FESTIVAL FOTOGRAFIA ETICA DI LODI: VISIONI DI UN MONDO MALATO

  FESTIVAL FOTOGRAFIA ETICA DI LODI: VISIONI DI UN MONDO MALATO



Tornare a Lodi per la sedicesima edizione di “Fotografia Etica” significa non

doversi più porre il problema di cosa si intenda con questa definizione e se

abbia un senso. Viviamo in un tempo così assurdo che si sente il bisogno di

arrestare gli occhi su queste immagini, a volte talmente violente da lasciare

sgomenti, e riflettere su come il mondo intorno a noi stia cambiando,

incredibilmente in peggio. Documentare la realtà è diventato difficile, spesso

mortale come ci insegnano i giornalisti e fotoreporter di Gaza, e una

fotografia, più di un filmato, ci blocca e induce al pensiero. Ci dicono anche,

queste foto, che non è vero che noi conosciamo ciò che accade nel mondo.

Sappiamo di alcune situazioni, drammatiche, terribili ma ne ignoriamo molte

altre e quindi qui possiamo allargare la nostra conoscenza, soprattutto

renderci conto che la realtà è molto più varia e complessa di come la

pensiamo. A volte, fortunatamente, questo basso continuo di orrore si

interrompe, incontriamo anche storie belle, di solidarietà, di umanità. Anche la

natura, nonostante le nostre offese, riesce ancora a offrirci momenti di

bellezza. Così ci incamminiamo verso le varie sedi, tutte nel centro di questa

città piacevole, raggiungibili facilmente a piedi. Sono dieci, tra palazzi, chiese,

banche, di cui due all’aperto. Ci sono due macro temi, le guerre e la crisi

ambientale, che ne innescano un terzo: le migrazioni. C’è anche qualche

sguardo laterale, come sulla paternità in diversi paesi, le comunità di arti

marziali in Bangladesh, le donne lottatrici a Ciudad Juarez. La sede principale

è il palazzo Barni, mentre presso la Fondazione Banca Popolare di Lodi è

allestita la mostra del World Press Photo, il premio internazionale di

fotogiornalismo più prestigioso al mondo, che arriverà poi in altre regioni. In

questo concorso si prendono in considerazione tutti i continenti e il primo

premio è andato al fotografo palestinese Samar Abu Elouf con uno scatto

intitolato “Mahmoud Ajjour, 9 anni”. Si tratta di un bambino che ha perso

entrambe le braccia mentre fuggiva da un bombardamento israeliano a Gaza,

il posto che ospita la maggior quantità di bambini mutilati al mondo. La foto è

tecnicamente bella, con le luci giuste, anche il viso del bambino è bello e

apparentemente sereno e questo contrasta ancor più con la visione

insopportabile dei moncherini, di un bambino che non potrà mai più giocare e

nemmeno mangiare da solo. Delle altre due foto finaliste, una rappresenta

una situazione particolare, almeno per me. E’ un accampamento di migranti

che sono riusciti a entrare in USA dal confine messicano, e fin qui sarebbe

abbastanza normale. La cosa particolare è che sono cinesi e, come apprendo

da questo e altri servizi, molti che dal Centro America tentano di passare

negli USA provengono dall’Asia, non solo Cina ma, ad esempio, Afghanistan.

