di Elena Guidi
fonte: The ELS workshop
Alzi la mano chi non ha un bisnonno, uno zio o un parente che è emigrato in
America, o in Australia o da qualche parte in Europa. Chi per cercare una vita
migliore dopo le guerre, chi per veder riconosciuti i propri studi. Etruschi,
Normanni e Gallici ci fanno venire in mente grandi guerre per la conquista dei
territori e quindi grandi movimenti di popolazioni. Insomma, la popolazione
umana sin dalla sua avvenuta circa 200.000 anni fa si è sempre spostata. Eppure
spesso si tende a semplificare le strade percorse degli uomini nella storia,
descrivendo le migrazioni come un’anomalia e le sedentarietà come la normalità.
Questa breve prefazione ha lo scopo ricordarci che siamo esseri che migrano.
Perciò cerchiamo per un momento di abbassare il muro dei pregiudizi e
permettere alla mente di analizzare in maniera oggettiva una nuova tipologia di
migrazioni, le migrazioni climatiche.
Il riscaldamento globale, prodotto dall’immissione di gas serra in
atmosfera in un tempo pari ha un flash nella storia terrestre, sta già oggi producendo
in molte aree del pianeta mutamenti incontrollabili quali desertificazione,
alluvioni, perdita di territori causata dall’innalzamento del mare,
devastazione dell’agricoltura, riduzione della biodiversità quindi delle
risorse. In queste zone del mondo la vita diventa perciò pressoché impossibile.
Per capire concretamente cosa voglia dire migrante climatico vediamo alcuni
esempi delle decine di casi studio fatti su questo fenomeno.
Isolani di Carteret; secondo l’Unesco sono i primi profughi ambientali. A
largo della Papua Nuova Guinea c’erano solo sei isolotti con terre ad appena
1,5 metri sopra il livello del mare. Già nel 2005 la condizione sulle isole era
drammatica: il crescente livello delle acque stava erodendo enormemente le
coste facendo sprofondare le isole, il mare penetrava nel terreno intaccando le
riserve di acqua dolce e rendendo i terreni incoltivabili. Nel 2009 partì il
piano per rilocare quasi 2000 persone di questi atolli, ma spostare centinaia
di persone non era facile. In primo logo i problemi economici, si stima
che il progetto sia costato 5,3 milioni di dollari. Poi le questioni politiche,
quale governo dell’Oceania avrebbe dovuto prendere a carico questo progetto
senza guadagno? E culturali, dovute alla difficile integrazione tra popolazioni
con differenze culturali. Oggi molti degli isolani vivono nella vicina Bougainville,
ma la loro situazione è complessa e ancora senza un lieto fine.
Rifugiati siriani. Nell’ultimo decennio i territori siriani hanno
sopportando la peggiore siccità degli ultimi novecento anni. La quasi assenza
di piogge, imputabile per la maggior parte al riscaldamento globale, ha causato
la perdita delle coltivazioni e la mancanza d’acqua ha fatto morire quasi tutto
il bestiame. L’agricoltura in Siria, per lo più su scala familiare, è quindi
andata al collasso. Più di un milione di persone sono fuggite dalle zone rurali
alle aree urbanizzate. Nelle città, non
pronte a sostenere questo afflusso, si è avuta una crescente competizione per i
beni primari quali acqua, cibo ed abitazioni, che hanno visto salire i prezzi
enormemente. Le tensioni date dall’insostenibile ambiente di vita sono state
parte delle scintille che hanno fatto scoppiare la guerra civile del 2011.
L’Organizzazione internazionale per le migrazioni e le Nazioni Unite per i
Rifugiati hanno previsto che nel 2050 più di 200 milioni di persone dovranno
lasciare il proprio paese a causa dei cambiamenti climatici. Dobbiamo sforzarci
di vedere ciò che accade nel mondo. Dalla crisi sanitaria che stiamo vivendo
dovremmo imparare qualcosa, ovvero che bisogna essere lungimiranti, informarsi
per percepire, capire e prepararsi in anticipo per ciò che accadrà. Ed è
proprio per far sì che si attivino le politiche nei confronti di questo
fenomeno che è necessario che i rifugiati climatici abbiamo un riconoscimento vero
e proprio.
Gli italiani devono andare via dall'Italia e trasferirsi nel Sahara, da dove avranno l'onore di mantenere gli africani, nel frattempo trasferitisi giustamente in massa in Italia.
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