Un’estate al mare Il ritorno del comico vacanziero




di Gordiano Lupi



Regia: Carlo Vanzina. Soggetto e Sceneggiatura: Carlo, Enrico Vanzina ed Enrico
Verde. Fotografia: Claudio Zamarion. Montaggio: Raimondo Crociani. Musica:
Manuel De Sica e Luigi Mas. Scenografia: Serena Alberi. Costumi: Nicoletta
Ercole. Distribuzione Medusa. Interpreti: Lino Banfi, Enrico Brignano, Ezio
Greggio, Nancy Brilli, Anna Falchi, Massimo Ceccherini, Maurizo Micheli, Luigi
Proietti, Alessandro Paci, Enzo Salvi, Biagio Izzo, Victoria Silvstedt, Alena
Seredova, Marisa Jara, Riccardo Rossi, Paola Minaccioni.

I fratelli Vanzina tentano di riportare in auge la commedia balneare e ci riescono fino a un certo punto, confezionando un prodotto gradevole, ma senza scavare nella profondità della realtà. È proprio questo il limite del loro cinema, lontano anni luce dalla commedia all’italiana classica che spesso citano, ma che sapeva graffiare ed era capace affondare il bisturi impietoso nelle ferite della società contemporanea.

Un’estate al mare comincia sulle note dalla canzone di Giuni Russo, che funge da sigla di apertura insieme a un delizioso cartone animato stile anni Ottanta, e si snoda in sette episodi non uniformi come resa comico - stilistica: Il conte di Montecristo, Saracinesca, Traffico sulla Pontina, Il giovedì, Extra large, L’isola dell’amore e La signora delle camelie.
Gli episodi sono legati dall’esile collante dell’ambientazione balneare e dalla voce narrante di Luigi Proietti, nei panni di un comico doppiatore che sbaglia accenti e parole.
Il conte di Montecristo è un buon episodio con protagonista Lino Banfi, nei panni del personaggio pugliese portato al successo nella commedia erotica, e Victoria Silvstedt, bellezza prorompente che non ha niente da invidiare alle sexy dive anni Settanta. Si racconta la storia di un emigrante, partito povero e cornuto, che torna al paese da vincitore, sfoggiando una finta moglie (in realtà un transessuale) e un assegno di 175.000 euro da donare all’ospedale. In realtà si tratta di un povero pizzaiolo che ha esercitato i mestieri più umili e non ha fatto fortuna, ma per lui è importante che i concittadini lo credano ricco e fortunato. Nell’episodio si nota la citazione di una famosa scena della commedia sexy, che vedeva protagonisti Lino Banfi e Nadia Cassini ne
L’insegnante balla… con tutta la classe (1979) di Giuliano Carnimeo, anche se oggetto del massaggio ai glutei è la bella Silvstedt. L’intero episodio è giocato sull’umorismo pugliese del Banfi vecchia maniera, cose tipo pizza italiena porca puttena, il buono a nulla cornificheto è diventato ricco e sfondeto. Banfi torna su registri drammatici stile Nonno Libero e recenti sceneggiati televisivi quando la sorella scopre la realtà della finta ricchezza e della moglie a contratto, assoldata solo per essere esibita. “Trent’anni di merda ho passato, ma tornare al paesello da vincitore era il mio sogno…” mormora tra le lacrime. Molto bravo, non c’è che dire. Si spera che la critica paludata riveda il giudizio globale su Lino Banfi, ottimo attore sin dai tempi della vituperata commedia sexy. L’episodio presenta un rapido accenno di critica sociale nella battuta iniziale: “Al posto della pasticceria hanno costruito un Centro Tim. Ormai sono ovunque….”. Vittoria Silvstedt ricorda le bellezze discinte della commedia sexy, esibisce un conturbante fascino nordico, la vediamo sfoggiare un babydoll di pizzo nero durante una finta scena di sesso e costumi ridotti sulla spiaggia, ma non concede nudità eccessive.
Saracinesca è un episodio molto più debole di argomento calcistico - balneare, girato a Forte dei Marmi e recitato in toscano da Massimo Ceccherini e Alessandro Paci. La bellezza di turno è Marisa Jara, anche lei molto castigata, nei panni della fidanzata di Manzanas, il portiere del Real Madrid, insidiato da un tifoso viola che vuol sapere se firmerà per la Fiorentina. L’equivoco è totale, perché la fidanzata va a letto con Ceccherini, convinta di essere l’oggetto delle sue attenzioni, il tifoso ne busca di santa ragione e sfuma il passaggio in viola del portiere. La comicità è stentata, poco originale, recitata sui toni demenziali della coppia toscana, a colpi di Viagra, equivoci, battutacce e doppi sensi.
Traffico sulla Pontina è un episodio ancora più fiacco e vede protagonisti Enrico Brignano e Nancy Brilly, nei panni di due amanti che restano chiusi in ascensore un venerdì 13 agosto, riescono a telefonare ai rispettivi coniugi per avvisare del ritardo e questi ultimi ne approfittano per fare l’amore in barca a Porto San Felice. L’episodio cita L’ascensore di Luigi Comencini, tratto da Quelle strane occasioni (1976) di Loy, Magni e Comencini, interpretato da Alberto Sordi e Stefania Sandrelli. La situazione è diversa, perché non vediamo un prete e una ragazza, ma alcune circostanze ricordano la situazione, soprattutto il ferragosto in ascensore e la vicinanza forzata, che in questo caso produce una lite e non un rapporto sessuale. Altro momento di critica sociale: il telefonino visto come l’oggetto più importante, da salvaguardare a ogni costo, da proteggere, come la cosa che più conta nella vita.
