LA NARRAZIONE DI FIABE IN AFRICA



di Rosa Tiziana Bruno

L’arte e la funzione del narrare, in Africa, sono affidati al griot, che nell’antichità rappresentava la casta nobile. Egli era il consigliere del re, il “saggio per eccellenza”, da consultare prima di ogni decisione importante.

Attualmente la funzione politica del griot è notevolmente diminuita, tuttavia continua a essere il cantastorie per eccellenza, il depositario di un sapere che viene ancora tramandato di generazione in generazione.
Nelle società africane il sapere non appartiene al singolo filosofo, intellettuale, individuo; è patrimonio della comunità. In generale quindi, il griot e gli anziani hanno soltanto il compito di controllare che la tradizione e i valori della cultura vengano tramandati, senza che nessuno se ne prenda il merito se non gli antenati, coloro che hanno tracciato le strade che ancor oggi l’Africa percorre. “Il più grande libro è il popolo”, capace di esprimere la “logica della vita”, la scienza della vita riflessa, di superare la dicotomia anima e corpo.

La narrazione africana è punteggiata dalla ripetizione, caratteristica dominante della tradizione orale, dettata dal desiderio del narratore di enfatizzare certe parti o di costruire una cornice entro la quale trasmettere le emozioni dei protagonisti della storia. Il narratore può introdurre delle varianti al racconto, ma deve superare la censura della collettività, impegnata a mantenere fedele la tradizione e la sua interpretazione. Superata la censura iniziale, i racconti, così come i miti e le fiabe, diventano eventi irripetibili: la loro funzione e produzione non sono mai identici; cambiando il narratore e l’uditorio si ri-crea il testo.

Ogni volta che si racconta una fiaba tutte le cose vengono riordinate, il bene e il male, la giustizia e l’ingiustizia, il mondo ricreato. La forma del racconto ha, nella tradizione orale, un’importanza vitale. La voce è il supporto tecnico della narrazione, che crea la relazione con il pubblico. Aforismi, indovinelli, nenie, filastrocche anticipano il racconto di una fiaba, sono un vero e proprio rito propiziatorio. Semplici ritornelli si alternano a domande poste agli interlocutori creando sorpresa, enfasi, l’incanto del momento.

A poco a poco nasce un ritmo che provoca emozioni, i suoni aumentano gradatamente d’intensità finché ci si lascia andare a questa dimensione oltre il tempo e oltre lo spazio, che allude all’eternità, caratteristica fondamentale della fiaba. Altri elementi contestuali aiutano a raggiungere l’impatto comunicativo e la pienezza di significato, come l’accompagnamento strumentale o il semplice battito di mani, che stabilizza il ritmo delle parole. La danza e il ritmo sono elementi fondamentali per creare suggestione, dando avvio all’energia creativa dell’artista improvvisatore.

L’arte e la funzione del narrare, in Africa, sono essenzialmente compito del griot, ma anche degli anziani, dei capi tribù e delle donne, vere depositarie del patrimonio favolistico. A volte, in momenti particolari dell’anno, pescatori o membri di certe confraternite hanno questo stesso compito. Tuttavia è la comunità intera a produrre e consumare fiabe perché tutti gli attori sociali sono coinvolti nella ri-creazione dei testi e nella dinamica del racconto/ascolto.

In ogni situazione il narratore riveste un ruolo di grande importanza sociale, perché porta con sé i doni della memoria e della voce, ha la capacità di far sentire coesi i membri del gruppo e partecipa alla costruzione della identità del gruppo.

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