di Chiara Di Salvo
Cristo degli Abissi – San Fruttuoso – nell’Area Marina protetta di Portofino.
Fin dalla sua costituzione, la funzione dell’UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization), in materia di beni culturali, si è realizzata attraverso la cooperazione internazionale nel campo scientifico, culturale ed educativo (come da art. 1 del suo Atto istituivo) e la promozione di accordi internazionali via via ratificati dagli stati membri delle Nazioni Unite e spesso anche da parte dei Paesi non aderenti.
E’ stata l’UNESCO che, con il proprio prestigio e con l’importante introduzione del riconoscimento di “Bene Patrimonio dell’Umanità ”, ha contribuito più di ogni altra istituzione a universalizzare il valore della cultura in tutte le sue manifestazioni.
Non dimenticando le tante, qualificate e meritevoli iniziative in materia di alfabetizzazione ed istruzione soprattutto a favore delle nazioni più povere, per restare nel campo della tutela dei beni culturali vanno ricordate le importantissime convenzioni internazionali concepite, concordate e sponsorizzate dall’UNESCO. Tra queste convenzioni si possono citare:
la “Convenzione de L’Aja” del 1954 in tema di protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato; la “Convenzione di Parigi” del 1970 per la ratifica delle misure internazionali da adottare per interdire l’illecita importazione, esportazione e trasferimento dei beni culturali; la “Convenzione di Parigi” del 1972, un accordo sulle misure di protezione in ambito internazionale del patrimonio culturale e naturale; la “Convenzione di Roma – UNIDROIT” del 1995 sugli obblighi di restituzione ai paesi d’origine dei beni culturali rubati o illecitamente esportati; la “Convenzione UNESCO sulla Protezione del Patrimonio Culturale Subacqueo” del 2001, che perfeziona la precedente “Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare – UNCLOS”, un accordo per proteggere il patrimonio culturale sommerso e in particolare i reperti archeologici e storici.
Proprio in riferimento alla tutela del patrimonio culturale sommerso, il 2 gennaio di quest’anno è finalmente entrata in vigore la Convenzione proposta nel 2001.
Si stabilisce così, una volta per tutte, che per patrimonio culturale subacqueo si intende “ogni traccia dell’esistenza umana che abbia un carattere culturale, storico o archeologico, che sia stata parzialmente o totalmente sott’acqua, in maniera periodica o continua per almeno 100 anni come: siti, strutture, edifici, artefatti e resti umani insieme con i loro contesti archeologici e naturali; navi aerei, altri veicoli o una qualsiasi parte di essi, del loro carico o altro contenuto insieme con il loro contesto archeologico e natuale; oggetti di carattere preistorico” (Art. 1, Convenzione).
La Convenzione non entra nel merito della proprietà del patrimonio sommerso né è volta a pregiudicare la giurisdizione o la sovranità dei singoli Stati ma stabilisce le regole per lo svolgimento delle attività nei siti sottomarini, regole ampiamente condivise dal mondo dell’archeologia.
Credo sia veramente importante che, dopo 8 anni di attese, sia entrata in vigore questa Convenzione che, a livello internazionale, tenterà di contrastare le sempre più frequenti e dannose azioni piratesche nei fondali che scaricano poi sul mercato archeologia di contrabbando.
Questa Convenzione, che Robert Grenier (Presidente dell’ICOMOS, Comitato Internazionale per il Patrimonio Subacqueo) nel 2001 definì come « un dono dal cielo per gli archeologi subacquei », è finalmente attiva grazie alle Barbados che, il 2 ottobre del 2008, hanno ratificato il Documento portando il numero degli Stati firmatari a 20 (numero minimo necessario per l’entrata in vigore della Convenzione)
Per concludere, considerando che l’Italia presenta anche un vasto patrimonio sommerso, devo fare presente che non è presente la firma del nostro Paese nella Convenzione.
In ordine troviamo, oltre alle citate Barbados: Bulgaria e Panama (2003); Croazia (2004); Spagna, Libia e Nigeria (2005); Portogallo, Ecuador, Paraguay, Messico, Lituania e Ucraina (2006); Cambogia, Libano, Romania e Saint Lucia (2007); Montenegro e Slovenia (2008).
Non stupisca l’assenza della Russia, perché preoccupata per i suoi sottomarini e le sue navi affondate nei mari di tutto il mondo che fra pochi anni potrebbero, per età , entrare a far parte del patrimonio culturale subacqueo; o degli Stati Uniti che, va da sé, hanno un potere economico-gestionale mondiale.
Stupisca invece la mancata risposta all’appello dell’Italia che, sebbene soggetta da sempre ad azioni di pirateria, tarda a ratificare la Convenzione.
Il motivo, purtroppo, è da ricercare in forze che superano la semplice politica interna e che si proiettano verso interessi internazionali; quegli interessi che, purtroppo, spesso ai cittadini sfuggono.
Cristo degli Abissi – San Fruttuoso – nell’Area Marina protetta di Portofino.