L’isola dell’amore è un buon episodio che si avvale della bravura di Biagio Izzo, finto omosessuale per vendere più oggetti di antiquariato e arredare ville di ricconi a Capri. La bella di turno è Alena Seredova, moglie di un ricco statunitense, che la trascura al punto di farle venire voglia di far l’amore con un gay. Izzo si fa chiamare Dudù, arreda la villa dell’americano, riceve un cospicuo compenso per salvaguardare la moglie dalle avances dei pappagalli, ma finisce a letto con lei.
La location è stupenda, perché la storia è girata tra Faraglioni, Piazzetta e Quisisana, mentre sullo sfondo si nota il golfo di Sorrento. L’episodio - soltanto per il fatto di essere girato a Capri - ricorda molte commedie anni Cinquanta e Sessanta. Da notare una rapida citazione di Malizia con la Seredova che sale sulla scala e mostra le gambe a un allupato Biagio Izzo. Il finale a sorpresa fa capire che il marito della Seredova è davvero omosessuale. A Izzo non resta che darsi alla fuga: “Pure a lui piace il mattarello!”.
Prima del nuovo episodio va citato un intermezzo divertente di Proietti doppiatore che non riesce a pronunciare la battuta: “Forse però Pietro potrà proteggerla”. “Ma chi cazzo l’ha scritta questa battuta? dice esasperato. Alla fine ce la fa, ma ormai è tardi. La frase è contenuta in un film russo che ha vinto a Cannes, sul quale i Vanzina scaricano tutto il loro livore anti intellettuale: “Un capolavoro. Du’ palle…”
Il giovedì è un altro episodio scarso, ambientato a Ostia, che vede protagonista Enzo Salvi nella consueta (e ormai alla frutta) interpretazione da coatto. In questa storia è un padre divorziato che ogni giovedì si vede con il figlio, lo porta al mare e inventa balle su balle per far colpo. Il figlio resta deluso quando comprende la verità: l’auto non è del padre, non è vero che conosce Francesco Totti, sta solo dicendo colossali bugie. Da citare una breve apparizione del bravo Maurizio Mattioli nei panni del macellaio Pupone, il finto Totti delle telefonate paterne, in realtà destinatario di feroci scherzi. Immancabile la battuta da coatto di Salvi: “Mamma mia come sto’…” che ha davvero stancato.
Extra large è un episodio abbastanza prevedibile che vede Ezio Greggio nei panni del ragioniere Ugo Persichetti, sposato con Ada, una cantante lirica cicciona che mangia in continuazione. La coppia va in vacanza a Ischia, dove il ragioniere cerca di incontrare l’amante, una giovane violinista di nome Cosima interpretata da Anna Falchi. La comicità è a base di lassativi e flatulenze, mentre una velata parte sexy è affidata ad Anna Falchi che si produce in un paio di sequenze erotiche piuttosto caste. Il finale vede Ezio Greggio riprendersi la moglie, mentre la Falchi fugge con un tenore per far carriera. L’antefatto dell’episodio, interpretato da Proietti, cita una vecchia battuta di Tomas Milian prelevata da un Nico Giraldi movie girato da Bruno Corbucci: “A Ischia dove si mangia, si beve e si fischia. Non come a Giava dove si mangia, si beve e si…”. Agli spettatori non resta che fare un piccolo sforzo di fantasia per completare la frase. Citazione rapida anche per Luna di fiele (1992) di Roman Polanski, contenuta in una battuta di Ezio Geggio che così definisce la luna di miele con la grassona.
L’ultimo episodio, ambientato in Sardegna, è il migliore e vale l’intero film. Merito anche di un vecchio soggetto di Dino Verde che ha per tema La signora delle Camelie. Mattatore assoluto è il doppiatore Luigi Proietti, attore smemorato che sostituisce Maurizio Micheli nella parte del conte Duvall in una rappresentazione del romanzo di Dumas. Proietti non ricorda il soggetto e si fa aiutare da un suggeritore, ma il gioco comico sta nella conversione delle battute in frasi assurde (ch’è mignotta e mignotta resterà…) che mandano in delirio gli spettatori. La commedia decreta il successo di Proietti, attore dell’estate, e la rabbia di Micheli che si rimprovera la malattia e di averlo indicato come sostituto. L’episodio gode di grandi tempi comici, battute frizzanti alla Petrolini ed è un esempio da non sottovalutare di teatro comico nel cinema.
Un’estate al mare è un esempio classico del cinema dei Vanzina, un prodotto ibrido a metà strada tra televisione e grande schermo, comico ma innocuo, indeciso sui temi importanti, citazionista ma senza rischiare e soprattutto senza andare oltre il semplice omaggio al passato. Il cinema dei Vanzina resta l’ultimo baluardo della commedia all’italiana, ma non presenta la genialità di autori come Steno, Risi e Monicelli, e neppure l’inventiva di artigiani come Carnimeo, Cicero, Martino e Girolami.

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