Hamas, tra due mondi

di Valeria Del Forno





Irreale, fantastico, quasi assurdo: quello militare, seppur il più estremista, è solo uno dei volti di Hamas, oltre alle attività militari e terroristiche, promuove diversi programmi di previdenza sociale e istruzione.

La lotta sempre più irrazionale e disperata in Medio Oriente, mantiene il triste primato di aprire la galleria degli orrori del 2009. I perché dell’angoscia e dell’offesa sono tanti ma, di fronte all’opinione dei più, è proprio Hamas a rappresentare il maggior responsabile. Di questo movimento palestinese non sembrano più esserci angoli inesplorati, essendo stato sviscerato dalla carta stampata e dai telegiornali, ma poco si è detto sull’altro volto di Hamas, quello assistenziale. La sua forza sta, infatti, da un lato nel suo braccio militare, le Brigate Ezzedin al Qassam (dal nome dello sheick che iniziò la lotta contro gli occupanti inglesi, giustiziato nel 1935), e dall’altro nelle sue organizzazioni assistenziali: istituti religiosi, ospedali, ambulatori, scuole, laboratori, mense e in generale aiuti sociali ai civili meno abbienti.

Hamas, finanziato dai Fratelli Musulmani, dall'Arabia Saudita, da versamenti privati e, più recentemente, anche dall'Iran (superando così la tradizionale divisione tra sunniti e sciiti), è retto da un Consiglio, da un Ufficio Politico (che ha sede in Siria) e dalla Dawa, l'appello che si occupa di propaganda e amministrazione. Prima della nascita ufficiale nel 1987 con lo scopo dichiarato di abbattere lo Stato di Israele e di sostituirlo con uno stato religioso islamico, il movimento, già a partire dal 1967, faceva parte di un ramo palestinese dei Fratelli Musulmani. E’da questo momento che vengono gettate le basi del radicamento sociale di quello che diverrà in seguito Hamas.

Negli anni che vanno dal 1967 al 1987, in Cisgiordania il numero delle moschee passa da 400 a 750, mentre a Gaza da 200 a 600. Ma l'enorme aumento dei centri religiosi non è l'unico segnale di rilievo: intorno alle moschee sorgono, infatti, asili, biblioteche, cliniche e centri sportivi. Tra il ’76 e l’81 il movimento si espande, attraverso associazioni professionali, assistenziali, di categoria, creando l'Università islamica di Gaza. Con il governo di Menahem Begin (seguito in questo poi da Sharon) venne riconosciuto legalmente al-Mujamma al-Islam (associazione islamica), primo nucleo organizzato di Hamas.

L'incoraggiamento israeliano fu originato dal desiderio di veder nascere un’opposizione interna palestinese all'Olp e ad al Fatah di Arafat. Fu dunque l'Associazione dei Fratelli Musulmani a creare Hamas per una doppia missione: da un lato quella della resistenza all'occupazione, dall'altro quella di re-islamizzare la società palestinese. Se, infatti, il processo di re-islamizzazione era già in atto al momento della nascita di Hamas nel 1987, la sfida fondamentalista alla vecchia dirigenza guidata da Yasser Arafat andava portata anche sul piano militare.

E' in questa prospettiva che, dopo la loro apparizione durante la guerra civile libanese, compariranno anche in Palestina gli attentatori kamikaze. Secondo le fonti della sicurezza israeliana, tra il 1993 e il 2000 ci sono stati 42 kamikaze palestinesi. Appartenendo ad Hamas o alla Jihad (l'altro gruppo integralista palestinese), sanno che dopo la loro morte l'organizzazione si occuperà delle loro famiglie, spesso con l'aiuto dell'Arabia Saudita. Le famiglie dei kamikaze, uomini ma anche donne, ricevono tra i tre e i cinquemila dollari. L’organizzazione politico-sociale e quella più strettamente militare-terroristica, appaiano pertanto legate in modo inestricabile.

Sul terreno Hamas dispone della rete sociale più importante della Palestina, dopo quella che fa capo alla Mezzaluna Rossa. Fanno riferimento al gruppo una serie di Ong, come la Islamic Association o la Casa della misericordia, e i comitati locali che raccolgono la "zakat", l'elemosina in favore dei più deboli che rappresenta uno dei pilastri dell'Islam. E’ proprio all'interno di queste strutture che l'organizzazione recluta la maggior parte dei suoi militanti. Quanto alla rete del welfare islamico, messa in piedi dal gruppo palestinese, è da considerare che dalla sua fondazione Hamas non ha mai smesso di estendere geograficamente la propria azione sociale, concentrando il suo intervento assistenziale su due settori della popolazione palestinese: i musulmani più poveri , in particolare gli abitanti di Gaza e dei campi profughi e le famiglie dei "martiri", uccisi dagli israeliani.

E’ da ricordare che più del 10 per cento dei palestinesi sono di religione cristiana e perciò non rientrano tra i beneficiari di questo aiuto. Interventi di sostegno ai settori più deboli e una sorta di "nazionalizzazione delle masse", in senso però religioso, marciano su binari paralleli. Così Hamas segue i giovani palestinesi fin dai loro primi anni di vita. Solo a Gaza si conta che siano oltre una ventina gli asili gestiti direttamente dal gruppo. In questi centri vengono insegnati ai bambini i primi rudimenti del Corano.

In tutti i maggiori centri della Cisgiordania sono attive anche delle sezioni della Casa del Corano e degli Hadith, sorta di madrasse che formano alla religione i palestinesi fin dall'adolescenza. Emanazione di Hamas è anche la Rete della gioventù islamica che garantisce attività sportive - basket e nuoto - e ricreative per i più giovani. Dall'esterno, tali programmi sono considerati o come parte di una politica parastatale, o come esercizi per la propaganda e il reclutamento, o come entrambi. Da questo dilemma non si esce. In ogni modo, queste attività sociali di Hamas sono profondamente radicate nella Striscia di Gaza tanto è vero che Hamas può contare su un numero sconosciuto di fedelissimi e su decine di migliaia di simpatizzanti e aiutanti per la sua lotta a Israele, all’Occidentalismo ed alla Laicità.

E’ l’immagine di una comunità smarrita, chiusa in se stessa in una sorta di delirio di persecuzione che le impedisce di riconoscere il vero pericolo, e si scaglia caparbia contro chi cerca di aiutarla.

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