Momento di dolore. Riparte il cammino del testamento biologico

di Valeria Del Forno

Eluana Englaro si è spenta ieri sera, in circostanze non ancora del tutto chiarite, nella casa di cura “La Quiete”. E’ la fine del calvario della ragazza in stato vegetativo da 17 anni, la cui vita è stata oggetto di una partita senza esclusione di colpi: dal braccio di ferro tra Governo e giudici, a considerazioni filosofiche, etiche, religiose ed interessi di parte travestiti da pietà.
E mentre oggi maggioranza e opposizione hanno trovato l'accordo su come proseguire l'iter del disegno di legge sul testamento biologico, su YouTube è valanga di testamenti biologici.


Distesa nel sonno della morte, Eluana è finalmente serena. Al prezzo più alto ha vinto la sua ultima battaglia e quella del padre. Un emblema, Eluana, non era più una donna. E’ tornata ad esserlo il giorno in cui si è calato il sipario. Allora è tornata quella ragazza, il cui sorriso di un tempo, trasmesso dagli organi di informazione, era ormai familiare a tutti noi e che davanti alla vicenda dell'amico Alessandro, caduto in coma dopo un incidente stradale, confidò che, secondo lei, sarebbe stato «meglio se fosse morto, perché quella non poteva considerarsi vita».

Riversa sul letto di una clinica, il mondo guardava il suo corpo. Niente silenzio e meditazione, ma dibattiti furiosi, guerre di religione, parole urlate, manifesti, striscioni, cortei di piazza. Un clamore assurdo.
Non abbiamo nessuna certezza che non captasse nulla di quello che le accadeva intorno ma l’unica certezza adesso è che Eluana riposa in pace. Non c’è un bambino che ha ereditato il suo sorriso ma rimane il dolore della famiglia che l’ha tanto amata, delle suore che l’hanno accudita per anni e quello generale che popola tra la gente. C’è lo shock di una morte annunciata ma quasi inaspettata come se la giovane donna dovesse rimanere in vita in eterno.

La notizia drammatica non placa però il dibattito politico. Il caso divide l'opinione pubblica. E non è questione di essere credenti o meno. Anche tra i non credenti c’era chi non accettava la soluzione di togliere la vita ad Eluana.
Chissà quante spiegazioni ci daranno i medici. Diciamo, semplicemente, che nessuno meglio di papà Beppino può sapere se è stato giusto staccare Eluana dall'ultimo brandello di vita.
Anche se molti ritengono errata la sua scelta, ciò non significa arrecarsi il diritto di giudicarlo. Ognuno di noi farà i conti con la propria coscienza, non siamo certo noi a doverlo condannare.

ORA PDL E PD PIU' VICINI SUL TESTAMENTO BIOLOGICO. NELL'ATTESA I CITTADINI SI AFFIDANO A YOUTUBE.
Proprio alla luce di questi fatti, mai come adesso si avverte un vuoto legislativo. Al momento ci ritroviamo, infatti, senza una legge che codifichi le ultime volontà di coloro che godono di buona salute ma che decidono di far sapere come vogliono essere trattate in certe situazioni drammatiche.

Il testamento biologico (detto anche: testamento di vita, dichiarazione anticipata di trattamento) è l'espressione della volontà da parte di una persona (testatore), fornita in condizioni di lucidità mentale, in merito alle terapie che intende o non intende accettare nell'eventualità in cui dovesse trovarsi nella condizione di incapacità di esprimere il proprio diritto di acconsentire o non acconsentire alle cure proposte (consenso informato) per malattie o lesioni traumatiche cerebrali irreversibili o invalidanti, malattie che costringano a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione.

La Costituzione della Repubblica Italiana stabilisce che nessuno possa essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge (art. 32) e l'Italia ha ratificato nel 2001 la Convenzione sui diritti umani e la biomedicina (L. 28 marzo 2001, n.145) di Oviedo del 1997 che stabilisce che i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell'intervento non è in grado di esprimere la propria volontà, saranno tenuti in considerazione.
È importante sottolineare, tuttavia, che nonostante la legge n. 145 del 2001 abbia autorizzato il Presidente della Repubblica a ratificare la Convenzione, tuttavia lo strumento di ratifica non è ancora depositato presso il Segretariato Generale del Consiglio d'Europa non essendo stati emanati i decreti legislativi previsti dalla legge per l'adattamento dell'ordinamento italiano ai principi e alle norme della Costituzione. Per questo motivo l'Italia non fa parte alla Convenzione di Oviedo.

