La cara Rosa mi ha chiesto di presentare il suo pezzo, lo faccio volentieri, chi ha disabilita' sa che del bullismo ne e' facile vittima. Prima o poi capita puo' capitarti a scuola come di norma bullismo si intende, ma capita anche sul lavoro bullismo e mobbing sono sinonimi, l'intento è sempre annullarti come persona, deriderti e farti pesare la tua presenza. Io non ho avuto atti di bullismo a scuola ma terribili atti nel mio primo anno di lavoro stabile, ero in una Banca nel suo reparto interno di lavorazione che chiamavamo Ced ma non tutto era informatico, era il 1977, avevo avuto una buona esperienza di accettazione a scuola tutto sommato, ottima con i compagni per cui inesperta della cattiveria che puo' sprigionarsi verso di te, approdai a questo mio primo lavoro (allora era manuale) dovevo inserire ricevute e assegni dentro una macchina che immeteva un timbro tipo girata con inchiostro rosso. Mi trovai due colleghe una soprattutto che proprio come le streghe delle favole mi angheriava tutto il giorno, diceva: non siamo in un istituto di handicappati, vai piu' veloce, sei troppo lenta!!, non hai ancora finito? non sai fare nulla di buono! e andava avanti cosi', seduta sulla mia scrivania accavallando le gambe e fumando, con la complicita' e l'avallo del dirigente e con la complicita' e l'omerta' degli altri impiegati. Tornavo a casa e piangevo che non volevo tornarci piu'. Assenti i sindacati perchè tu disabile per un sindacalista sei sempre un non lavoratore, roba da associazioni. Io invece dopo mesi di torture quotidiane mi sono ribellata, ho fatto richiesta di trasferimento, chiedendo alla Direzione un colloquio e per fare una denuncia ufficiale di malversazioni. Il dirigente capii che ci avrebbe rimesso lui in persona per primo e allora mi disse che in un giorno sarei andata in un altro reparto e con altri dirigenti a fare tutt'altro.
Da allora la mia professionalita' si creo' con la normalita' e con il duro lavoro che ho sempre svolto e senza mai piu' una frase infelice o malversazioni su di me, ma anzi la stima per quel che sapevo fare e per come lo facevo, fino alla fine della mia attivita'. L'abuso (chiamiamolo pure bullismo o mobbing) a scuola, al lavoro e ovunque si combatte sempre reagendo e denunciando.
Da allora la mia professionalita' si creo' con la normalita' e con il duro lavoro che ho sempre svolto e senza mai piu' una frase infelice o malversazioni su di me, ma anzi la stima per quel che sapevo fare e per come lo facevo, fino alla fine della mia attivita'. L'abuso (chiamiamolo pure bullismo o mobbing) a scuola, al lavoro e ovunque si combatte sempre reagendo e denunciando.
Rosa e il bullismo
Mentre scrivo lo confesso apertamente: non ho visto il servizio
delle iene sul bullismo. Nè ho intenzione di vederlo, anche se me lo sono fatto
raccontare.
Sono passati oltre trent'anni, eppure ancora non posso pensare a
quel periodo senza piangere, e non posso guardare a cuor leggero storie che ne
parlano.
Eppure, posso dirlo, nessuno mi ha messo la tazza nel gabinetto
o mi ha picchiata, come di solito si vede il bullismo.
Nel mio caso, sono stati molto più furbi e nessun segno visibile
era su di me, anzi forse chi lo faceva credeva, e crede ancora adesso, che si
trattasse di semplici scherzi, destinati a fare parte della goliardia
dell'adolescenza.
Cose che chi le subiva avrebbe dimenticato nel tempo, innocui
passatempi con una vittima che sembrava uscita dal catalogo delle migliori nerd
della storia.
Quindici anni, sovrappeso, con i brufoli e puzzolente, sì,
puzzavo perché non mi lavavo, con interessi strani e la tendenza a studiare di
più di quanto dovesse.
Disprezzata anche da alcuni prof, chi volete che si preoccupasse
di come mi sentivo se si ironizzava più di me, mi si trattava male, si
inventavano storie che mi facevano stare male?
Dopotutto, c'era una prof che su questo dava il buon esempio,
dicendo che non valevo niente perché alle sue interrogazioni soffrivo di
attacchi di panico che mi procuravano pianti e scene mute o quasi.
