Poetiche wrightiane: Walter Di Salvo

 Vittorio Miranda


fonte immagine: Artribune

L'architetto toscano Walter di Salvo, è stata una emblematica figura dell’architettura italiana del XX° secolo, anche se poco conosciuto tanto che reperirne una documentazione è parecchio difficile. Nato a Firenze il 20 luglio del 1926, si laureò in architettura presso l'Università di Firenze nel 1955. Da qui avremo una vasta scala di gratificazioni ed anche opere d’architettura in cui, in alcune di queste, noi tutti siamo passati almeno una volta nella vita.
Tra il 1956 e il 1957, aprirà il suo studio assieme a Vittorio Giorgini, collaborazione che durerà poco e fu il primo classificato al concorso per il lungomare di Tirrenia (Pisa) nel 1956, dopo alcune realizzazioni per edifici privati di civile abitazione, nel 1959 redasse il primo progetto
dell'insediamento turistico di Punta Ala, a cui fece seguito nel 1960 il progetto e la direzione lavori delle urbanizzazioni della stessa località.
A Punta Ala, dove si trasferì lasciando Firenze, progettò e realizzò numerose opere di notevole qualità architettonica. Si ricordano: il bar La Vela (1960), la chiesa della Consolata (1961), villa Rusconi e villa Marzocchi (1962), villa Nanni (1963), villa Di Gravio e ristorante bar La Bussola (1965). 

Per il complesso Sole Maremma a Riva del Sole (1978) fu segnalato al Premio IN-ARCH per la Toscana nel 1990. Suo anche il progetto di uno stabilimento termale a Roselle nel 1980 che però non fu mai realizzato. Nel 1987 venne scelto a far parte del gruppo dei progettisti della Fiat per il progetto Novoli, insieme a Giovanni Michelucci, Richard Rogers, Bruno Zevi, Leonardo Ricci, Rob Krier e altri. Realizzò inoltre la galleria commerciale della stazione di Santa Maria Novella a Firenze. Possedeva anche un proprio fondo archivistico, ancora oggi attivo: Il fondo archivistico Walter Di Salvo è stato ordinato dallo stesso architetto ed è custodito nel suo studio dagli eredi. L'archivio è composto da cinque nuclei: gli elaborati grafici (originali su carta lucida, eliocopie, schizzi su fogli); la raccolta di fotografie in bianco e nero; materiale documentario vario (ottanta faldoni circa l'attività progettuale, con relazioni dattiloscritte, preventivi, ricevute, corrispondenze di lavoro, ritagli di giornale); dodici plastici di vario formato; e infine la biblioteca personale. La documentazione copre un periodo di tempo che va dal 1955 al 2006.
Sembra anche che abbia subito un processo di involuzione nella sua vecchiaia ed anche in seguito alla morte dell’amico Giovanni Klaus Koenig nel 1989. Ovvero una perdita di creatività che lo porterà a non compiere più opere significative. Forse a causa della mancanza della spinta dell’amico Koenig, forse perché non aveva più una clientela che richiedeva opere originali e si accontentava di modelli già preconfezionati; o forse, anche per un’anzianità che spinge verso la semplicità.

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