Gordiano Lupi
(A metà strada tra Proust e Guccini)
Ritrovarsi d'un tratto a vivere in un paesaggio poco consueto, dormire
in una stanza che non è una stanza, ma una bolgia di oggetti poco familiari,
perdendosi senza scampo, senza neppure la consolazione del ricordo di quel
che siamo stati. Un antro popolato di bestie feroci è questa vita in preda
all'abitudine, tra tutte le piante umane quella che richiede meno cure, la
prima a spuntare sull'apparente desolazione della più sterile roccia. E in riva
a questo promontorio può mancare tutto ma non le rocce, forse la cosa
più facile da fare in questa vita è abbandonarsi all'abitudine. Si resta
attoniti a guardare il mare, immutabile nel silenzio estivo,
convinti che l'unico vero Paradiso sia il Paradiso che è stato
perduto. Tutto il nostro mondo racchiuso in una tazza di tè - o infuso di
tiglio, che importa? -, in povere bocche di leone - o madeleines, che
importa? -, in un anfratto di mare che si fa largo tra i vicoli oscuri della
città vecchia che serpeggiano nei meandri della memoria. Tutto il nostro senso
di esistere deriva dal passato, dalle strade percorse in trepidanti rincorse
anelanti nella mia città di provincia, piccola Combray protesa a scoprire le
isole lontane, custode gelosa e immemore dei giorni perduti della mia infanzia.
(17 maggio 2017)
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