di Bartolo Lorefice
Il sindaco di Catania Raffaele Stancanelli ha trovato un modo curioso per rispondere alla crisi che attanaglia la città dell’Etna: ingrassare le banche con i soldi dei contribuenti.
Mirabile l’eleganza stilistica che egli utilizza nella sua “relazione sullo stato della città di Catania”( della quale egli è primo cittadino da, ormai, quasi un anno: tante belle chiacchiere, in perfetto stile propagandistico, nella miglior stile che egli ha appreso dal medico personale di Silvio Berlusconi, suo predecessore nella carica di sindaco dei catanesi. Quelli che invece scarseggiano nell’opera magna di Stanchenelli sono i numeri, quelli che poi hanno una reale rilevanza, davvero pochi, anche se molto significativi.
Prima fra tutti, la curiosa vicenda del pacco dono straordinario di 140 milioni che il “meno-male-che-Silvio-c’è” ha offerto all’amico azzurro Raffaele. Tante le ombre, denunciate da molta parte della società civile e dei movimenti politici della città, che gravano sui canali che l’amministrazione ha intrapreso per spendere la non indifferente somma venuta da Roma.
Stancanelli si vanta poi, di avere dato esempi di "buona amministrazione”; ma questa definizione stride con gli effetti di un operato amministrativo che appaiono piuttosto come la dimostrazione di un disastro che si aggrava senza soluzioni.
Forse è utile ricordare che Stancanelli non è un novellino dell’amministrazione della cosa pubblica, egli è stato assessore regionale agli Enti Locali; il suo pesante passato rende risibili, dunque, le sue ripetute affermazioni di irresponsabilità sul “disastro Catania”
Egli afferma si essere vittima del “buco”, un bel deficit di 357 milioni che avrebbe trovato al suo insediamento e che, alla data della sua "relazione", tale debito si è ridotto a 285 milioni, con una riduzione quindi di 72 milioni di euro. Ottima cosa, sembrerebbe. Peccato che poi, proseguendo, ci comunica anche che nel corso di questi dieci mesi ha pagato rate di mutui per 54 milioni e abbattuto anticipazioni bancarie per altri 101 milioni!!! Cioè, a fronte di un "risparmio" di 72 milioni, ben 155 milioni di soldi cittadini sono andati ad arricchire le banche che, probabilmente, con le loro estroverse proposte di finanza creativa e la spudorata violazione delle regole del merito creditizio, sono le autentiche cause del disastro della città di Sant’Agata.
Dunque la verità è che questa amministrazione continua a sottrarre risorse agli investimenti strutturali, al welfare, ai cittadini onesti che pagano le tasse senza ottenere servizi (o, quando li ottengono, sono di qualità scadente), continuando a far soffrire fornitori e dipendenti in attesa di pagamenti che arriveranno chissà quando, per continuare ad ingrassare entità lontane e ingorde di denaro come le banche.
Con questi dati alla mano, qualcuno ha il coraggio di spiegare in che senso questa dovrebbe essere “buona amministrazione? Invece di andare alla ricerca di “aiutini” governativi per tamponare falle, non sarebbe stato più utile ed etico individuare e pianificare strategie condivise con le forze attive e sane della città, per giungere ad un consolidamento dei debiti con le banche e concentrare tutte le risorse disponibili per dare ossigeno ad un tessuto sociale ormai disperato? Chi si sta assumendo la responsabilità politica di affamare intere categorie di cittadini ed imprese per soddisfare le banche?
Ma forse tutto ciò è chiedere troppo… La politica, quando è arrogante, è sorda alle istanze dei deboli e sensibilissima nell’ascoltare quelle dei forti.
Che belle personcine!
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L'Orto di Rosanna
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