La terza immagine segnalata è pure impressionante perché riporta al tema

degli effetti del mutamento climatico: in Amazzonia un ragazzo è di spalle ai

margini di quello che sembra un deserto ma che, in realtà, è il letto di un

grande fiume completamente prosciugato per cui, per portare cibo alla madre

in un villaggio sull’altra sponda, invece che usare la barca deve percorrere

due chilometri a piedi. Le immagini che ci vengono dai vari continenti,

riportate nella mostra World Press Photo, mostrano non solo guerre e

violenze varie ma anche situazioni particolari, generalmente legate a un

mondo in disequilibrio. Curioso il rapporto umani/animali nei casi in cui

animali selvatici sono spinti ad avvicinarsi sempre più ai centri abitati

diventando aggressivi. Noi abbiamo già visto cinghiali e orsi spingersi nelle

nostre città ma certamente la cosa diventa ancor più seria se, come in

Zambia, a entrare nelle città sono elefanti; o come i macachi in Thailandia,

che devono essere allontanati con spray urticanti. Abbandonando il

bell’edificio della Banca Popolare di Lodi si può andare a palazzo Barni, dove

ci sono i servizi che hanno vinto i World Report Award, premi del festival

all’impegno sociale dei fotografi. Il premio principale è andato al colombiano

Federico Rios che, col servizio “Paths of desperate hope” segue il viaggio di

migranti non solo latino americani ma anche asiatici in una giungla pericolosa

tra Colombia e Panama, spesso anche con bambini, per tentare di

raggiungere gli Stati Uniti. Molto interessante il lavoro di Cinzia Canneri che

con “Women’s bodies as battlefields”, ha seguito le donne che fuggono dal

regime Eritreo e dal Tigray, luogo di un sanguinoso conflitto con l’Etiopia,

dopo aver subito persecuzioni e violenze. Purtroppo non poteva mancare una

testimonianza da Gaza e Loay Ayyoub ha vinto lo Short Story Award con un

servizio sulle inumane condizioni di vita in questo luogo di dolore. Diego

Fedele ha vinto lo “Spotlight award” con “In the shadow of a deadly sky” che

documenta la drammatica condizione di vita della popolazione dell’est

Ucraina. Lo “Student award” è andato a un fotografo del Bangladesh, Md

Zobayer Hossain Joati, con un servizio sulle comunità di arti marziali nel suo

paese che esprimono un forte sentimento di identità e anche, nel caso delle

donne, uno strumento di autodifesa. Il giovane tedesco Julius Nieweler ha

ricevuto una menzione per il lavoro “”Whisper say: war is coming” sulla

Moldavia dove si sono appena svolte elezioni, in cui c’è inquietudine per il

futuro e un forte contrasto tra la popolazione filo russa e quella che invece

guarda all’Europa. Il World Report Award si conclude con la sezione “Single

Shot”, trentadue scatti in cui si mescolano i temi di guerra, ambiente (con

anche una attenzione al rapporto con la fauna, selvatica e no), migrazioni e

un’apertura a un tema che penso acquisterà rilievo nell’immediato futuro: le

cosiddette rivolte della generazione zeta, che abbiamo visto in Bangladesh,

Nepal, Kenya, ora Marocco e che fanno pensare a una potente messa in

discussione di vecchie e radicate forme di potere. Impressionante la foto

vincitrice, del norvegese di origine iraniana Afshin Ismaeli: un uomo che

faceva parte delle forze speciali ucraine, che in un’esplosione ha perso le

braccia, una gamba, un occhio e parzialmente l’udito, che appare dietro il

figlio. Il titolo è “The price of war” e veramente dovrebbe essere riprodotto e

mostrato ovunque, a partire da tutti quei governanti che si riempiono la bocca

della parola guerra. Perché tutti capiscano cosa vuol dire e chi ne sono le

vittime: non i potenti che le proclamano ma le persone comuni che le

subiscono. Così come tutti dovrebbero vedere l’immagine che è stata assunta

come simbolo del festival: una madre di Gaza abbraccia il sudario

insanguinato che riveste il corpo del figlio ucciso. Come hanno scritto i

curatori, immagine necessaria, che al di là del contesto ci parla di un dolore

che non ha limiti né giustificazioni, inflitto su esseri umani innocenti. Come le

ferite all’ambiente, anche quelle inferte da una classe politica irresponsabile.

Ci sono anche altre mostre nelle diverse sedi, tutte interessanti, tutte utili a far

crescere la nostra consapevolezza del tempo che viviamo e della storia (ad

esempio le guerre nella ex Yugoslavia, che ci lasciano ancora ferite non

rimarginate, i territori dell’Africa ricoperti da tonnellate di prodotti della

cosiddetta “fast fashion”, alimentata dalla follia consumista di quelli che i

locali chiamano i bianchi, cioè noi, che spesso non siamo coscienti dei danni

che causiamo. Avendone già visitato diverse edizioni, ritengo quella di

quest’anno particolarmente importante per una riflessione e una presa di

coscienza: necessaria.

SAURO SASSI


FESTIVAL FOTOGRAFIA ETICA

LODI, SEDI VARIE

FINO AL 26 OTTOBRE 2025

APERTURA NEI WEEK END DALLE 9:30 ALLE 20.00

BIGLIETTO INTERO EUR 19.00, RIDOTTO EUR 17 (STUDENTI

UNIVERSITARI, SOCI COOP, OVER 65, TOURING E VARI ALTRI DA

VEDERE SUL SITO). ABBONAMENTO MENSILE EUR 21.

E’ POSSIBILE FARE I BIGLIETTI ONLINE SUL SITO DEL FESTIVAL CON

COMMISSIONE

OPPURE SI POSSONO FARE ALLA BIGLIETTERIA UNICA CHE SI

TROVA IN PIENO CENTRO IN PIAZZA BROLETTO

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