Things i've been silent about


Ospitiamo uno scritto di Arianna Marzotto

Leggendo le notizie biografiche di Azar Nafisi, autrice di "Leggere Lolita a Teheran", mi sono resa conto della natura ribelle eppure così tormentata di questa scrittrice, espulsa dall'Università di Teheran (nel 1995!) per aver rifiutato di portare il velo all'interno del campus universitario.
La sua missione di insegnante continua ogni giovedì mattina, con il sole e con la pioggia, quando un gruppo di sette giovani studentesse si riunisce nel suo salotto per leggere "Lolita" e altri capolavori introvabili nei circuiti cittadini.
Le "aberrazioni e le storture" che il regime imponeva, rendeva la vita quotidiana disastrosa e la ricerca di iniziative personale veniva scoraggiata costantemente.
Per colorare i loro sogni quindi cosa c'è di meglio che rifugiarsi una volta alla settimana nella loro "Terza stanza"?
Dopo ogni seminario diventa comunque sempre più difficile ricoprirsi, "mascherarsi" e assumere posture invisibili, diametralmente opposta alla vivacità e alla gioia esprimersi liberamente, liberandosi dall'ingombro del burka e mostrando finalmente la loro femminilità.

Fin dal titolo del suo ultimo romanzo, "Thinks I've been Silent about" ovvero "Le cose che ho taciuto", la scrittrice evidenzia di aver steso un velo di reticenza sull'altra memoir, celando così la parte più intima e combattuta del suo io dissociato.
L'intellettuale iraniana trova dunque il coraggio di far luce su quella parte di sè che necessariamente aveva dovuto divorziare dall'altra, pur conservando le ancestrali radici persiane (legate all'amore per i classici letterari trasmesso dal padre), mantenendo una preziosa ma vacillante sinergia, in una sorta di logorante schizofrenia intellettuale.

Si ha l'impressione che Azar si avvalga di questo suo secondo romanzo, assai più sviscerato e viscerale del primo, per esorcizzare i fantasmi che hanno popolato la sua casa di bambina e la sua mente di adulta, ormai cittadina statunitense.

La difficile convivenza tra le due identità la accompagna nella suo quotidiano, supportata soprattutto dal difficile rapporto con la madre, fin dalla tenera età caratterizzato da un'insana guerriglia edipica. La mamma gelosa della figlia, disprezzerà fino alla morte il lavoro intellettuale di Azar, indicando come causa di tutti i mali "i geni malati" ereditati dal ceppo paterno.

In una recente intervista, in cui la scrittrice presenta il nuovo lavoro, la Nafisi afferma: "Oggi divertirmi, semplicemente divertirmi, mi è possibile al prezzo di sentirmi colpevole di un crimine non scoperto".
A noi risulta stupefacente che un'intellettuale della sua statura debba provar disagio e un subdolo senso di colpa in un'occupazione innocente come guardare un film, mangiare un toast al prosciutto, ascoltare musica rock, cucinare ricette "esotiche".
Questo malessere non è causato tanto dalla sua doppia natura, quanto da una dolorosa reazione all'indifferenza di sua madre, dovuta forse a invidia nei confronti di Azar, suo alter ego "riuscito" e realizzato in quel percorso di crescita individuale ed emancipazione che ella ha precocemente abbandonato, rifugiandosi in un soffocante microcosmo domestico per poi scaricare le sue frustrazioni sulla figlia che a soli quattro anni comincia già a manifestare i primi sintomi di ribellione all'interno delle case e dei profumati giardini di Teheran, in cui anche i rapporti tra carcerate e carcerieri sfumano in cerchi invisibili.

Concludiamo con una citazione tratta da "Leggere Lolita a Teheran", romanzo principe, dove l'intertestualità regna sovrana:
"L'unico modo di spezzare il cerchio e smettere di ballare con il carceriere è tentare di conservare la propria individualità, ciò che sfugge a ogni possibile descrizione eppure distingue ciascun essere umano dai suoi simili".

Aspettiamo quindi con ansia "Things i've been silent about", nella certezza che Azar non ci deluderà e ci regalerà non solo un bellissimo libro ma un toccante atto d'amore.

4 Commenti

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Lo scritto di Marzotto tocca uno dei temi più delicati della storia attuale, la condizione della donna, e in generale della società, in Iran e in altri paesi arabo-musulmani.
    Azar Nasifi è uno dei simboli di un movimento, forse ancora incerto ma in crescita, che all'interno di tali società rivendica diritti e libertà, che il sistema di potere continua a negare, nel nome di un' interpretazione di principi religiosi.
    La speranza è che, pur col massimo rispetto per la cultura e la religione musulmana, sulla scia di Azar e di altri, si possa arrivare a società arabe più libere, che garantiscano i diritti fondamentali stabiliti a livello internazionale.

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  3. Mi sono sempre piaciuti i circoli letterari. Mi piacerebbe essere anch'io un'insegnante che guida gli allievi nelle letture segrete e inconfessabili. In un paese come il nostro, così diverso, sarebbero le letture dimenticate e inattuali che però darebbero impulsi cerebrali paragonabili a quelli delle letture proibite da un regime.
    Cara Arianna, un forte abbraccio.

    Alexandra

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  4. Facciamolo allora io ci sto, e tu saresti una perfetta insegnante già lo sei.
    Un bacione,
    Ariel

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