Sono Una sopravvissuta, lo dico spesso, ma é vero, ma mi sono
sentita rabbrividire di fronte a quello che é stato detto a questo ragazzo, che
in fondo la colpa di essersi stranito dopo il bullismo era la sua epilessia, la
sua diversità latente.
Ho amici di rete epilettici che mi parlano, se non di bullismo,
di emarginazione e scarsa attenzione ai loro problemi, sopratutto da parte
della scuola.
Mi domando per quale motivo l'epilessia dovrebbe giustificare
l'aggressione da parte di qualcuno, se ci sia una colpa primordiale nel
nascondere una diversità , quale che sia.
Credere che una diversità , vera o presunta, in un modo o
nell'altro, alleggerisca la posizione dei bulli è qualcosa che mi induce a
pensare che, dopotutto, molti di noi non sono davvero scesi dall'albero.
Non mi scuserò per questa affermazione, nata di getto come tutto
questo pezzo, del resto.
E c'è un'altra cosa che voglio dire agli ex bulli, non
gloriatevi se non avete "ucciso" nessuno, come invece é successo con
la vita di quell'uomo ieri. Quell'uomo che mi hanno raccontato reso muto dalla
vostra violenza e dal vostro odio.
Non é assolutamente merito vostro, come non lo é della vostra
vittima, perché quando si é così infelici e torturati si fa una cosa sola: si
scappa.
Nel buio scappi, e da solo, e magari la tua famiglia é a pochi
passi, ma tu stai scappando dalla parte sbagliata.
E il buio si fa più fitto, le voci scompaiono, sei solo,
intrappolato e ti accorgi che rimane una sola cosa da fare, che intorno vedi
solo una via d'uscita.
Ed é la morte, non solo e non sempre quella del corpo, che non é
quella peggiore, dopotutto, e non verrà più giorno.
Di tanto in tanto, si scappa dalla parte giusta, quella della
vita, e si recupera forza, fiducia, anche se quel ragazzo bullizzato rimane
dentro di noi e non ci permette di vedere servizi sul bullismo.
E se una vittima scappa, se sopravvivi, non puoi stare zitto,
perché lo sai, tutti quei tuoi fratelli e sorelle morti, nella terra o che
vivono sopra la terra come fantasmi.
Il loro pianto lo senti ancora, quando ti parlano di certi
servizi e lo sentirai per sempre. No, per te non passa come per gli altri, per
te non sono quei trafiletti di cronaca che parlano di come si sono buttati,
impiccati, di come sono impazziti.
E se non passasse nemmeno per gli altri, per gli ex bulli, il
mondo diverrebbe migliore, voi diventati madri e padri raccontate ai vostri
figli di quella vostra compagna che prendevate in giro, chiudete quel circolo,
ascoltate finalmente l'urlo della vostra vittima, prendete finalmente su di voi
la vostra parte di dolore.
E voi, voi che vedevate senza intervenire, voi siete i peggiori
di tutti.
Un bullo odia, disprezza ma agisce.
Ma voi ve ne state zitti e girate la faccia, vi ricordo bene, a
volte ridevate anche, di nascosto, mentre davanti mi sorridevate.
Prendetevi anche voi una parte del dolore delle vittime, del mio
stesso dolore, e finalmente anche voi potrete insegnare davvero ai vostri figli
a parlare, ad agire, un bullo é vigliacco, basterebbe intervenire, basterebbe
difendere, basterebbe proteggere.
Professori che ascoltate queste storie, alzatevi dai vostri
divani, non é alla tv che dovete stare per capire, ma nelle vostre classi ad
ascoltare, quante volte fate finta di niente di fronte agli occhi che piangono,
alle mani che si torcono, ai capelli sporchi e al vestito informe che indicano
un disagio.
Quante volte captate le risate e gli scherni e pensate che i
giovani devono cavarsela da soli, che sono cose in fondo innocue, che passerà .
Non passa, una vittima cambia per sempre, e la colpa é anche
vostra.
Ecco questo pezzo é finito, e io non ho idea se sia bello o
brutto, ma io dovevo scriverlo.
Io alla televisione queste cose non le vedrò, non vorrò, non
potrò vederle.
Mai.
Rosa Mauro
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