"IL CAPO DEI CAPI"... Diritto di parola?

di Nikky Pisani

Spesso ci si lamenta del fatto che in Italia, non vengano spesso attribuiti i giusti meriti a personaggi noti per le loro azioni, qualsiasi genere esse appartengano. Dopo la barzelletta dello sconto di pena per "buona condotta", il programma protezione per i "pentiti", l'indulto... quale miglior onorificenza, se non attraverso una fiction di sei puntate, in cui le "imprese eroiche" di un certo Salvatore Riina, vengano narrate e interpretate in tutti i minimi particolari al pubblico a casa, ovviamente quando le famiglie al completo, durante o dopo cena si riuniscono davanti la TV per rilassarsi (almeno ci provano).
Suona un po' strano parlare di educazione alla legalità tra la gioventù odierna, dove il bullismo sembra quasi una prassi obbligatoria nella formazione di qualunque individuo.
Omicidi volontari e premeditati come regalo a chi in una Repubblica Democratica (come si presume sia l'Italia), esprimeva le proprie opinioni o intendeva seriamente mettere a disposizione la propria vita, con tutte le sue opere, al servizio della gente comune, quella spesso più debole, come il deputato PC, Pio La Torre (tanto per citarne qualcuno).
Complimenti e premi da parte del pubblico italiano che ormai diviene l'espressione più veritiera del quadro culturale che sempre più caratterizza il nostro popolo: l'ignoranza!
Tutti curiosi, freneticamente in corsa verso casa per non perdere nemmeno il primo minuto di ogni puntata; tra loro non fa eccezione nemmeno lui, "l'eroe nero" che dopo aver dedicato l'intera vita a eliminare gente onesta con il coraggio della verità (doti a lui esenti perchè ha solo imparato a far "la voce grossa"), impugnando una pistola e impartendo ordini a uomini privi di intelletto chiamati "picciotti". In un Paese dove "la legge è uguale per tutti" (coloro i quali più coadiuvano molti politici, s'intende), anche "Il Capo dei Capi" ha avuto il diritto di vedere la fiction dalla sua cella . Strano come nessuno abbia pensato di averlo in qualche talk-show come "guest star", magari per ricoradre al regista qualche dettaglio o altra opera illecita commessa tralasciati o non curati perfettamente.
Chissà quante madri inchiodate alla Tv coi propri bimbi (magari teneramente in braccio), saranno state talmente ipnotizzate dalle azioni criminali, da dimenticare totalmente la solidarietà e il rispetto verso quelle donne che proprio attraverso Riina o chi per lui e come lui, hanno seppellito il loro cuore insieme ai loro figli, mariti, fratelli...
Tutte come Ninetta Bagarella, sorella uno dei più fedeli soci in affari di Riina, il suo adorato maritino, che ha aiutato più volte nella sua "scalata al potere", difendendolo finanche dopo il suo primo soggiorno in cella.... Che importa del dolore altrui! basta fare col sangue delle povere vittime la vita da regina, in ville lontane da occhi indiscreti, con piscina e tutti i confort possibili e immaginari per lei e le tre povere anime innocenti che hanno come unica colpa quella di esser loro figli.
Patetico e inopportuno il suo lamento alla fine della fiction che ha ritenuto offensiva per la sua figura. Lei (almeno così dice) non ha mai appoggiato il marito nelle sue azioni criminose delle quali, LEI, era all'osuro mentre si godeva beatamente il sole in una delle sue ville o nell'intero residence comperato dai soldi sporchi e facili di suo marito, per fare impazzire gli agenti delle forze dell'ordine che spesso nello stesso luogo in cui svolgevano il proprio dovere hanno lasciato un'indelebile macchia di sangue.
Possibile che questa donna sia stata sempre estranea agli affari del marito, finanche durante gli anni di "pseudo-latitanza"? Davvero non abbia mai chiesto al marito il motivo di quei continui spostamenti? Perchè questo nascondersi e fuggire..da chi o cosa?
Dopo la sigla finale, prima di citare per danni morali il regista e l'autore del libro per aver leso la sua immagine, si è mai chiesta, per almeno un istante, cosa provino tutt'ora le vittime di mafia? LEI, vissuta nel lusso e nell'agiatezza più assoluta in anni in cui in Sicilia bisognava ammazzarsi di lavoro per intere giornate se si voleva portare il pane a casa, mentre suo marito per ammazzare ci impiegava un attimo?
Avrebbe il coraggio di chiedere perdono e clemenza alla madre di quel bimbo, la cui vita a soli dodici anni, si è disciolta in un acido, dopo esser stato brutalmente strangolato da uno dei picciotti di suo marito (immaginate chi abbia impartito l'ordine di una simile nefandezza)?
Talvolta, ricordare l'esistenza del pudore non sarebbe una mala idea, da parte di tutti. COMINCIAMO A IGNORARE QUESTA GENTE di poco conto, cercando di ammutolirla in tutti i sensi. Facciamo appello al dolore e al rispetto per le vittime che hanno perso la propria vita mentre difendevano la Patria, l'incolumità e l'onore dei cittadini, la garanzia di una giustizia.
METTIAMO A TACERE anche "L'ultimo Padrino", prossimamente su Canale 5.
foto di F.Dotta

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