Dopo la seconda guerra mondiale, al momento di fondare un nuovo ordine internazionale, si prese coscienza del fatto che era necessario riconoscere che la vita intellettuale, il miglioramento dei sistemi educativi e lo sviluppo della comprensione fra i popoli mediante i metodi e le tecniche appropriate, dovessero avere una parte essenziale nell’organizzazione della cooperazione internazionale.
Fin dalla sua costituzione, la funzione dell’UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization), in materia di beni culturali, si è realizzata attraverso la cooperazione internazionale nel campo scientifico, culturale ed educativo (come da art. 1 del suo Atto istituivo) e la promozione di accordi internazionali via via ratificati dagli stati membri delle Nazioni Unite e spesso anche da parte dei Paesi non aderenti.
E’ stata l’UNESCO che, con il proprio prestigio e con l’importante introduzione del riconoscimento di “Bene Patrimonio dell’Umanità ”, ha contribuito più di ogni altra istituzione a universalizzare il valore della cultura in tutte le sue manifestazioni.
Non dimenticando le tante, qualificate e meritevoli iniziative in materia di alfabetizzazione ed istruzione soprattutto a favore delle nazioni più povere, per restare nel campo della tutela dei beni culturali vanno ricordate le importantissime convenzioni internazionali concepite, concordate e sponsorizzate dall’UNESCO. Tra queste convenzioni si possono citare:
la “Convenzione de L’Aja” del 1954 in tema di protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato; la “Convenzione di Parigi” del 1970 per la ratifica delle misure internazionali da adottare per interdire l’illecita importazione, esportazione e trasferimento dei beni culturali; la “Convenzione di Parigi” del 1972, un accordo sulle misure di protezione in ambito internazionale del patrimonio culturale e naturale; la “Convenzione di Roma – UNIDROIT” del 1995 sugli obblighi di restituzione ai paesi d’origine dei beni culturali rubati o illecitamente esportati; la “Convenzione UNESCO sulla Protezione del Patrimonio Culturale Subacqueo” del 2001, che perfeziona la precedente “Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare – UNCLOS”, un accordo per proteggere il patrimonio culturale sommerso e in particolare i reperti archeologici e storici.
Proprio in riferimento alla tutela del patrimonio culturale sommerso, il 2 gennaio di quest’anno è finalmente entrata in vigore la Convenzione proposta nel 2001.
Si stabilisce così, una volta per tutte, che per patrimonio culturale subacqueo si intende “ogni traccia dell’esistenza umana che abbia un carattere culturale, storico o archeologico, che sia stata parzialmente o totalmente sott’acqua, in maniera periodica o continua per almeno 100 anni come: siti, strutture, edifici, artefatti e resti umani insieme con i loro contesti archeologici e naturali; navi aerei, altri veicoli o una qualsiasi parte di essi, del loro carico o altro contenuto insieme con il loro contesto archeologico e natuale; oggetti di carattere preistorico” (Art. 1, Convenzione).
La Convenzione non entra nel merito della proprietà del patrimonio sommerso né è volta a pregiudicare la giurisdizione o la sovranità dei singoli Stati ma stabilisce le regole per lo svolgimento delle attività nei siti sottomarini, regole ampiamente condivise dal mondo dell’archeologia.
Credo sia veramente importante che, dopo 8 anni di attese, sia entrata in vigore questa Convenzione che, a livello internazionale, tenterà di contrastare le sempre più frequenti e dannose azioni piratesche nei fondali che scaricano poi sul mercato archeologia di contrabbando.
Questa Convenzione, che Robert Grenier (Presidente dell’ICOMOS, Comitato Internazionale per il Patrimonio Subacqueo) nel 2001 definì come « un dono dal cielo per gli archeologi subacquei », è finalmente attiva grazie alle Barbados che, il 2 ottobre del 2008, hanno ratificato il Documento portando il numero degli Stati firmatari a 20 (numero minimo necessario per l’entrata in vigore della Convenzione)
Per concludere, considerando che l’Italia presenta anche un vasto patrimonio sommerso, devo fare presente che non è presente la firma del nostro Paese nella Convenzione.
In ordine troviamo, oltre alle citate Barbados: Bulgaria e Panama (2003); Croazia (2004); Spagna, Libia e Nigeria (2005); Portogallo, Ecuador, Paraguay, Messico, Lituania e Ucraina (2006); Cambogia, Libano, Romania e Saint Lucia (2007); Montenegro e Slovenia (2008).
Non stupisca l’assenza della Russia, perché preoccupata per i suoi sottomarini e le sue navi affondate nei mari di tutto il mondo che fra pochi anni potrebbero, per età , entrare a far parte del patrimonio culturale subacqueo; o degli Stati Uniti che, va da sé, hanno un potere economico-gestionale mondiale.
Stupisca invece la mancata risposta all’appello dell’Italia che, sebbene soggetta da sempre ad azioni di pirateria, tarda a ratificare la Convenzione.
Il motivo, purtroppo, è da ricercare in forze che superano la semplice politica interna e che si proiettano verso interessi internazionali; quegli interessi che, purtroppo, spesso ai cittadini sfuggono.
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