A tal proposito, maggioranza e opposizione hanno trovato l'accordo su come proseguire l'iter parlamentare di discussione del disegno di legge sul testamento biologico. In tarda serata di ieri, Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd al Senato, chiedeva formalmente al governo di sospendere la discussione sul disegno di legge che sarebbe servito per riprendere l'alimentazione e l'idratazione di Eluana. La proposta era quella di riprendere il confronto sul testamento biologico nella Commissione Sanità di Palazzo Madama. Il sì a questa ipotesi e' venuto da Maurizio Sacconi, ministro del Welfare, che concorda sull'idea di riprendere la discussione sul testamento biologico dopo aver avuto il tempo per lavorare a un testo ampiamente condiviso. “Se la novità, come appare, e' costituita dalla disponibilità dell'opposizione a garantire un esame del provvedimento di regolazione della fine vita, penso sia accettabile l'ipotesi di avviare l'esame nelle prossime due settimane con l'impegno che il presidente del Senato voglia garantire un iter certo dei lavori”, ha detto il ministro Sacconi nell'Aula del Senato.

Intanto, sul legittimo dubbio che la Repubblica italiana su questi argomenti non riesca a decidere, libera dalle pressioni che arrivano dallo Stato Vaticano, un gran numero di cittadini italiani ha affidato a YouTube il proprio testamento biologico per evitare in futuro, nella spiacevole ipotesi di non essere più in grado di intendere e di volere, di subire l'accanimento terapeutico.
Sui motori di ricerca si può scaricare in formato Pdf un modulo da compilare. Antesignani in tal senso sono stati i responsabili della Fondazione Umberto Veronesi.
La formula è quella canonica, riconosciuta giuridicamente. Inizia con «io, sottoscritta» o «sottoscritto», cui si aggiungono un collage di decine di nomi. Segue l’attestazione di essere nel pieno delle proprie facoltà mentali, qualcuno aggiunge anche data ora, e precisa di godere di ottima salute. A questo punto si fa partire il “testamento biologico” filmato: «Qualora fossi affetto da una malattia allo stadio terminale, da una malattia o una lesione traumatica cerebrale e invalidante e irreversibile, da una malattia implicante l’utilizzo permanente di macchine o altri sistemi artificiali e tale da impedirmi una normale vita di relazione, non voglio più essere sottoposto ad alcun trattamento terapeutico». Infine la firma e il nickname. Per vedere i molteplici testamenti basta andare su http://www.youtube.it/ e digitare "testamento biologico".

In altri tempi, le proprie volontà venivano confidate a pochi intimi, o affidate, perché no, alle pagine di un diario. In entrambi i casi con la consapevolezza che, con buona probabilità, nessuno avrebbe saputo cosa farsene nel momento in cui fossero servite. I più arditi hanno cercato di unire le volontà, di fare una petizione, una raccolta firme, magari, per proporre una legge che regolasse il «fine vita». E invece niente. E’ giusto, invece, che ogni cittadino abbia giustizia in tale materia.

Non ho mai voluto trattare questo caso fino ad ora poiché ho sempre pensato che fosse una vicenda estremamente importante ma, prima di tutto, privata, pervasa da valori che sono fondamentali come il rispetto per il dramma dei genitori. Ma ci sono altrettanti valori importanti per la collettività che mi hanno spinto ad affrontare l’argomento, seppur per la prima ed ultima volta, poiché credo che Eluana sia già stata violentata troppo ed è ora che venga lasciata ai familiari, che hanno il diritto di vivere il dolore nella loro intimità.
Mi riferisco proprio al diritto alla vita e, forse, per alcuni, al diritto alla morte, diritti che riguardano tutti noi, che interrogano le nostre coscienze e il nostro ruolo civile.

E adesso la domanda tra noi è: “Se capitasse a me?” Perché Eluana è diventata un simbolo, una frattura, un precedente. Ci lascia delle domande alle quali forse non siamo pronti a rispondere.
Di certo a questa ragazza saremo sempre debitori: ci ha riportato ad indagare sul senso della vita e della morte, dilemma di grande spessore e risonanza piegato da tempo a logiche ben meno nobili, e a darci regole nuove perché storie come la sua, non tornino a dividerci in rabbiose fazioni.

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