Diffidenti per default

di Vincenzo Jacovino

Si è di nuovo non nel caos calmo ma nella tempesta più virulenta. La mancanza di valori, l’ignorare i principi etici e la diffusa e radicata volgarità, imperante nella sedicente classe politica, manageriale e dirigenziale del nostro Paese, alimentano non soltanto un forte sentimento di diffidenza ma, soprattutto, provocano un moto violento di rigetto. C’è un rifiuto della mente come dell’istin-to. Non siamo più di fronte ai cento comuni dell’era medievale ma si è, oggi, di fronte a mille centomila e, fors’anche, milioni di rapaci che pensano a soddisfare solo i propri appetiti più sfrenati attraverso l’ottimizzazione dei propri egoistici bi-sogni. Il resto, che raggruppa: cose e genere umano, non esiste. Non fa parte, quale elemento vivente e costitutivo, del Paese.
Si è diffidenti per default. E’ una definizione molto bella, non nostra ma di altri autori, però definisce bene e appropriatamente, anche se un po’ strettina, lo stato d’animo diffuso lungo lo stivale. Diffidenti per default perché se, fino a un lustro fa, era possibile scegliere in una lista, precostituita, di faccendieri, opportu-nisti e alcuni onesti, oggi non è più così. La lista, sempre precostituita, è bloccata; non c’è scelta, non c’è possibilità di scegliere il male minore.
Oggi, come ieri l’altro, queste liste assumono la visione di

Un esercito accampato nell’attesa

di far razzia e, più spesso, di far del paese un loro possesso. E intanto per due mesi mendicheranno un po’ di visibilità attraverso promesse, propositi di giustizia e o-nesti comportamenti con l’intento, naturalmente, di obnubilare le notti brave con squillo o gli ingressi nei locali trasgressivi. Il tutto infonde, purtroppo, solo grigio-re e tedio perché l’elettore

…….. non ha più che la violenza
delle memorie, non la libera memoria.
E ormai, forse, altra scelta non ha
che dare alla sua ansia di giustizia
(P.P. Pasolini)

la forza della sua diffidenza, del suo violento moto di rigetto.
Si è diffidenti per default perché di pessima e brutta politica si può anche morire ma, soprattutto, per evitare e/o impedire che si diventi “una mucillagine, quasi un insieme inconcludente di elementi individuali e di ritagli personali” an-che se è questa, forse, la realtà sociale del nostro Paese. Ogni popolo ha la classe politica e dirigenziale che si merita se, in effetti, la sceglie. Oggi, negando ogni possibilità di scelta, si riduce di molto la quota di sovranità del popolo. Pertanto, quale responsabilità gli si può attribuire? Solo quella dell’indirizzo politico, ma è sufficiente? No, perché poi gli uomini che andranno a concretizzare quell’indirizzo politico non sono stati scelti dal popolo.
Si è diffidenti per default perché la politica è, ormai, distante anni luce dai problemi reali e quotidiani della gente ma, soprattutto, dalla dignità che ha ancora, per fortuna, cittadinanza tra milioni e milioni di onesti che popolano il nostro Paese.

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