Neofobie e nutrizione pediatrica

di Giusi D'Urso - www.giusidurso.com - Pane e Parole
 
fonte: www.giusidurso.com
 
La neofobia ĆØ letteralmente la “paura del nuovo” che caratterizza quella fase particolare della crescita in cui il bambino piccolo abbandona il seno materno per iniziare ad alimentarsi con cibi solidi e semi-solidi di consistenze e tessiture diverse (dal divezzamento in poi). Si tratta, quindi, di  una fase fisiologica durante la quale il piccolo non vuole, e non puĆ², rinunciare alle sue certezze che lo rendono piĆ¹ forte e lo fanno sentire al sicuro. 
 
Si tratta di un meccanismo innato e collaudato per milioni di anni, che in passato probabilmente ha permesso la sopravvivenza nei primissimi anni di vita. Quando perĆ² la neofobia si protrae troppo a lungo, inficiando le normali abitudini alimentari, limitando oltremodo le scelte e mettendo a rischio la crescita, diventa degna di attenzione e richiede l’aiuto di un professionista.
 
Oggi, purtroppo, le neofobie riguardano oltre il 20% dei bambini e si prolungano anche fin oltre l’adolescenza, creando problemi nei momenti di socializzazione e condivisione dei pasti e predisponendo le ragazze e i ragazzi a carenze nutrizionali e comportamenti alimentari inadeguati. Il ruolo della famiglia ĆØ fondamentale nel fornire al bambino gli strumenti per superare fisiologicamente le neofobie, dato che il rifiuto di un alimento ĆØ inversamente proporzionale al numero delle offerte dello stesso. Un lungo e paziente lavoro, fatto di tentativi e buon esempio, puĆ² dare ottimi risultati. L’esposizione precoce e costante a una grande varietĆ  di sapori ĆØ, dunque, la strada maestra  per promuovere nel bambino il desiderio dell’assaggio, soprattutto dei cibi generalmente meno graditi, quali frutta e verdura.

 Ma cosa puĆ² fare un nutrizionista per risolvere neofobie croniche che rischiano di ostacolare il normale sviluppo di un bambino?
Nella mia esperienza parto sempre dall’assunto che conoscere un dato oggetto, una data sensazione, ci mette in condizione di non averne paura e di allentare le corde della diffidenza. Nel caso di uno o piĆ¹ cibi ĆØ l’onnivoro che ĆØ in noi, diffidente per natura, a dettare legge e farci allontanare da quel particolare alimento poco noto e quindi poco rassicurante.

Ginevra (nome di fantasia) ĆØ una bella bambina di sette anni, sveglia, intuitiva, sensibile e creativa. E’ arrivata alla mia attenzione all’inizio di quest’anno a causa di un’alimentazione estremamente selettiva che cominciava a preoccupare i genitori. A febbraio, Ginevra mangiava solo pasta in bianco, latte con un solo tipo di frollini, prosciutto cotto e pochissimo altro. Il percorso con Ginevra (rigorosamente ludico e creativo) ĆØ stato accompagnato da uno educativo in parallelo con i genitori, soprattutto con la mamma, che ha imparato come reagire ai rifiuti della bimba e come proporre alcune novitĆ  senza creare grandi aspettative nĆ© drammatizzare i fallimenti. Inoltre, agli adulti della famiglia (compresa la nonna) e alla sorellina piĆ¹ grande sono stati dati strumenti comportamentali per gratificare la piccola Ginevra ad ogni nuovo assaggio e supportarla ad ogni dĆ©faillance, senza giudicarla nĆ© mortificarla.
 
Ad esser sincera, credo che il lavoro sulle neofobie sia fra i piĆ¹ gratificanti per un nutrizionista pediatrico, per l’impegno dei bambini che si lasciano coinvolgere con entusiasmo e fiducia e per la gratificazione dei risultati ottenuti. Con Ginevra abbiamo iniziato dalla piramide degli assaggi: ad ogni nuovo assaggio la sua piramide personale si andava riempiendo. La lista dei gusti si ĆØ rimpinguata di settimana in settimana e quella dei disgusti si ĆØ impoverita progressivamente. Ma come ha fatto Ginevra a diventare un’onnivora meno diffidente? Si ĆØ lasciata guidare verso la conoscenza degli alimenti che le erano meno familiari e che spesso si era rifiutata persino di annusare. Abbiamo osservato il cibo da molti aspetti e molte prospettive diverse: il suo ruolo nelle fiabe, il significato di alcuni alimenti tradizionali, il sapore delle pietanze che prepara la nonna, il ruolo del cibo per il nostro corpo, il gusto col quale facciamo la conoscenza dei vari sapori, l’importanza di masticare, gustare e riconoscere i vari componenti di un piatto e infine, tappa attualmente in atto, la provenienza e la produzione del cibo.
 
Ginevra, ogni giorno e sempre con maggiore gratificazione, ha imparato a mangiare a tavola con la sua famiglia: in fondo sta semplicemente ricostruendo la sua personale “cultura del cibo” che, chissĆ  perchĆ© e chissĆ  come (ma a questo punto importa poco!), si era sbiadita e un po’ persa. Ritrovandola, ha recuperato una parte importante di sĆ© che le permetterĆ  di avere in futuro un rapporto sereno, equilibrato e appagante con il proprio cibo.

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