questa nostra affermazione non vuol
mettere, comunque, in ombra la sua pittura, tutt'altro. Ma l'acquarellista Reo
luminoso, dai colori delicati, dal segno sensibile e dal linguaggio sobrio il
cui fascino accattivante era proprio il non finito artisticamente realizzato,
non è il Reo, autore di tele dai colori intensi sì, ma dalla luce più
attenuata, quasi smorzata tanto da palesare un “io” dall'atmosfera melanconica
e riservata. Chi ha conosciuto il percorso artistico di Giovanni ha potuto
costatare la presenza di una chiara dicotomia tra l'acquarellista e il pittore.
Dicotomia di evidente estrazione interiore perché si manifestava, di volta in
volta, nell'esplicita forma artistica ora dell'acquerello ora tramite
significative tele esplicitando la condizione esistenziale del momento. E,
naturalmente, il suo intimo sentire condizionava comportamenti e arte.
Nell'affollata cittadella dell'arte
l'acquerello non era e non è frequente perché, normalmente, era ed è abitata da
operatori invischiati nelle complesse problematicitĂ tecnico-espressive ed
interpretative della moderna societĂ industriale e post-industriale pertanto
l'incontro con Giovanni Reo e i suoi acquerelli fu una piacevolissima sorpresa.
La
conoscenza con Giovanni è avvenuta in una sera d'autunno agli inizi degli anni
ottanta, in occasione della sua personale in una delle gallerie che
frequentavo. Fui colpito da un acquerello luminosissimo messo lì, all'ingresso
della galleria, richiamando un
…................... s'ode ancora il mare,
lieve,
su e giĂą, lungo le sabbie lisce (S.Quasimodo).
invece, l'incontro con l'artista
avvenne a fine mostra. Nel tempo ho conosciuto un artista riservato ma, anche,
malinconico, piĂą sofferto, chiuso nonostante la luminositĂ dei suoi acquerelli.
Non era privo, d'altro canto, di una sottile inquietudine.
Narrare dei rapporti di amicizia e di
stima che si sono intrecciati e, con gli anni, cementati con Giovanni Reo non è
poi tanto semplice. Ricostruire questi rapporti attraverso gli incontri or
casuali or programmati o attraverso le testimonianze delle sue opere, alcune
delle quali sono in bella evidenza nelle stanze di casa, è come guardare un
arco, non proprio breve, della personale esistenza. Ricostruire questi rapporti
è come mettersi fra due specchi che si fronteggiano, all'infinito, l'immagine
fino a smarrire la sensazione di luogo quando, non accade, di smarrire
anche la nozione di tempo.
E' vero che
la morte è
anche solo un attimo,
la penna che
cancella
e nulla di
piĂą (J. Seifert).
però noi, estimatori del
Giovanni artista e uomo, continueremo a emozionarci tutte le volte che si avrĂ
l'opportunitĂ di ammirare un suo acquerello dal caldo cromatismo mediterraneo, quando non ci si
soffermerĂ davanti al diffuso biancore
del sud.
Di
Giovanni è sempre stato possibile, comunque, carpire gli umori provenienti dalle sue origini di uomo del sud, tanto da
farne materia per la sua pittura..
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