Servizi ecosistemici: una perdita a caro prezzo

di Elena Guidi

fonte immagine: Living Planet Report 2016 del WWF
Gli stili di vita adottati dalla maggior parte della popolazione sono spesso percepiti distanti dal mondo naturale. In realtà, lo sviluppo economico e il benessere umano sono strettamente legati e dipendono dagli ecosistemi naturali che forniscono gratuitamente beni e servizi. Pensiamo ad esempio all’ecosistema bosco: gli alberi producono carburante, legame da costruzione e stabilizzano il suolo riducendo i pericoli di frana; la biomassa vegetale funge da regolatore del clima locale, purifica l’aria e stocca il carbonio sostenendo la riduzione della CO2; inoltre i boschi sono l’ambiente ideale per fare trekking e svagarsi circondati dalla bellezza naturale. Tutti questi sono esempi di “servizi ecosistemici” ovvero "i benefici multipli forniti dagli ecosistemi al genere umano", così come sono definiti dal Millennium Ecosystem Assessment, un progetto di ricerca supportato dalle Nazioni Unite e partito nel 2001. Gli esperti hanno diviso i servizi ecosistemici in quattro gruppi funzionali, tutti di vitale importanza per il benessere e la salute dell'uomo:
·         Supporto alla vita: tra cui rientrano la formazione del suolo, la fotosintesi e il ciclo dei nutrienti, ovvero i servizi necessari per la produzione di tutti gli altri servizi ecosistemici
·         Approvvigionamento: che forniscono i beni veri e propri, quali cibo, acqua pura, fibre e combustibile
·         Regolazione: come regolazione del clima e delle maree, depurazione dell'acqua, impollinazione e controllo delle infestazioni
·         Culturali: relativi all’insieme dei benefici non materiali ottenuti dagli ecosistemi come il senso spirituale, etico, ricreativo ed estetico.
Si può osservare quindi che gli ecosistemi forniscono all'umanità una grande varietà di vantaggi. Ma dato che molti di questi beni e servizi sono sempre stati resi disponibili dall’ambiente naturale in maniera gratuita, il loro valore economico non è né contabilizzato dalle previsioni economiche delle società. Questa esclusione dei servizi ecosistemici dai mercati e la loro percezione come risorse illimitate ha portato le attività umane ad un sovrasfruttamento delle risorse naturali e ad una riduzione della biodiversità tali da alterare la capacità degli ecosistemi di fornire questa ampia gamma di beni e servizi.
La preoccupazione per la perdita di diversità biologica è diventata così diffusa nelle nostre società che affrontare la questione dell'importanza della biodiversità sembra cosa obsoleta. Tuttavia rimarcare il legame tra perdita di biodiversità e privazione di vantaggi per l’uomo potrebbe ridare al tema nuova luce. Dagli anni 60’ le attività umane tra cui il cambiamento di destinazione nell’uso del suolo, l'aumento dei livelli di inquinamento, la diffusione di specie esotiche invasive e l'urbanizzazione incontrollata stanno provocando una perdita di biodiversità e un danno agli ecosistemi naturali tali da ridurre enormemente le funzioni ecosistemiche e i vantaggi che apportavano alle popolazioni. Si stima infatti che circa il 60% dei servizi ecosistemici del pianeta siano stati compromessi in questo periodo di tempo. Sono però le popolazioni più vulnerabili quelle che sono maggiormente a rischio per la perdita di biodiversità, poiché sono coloro che più di altre si affidano direttamente ai beni e ai servizi offerti dagli ecosistemi. Su scala globale, la biodiversità dovrebbe perciò essere considerata in relazione a questioni come la riduzione della povertà, la sicurezza alimentare e la disponibilità di acqua dolce.
Ciò che non sembra essere evidente alle politiche odierne è il fatto che la perdita dei servizi forniti dagli ecosistemi oggi comporterà la necessità di trovare alternative più dispendiose nel futuro. Durante il vertice di Postdam nel 2007 è infatti stato commissionato uno studio globale per mettere a confronto i costi dell'eventuale perdita di biodiversità con quelli di misure conservative efficaci. Secondo la relazione intermedia pubblicata nel 2008 se lo scenario dovesse rimanere inalterato la perdita annuale dei servizi ecosistemici ammonterebbe a una spesa di 50 miliardi di euro. Le politiche dovrebbero quindi investire ora nella conservazione del capitale naturale per consentire di risparmiare nel lungo periodo.
La situazione attuale è preoccupante soprattutto per la scarsa percezione della dipendenza che le nostre società hanno rispetto al mantenimento di ecosistemi ben funzionanti e quindi dei loro servizi. Purtroppo, diversamente da altre forme di capitale, gli ecosistemi sono poco conosciuti, scarsamente monitorati e in molti casi in rapido degrado ed esaurimento e, come si può affermare anche per altri valori della vita, l'importanza dei servizi ecosistemici è ampiamente apprezzata solo al momento della loro perdita.
 

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