Angeli di Carlo Lucarelli

Giuseppe D'Emilio - Pagina tre



...Stargli vicino era un rischio e un carico impossibile...




Non lo sopportavo più. Ogni volta che lo guardavo mi chiedevo cosa avessi fatto di male per capitare con un tipo simile. Era talmente esuberante e vitale, talmente incosciente… e sfortunato, anche. Stargli vicino era un rischio e un carico impossibile per il mio sistema nervoso. Ma non potevo lasciarlo. Tecnicamente non avrei neanche potuto odiarlo.
Perché io ero un Angelo.
E un Angelo Custode, per giunta.
L’idea mi venne mentre gli svolazzavo attorno preoccupato, perché aveva in mano un cacciavite ed erano proprio quelle le cose che mi stavano facendo venire le piume bianche prima del tempo. Ormai era soltanto una questione di sopravvivenza: o lui o me. Il difficile era come sbarazzarsene. O meglio, come non farsi prendere dopo, perché trovare un alibi per chi non potrebbe, per natura, essere da un’altra parte non era per niente facile.
E con Lui che è Onnisciente è un attimo decadere.
Ma dovevo farlo, dovevo farlo, e me ne convinsi quando lui mise il cacciavite dentro la presa della corrente e saltò la luce in tutta Bologna.Fu Gabriele a suggerirmi come, senza volerlo, naturalmente.
Mi ricordai di quello che mi aveva detto quando ancora ero un Angelo Nuovo, molto giovane e mi ero messo dietro all’uomo sbagliato.
“Non fidarti degli occhi” mi aveva detto, appollaiati sotto una volta di San Petronio, “a guardarli gli uomini si assomigliano tutti. E’ l’anima che vibra , segui quella”.
L’anima che vibra, vvvvvvibra.
Feci tutto molto in fretta. Misi un’inserzione sui giornali. Vagliai decine e decine di risposte. Portai a cena un mucchio di ragazze ma alla fine la trovai: bella, atletica, spigliata. Faceva karatè e paracadutismo, correva in macchina e si era arrampicata senza corde sulla parete est del Cervino durante una tempesta di neve. Ora cercava una sponsorizzazione per attraversare da sola il Polo nord.
Era perfetta.

Alle quattro di quel pomeriggio lei stava aspettando in macchina sui viali, come le avevo chiesto. Lui invece era dietro Porta Saragozza, col motorino, per la solita scommessa. Appena il semaforo diventava rosso partiva come un razzo e attraversava i viali alla cieca. Gli era sempre andata bene, ma era così che io avevo avuto l’infarto, l’anno prima.
Ma questa volta no.
Lo sentii partire, sentii il rombo acuto del motorino e poi l’urlo dei freni e allora mi lanciai seguendo l’istinto, dietro all’anima che vibrava, vvvibrrrava.
Dietro quella della ragazza, naturalmente.
L’Anima Gemella.
Buttai un’occhiata alle mie spalle prima di scendere e l’unica cosa che vidi fu un camionista in canottiera che si metteva le mani sulla faccia.

“E’ un errore comprensibile” disse Gabriele, “uno scambio di anime… E’ quel maledetto sistema della vibrazione che non funziona più. Se c’è vicino l’anima gemella ti puoi confondere… Ma Lui lo ha capito, e ti perdona”.
Sorrisi, soddisfatto, ma Gabriele scrollò le ali e disse una cosa che mi fece impallidire.
“E poi, in fondo, non è successo niente”.
“Come non è successo niente ?” chiesi rauco.
“Quell’altro, l’Angelo della ragazza… anche lui ha seguito la vibrazione e si è sbagliato, come te. Ha salvato il tuo, così siete pari. Ma è meglio che torni giù, adesso. Il tuo uomo sta provando una Ferrari”.


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