I GRUPPI DI ARTE E CULTURA SU FACEBOOK:



Chiara Di Salvo


rete: globale

tipo: arti e spettacolo / belle arti


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Facebook è il social network del momento. Difficile restarne estranei e ancora più difficile è non farsi inglobare nelle piccole ossessioni quotidiane.

C’è chi studia scientificamente il fenomeno [ Enzo Di Frenna, Presidente dell’Associazione Netdipendenza, in www.repubblica.it ] e chi avanza preoccupanti ipotesi sugli eventuali intenti occulti degli amministratori di questo network [ in www.nightpassage.org ].

Però, con tutte le dovute riserve, Facebook offre interessanti opportunità sia d’incontro sia professionali e pare si stia rilevando una vera e propria risorsa per pittori, fotografi, scrittori ed appassionati d’arte.

Ho provato a fare un giro tra i gruppi presenti nel sito e, tra ISCRIVITI e CONDIVIDI, si trovano interessanti personaggi in cerca d’autore.

Per catturare l’attenzione dello spettatore, il titolo è scelto accuratamente e, tra ironia e malizia, presentato in grande stile: “Art forum International”, “Io amo la fotografia” o, più semplicemente, “Io amo i fotografi”.

Tanti, tantissimi sono i gruppi che trattano di arte ma, purtroppo, spesso le bacheche sono vuote e di arte se ne parla solo nel titolo.

Sembrerebbe che buona parte degli utenti di Facebook sia più interessata ad apparire membro di più gruppi possibili che a parteciparvi con dibattiti e opinioni.

Parallelamente a questa situazione, molti artisti o aspiranti tali tentano di farsi pubblicità scrivendo post con il loro sito internet di riferimento o chiedendo al gruppo pareri sulle loro “opere d’arte”. Personalmente, ritengo questo tipo di comunicazione piuttosto puerile.

Allora…perché? Cosa accade tra i gruppi che dovrebbero essere punto di aggregazione di persone che vogliono “fare” qualcosa? Cosa blocca le persone a dialogare, a confrontarsi?

Rifletto su una frase di Camillo Sarlo[ docente di Estetica dei nuovi media, Roma ]: « Facebook è una comunicazione veloce. E’ un mezzo per rappresentarci più che per approfondire ».

Forse ha ragione e, in tutto questo, il messaggio è per ESSERCI, più che per DISCUTERE.

In un contesto storico-sociale come quello che stiamo vivendo, Facebook (e i social network in generale) si fa scrigno, paradossalmente, della “non contemporaneità”, ovvero dell’assenza di tempo: ciò che scrivo ora in una bacheca qualsiasi, verrà letto dalla maggior parte degli utenti solo dopo diversi giorni, non “subito”.

Risulta dunque comprensibile come, innanzitutto, le sensazioni mutino perché il messaggio non ha più la “freschezza” della notizia inserita.

In secondo luogo si avverte, dopo l’entusiasmo iniziale, come anche un semplice social network diventi una vetrina ed uno strumento di consumo superficiale.

Vorrei concludere tornando al discorso dello scrigno della “non contemporaneità”: se questa è l’era dell’accelerazione, delle informazioni di massa e della comunicazione virtuale, interattiva e immediata, leggo un accento di burla in una vetrina che si ripropone di mettere in contatto tutti e subito.

La responsabilità non è però del social network, quanto piuttosto di chi crede che la realtà sia proprio questa.

La realtà è oltre, nell’immediatezza dell’istante quotidiano e nella capacità di rimboccarsi le maniche e seminare bene per raccogliere meglio.

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