di Antonella Musiello
Dall’incontro di diverse forme d’arte nascono varie realizzazioni cineamatografiche da noi occidentali conosciute molto bene. A fatica riusciamo però ad far accedere pellicole orientali, specie giapponesi nel nostro territorio. Pochi ma validi registi come Akira Kurosawa ce l’hanno fatta. Di non facili interpretazioni si avvale l’efficace e recente rappresentazione, “Dreams” del 1990. Suggerimento mirato soprattutto ai veri amanti del cinema d’élite, ai curiosi e a tutti coloro che non si apprestano a dare giudizi affrettati.
Il film è basato su un magico realismo e sulla descrizione di alcuni sogni fatti dal regista stesso in diverse fasi della sua vita. È suddiviso in otto episodi che raccontano il percorso individuale dell’uomo e sono tutti collegati dalla presenza di un personaggio ora bambino, ora adulto.
Il primo sogno, “Sunshine Through The Rain”, riporta la storia di un bambino che assite alle nozze delle volpi. Una vecchia leggenda giapponese afferma che quando il sole splende attraverso la pioggia le volpi hanno le loro nozze. Come in molti sogni spesso il senso, se c’è, va ricercato nell’assemblaggio simbolico, a volte invece non si trova affatto. In questo caso non prospetto di ricercarlo, ma lascio il compito agli specialisti.
Anche il secondo sogno “Peach Orchard”, evoca un’atmosfera onirica legata alle belle immagini di un pescheto e alberi di fiori rosa. A partire dal terzo si percepiscono più che sogni incubi. In “Blizzard” infatti, si vede un gruppo di alpinisti che lotta contro un sentiero di montagna durante una terribile tormenta, e minacciati da un demone donna. Il quarto episodio “The Gallery”, allo stesso modo, dipinge scenari angoscianti, dove un reduce di guerra è inseguito da un cane rosso e poi assiste a scene inquietanti come l’incontro di commilitoni morti.
Il quinto sogno è il più singolare e più spettacolare. Il regista con la collaborazione di Martin Scorsese nella colorazione di vignette, immagina di essere uno studente d’arte che vaga fra i quadri di Van Gogh. Nel cammino piano piano le immagini diventano “reali”, significativo è il frenetico agitarsi nel vento di corvi chiassosi su un paesaggio di grano revocando anch’esso uno degli ultimi quadri dipinti da Van Gogh. Nella sesta e nella settima visione continua la sequenza incubo. Anche qui scenari che sembrano dipinti, come la simulazione di una catastrofe nucleare attorno al monte Fuji e un cielo rosso fra polveri grigie, oppure la simulazione di un viaggio nell’inferno. In questo settimo sogno “Wepping Demon” il regista/Dante guidato da un demone/Virgilio assiste all’agonia delle vittime dopo la catastrofe nucleare.
Tutte queste tormentanti ma rilevanti storie e immagni si risolvono nel’ultimo sogno e nella scelta di un vecchio saggio di abbandonare le moderne tecnologie e l’influenza di sostanze inquinanti, e rifugiarsi in un villaggio fatto di verde e mulini ad acqua.
Il viaggiatore Kurosawa, che ha assistito a cose apparentemente senza senso è sorpreso e incuriosito dal concetto che lo ha condotto fin lì. È l’evocazione dell’inizio di un’era pulita della società.
È un film che colpisce per la creatività legata ad un senso artistico profondo, appare come la tela di un pittore che si esplicita mano a mano che la si continua ad osservare.
Desideri, racconti, timori, angosce, episodi magici e misteriosi, sogni appunto!
Immagini create esclusivamente, come lo stesso Kurosawa dice, da “un culto spiccato per la bellezza” […] “un misto di perfezione ed emozione”.
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