Epistolario in settembre I


di Natty Patanè


Cara Agatina,
Com'era dolce l'aria questo pomeriggio. Dopo tante settimane di afa oggi sembrava che l'estate stesse spenta pronta all'addio.
Mi sono fermato un poco a leggere qualche pagina e poi mi sarei fermato volentieri, con gli occhi socchiusi, a farmi sfiorare da una lieve brezza che forse spirava dal vicinissimo mare facendosi largo fra i palazzoni di epoca fascista.
Sai, tutto questo quartiere dove vivo adesso trasuda di quell'epoca e non sai quante volte ho ripensato a te che ravvivandoti i tuoi capelli incredibilmente turchini li maledicevi tutti per le rovine che avevano voluto regalarti.
Già, lo so, con gli occhi che io ricordo sempre velati da un respiro di tristezza mi avresti guardato e mi avresti detto quasi stupita
  - Ah! La sei andato a finire? Biiiiiii Signuri! -
Già
Una terra che per quanto a volte sia stata benevola rimane terra arata da verbi non miei.
Una mia amica mi prederebbe in giro ma qui, credimi, i gelsomini non hanno lo stesso odore. Certo c'è il mare, e quando proprio ci si sente perduti, in pochi passi si va verso il lungomare e come una sensazione di conforto si approssima, stupidamente confortati.
Forse sarà l'età, sì, non dirli i miei anni che a te sembreranno nulla, si lo so che ricordi il giorno del mio compleanno così vicino al tuo, come ricordo perfettamente quel sogno da bambino, forse il sogno più disperato che io abbia mai fatto, in cui l'unica adulta che veniva a salvarmi eri tu, apparentemente così lontana nelle generazioni ma così presente da trovare una soluzione alla mia disperazione così precoce.
Si certo, tu hai conosciuto bene la disperazione, le partenze senza ritorni, senza risposte, senza corpi da carezzare ma di te non mi rimane il dolore, la malinconia si, struggente talvolta ma il tuo viso senza sorriso non lo ricordo duro o addolorato.
Discreta, arrabbiata quando non riuscivi a ricordare il mio nome snocciolando tutta la dinastia dei maschi che avevi visto nascere.
Ed oggi chissà perchè in questo pomeriggio settembrino sei qui con me, mi sfiori la mano quasi a sapere che anche gli adulti mille volte rinascono, poi, silenziosa, riprendi questo tuo racconto fatto di violette, aquile sugli specchi, guerra, spagnola, morte e tanti fiori sul terrazzo

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