Arriva il weekend dei referendum: cosa cambia se vince il sì

di Valeria Del Forno


Foto: Valeria Del Forno, 2009

Oltre 50 milioni di italiani sono di nuovo chiamati alle urne domenica e lunedì. Si vota sui tre quesiti del referendum sulla legge elettorale che riguardano il premio di maggioranza, che andrebbe al partito e non alla coalizione, e l'impossibilità della pluricandidatura.


Urne di nuovo aperte. Il 21 e il 22 giugno c’è il referendum quello previsto all’art. 75 della Costituzione. In essa si legge:“È indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali” .
La normativa in questione è quella elettorale. Attualmente prevede un sistema proporzionale con premio di maggioranza attribuito su base nazionale alla Camera dei Deputati e su base regionale al Senato.

I quesiti referendari. Chi andrà al seggio si troverà davanti tre schede (ricordiamo che in Italia il referendum è solo abrogativo). Le schede sono semplici perché contengono solo due opzioni: "sì" (per l'abrogazione) e "no" (contro). Ma i quesiti, al contrario, risultano lunghissimi e complessi perché fanno riferimento a diversi articoli di legge, o parti di articoli, da abrogare.

Le prime due schede pongono un quesito identico relativo all’assegnazione del premio di maggioranza, uno attribuito alla Camera, l’altro al Senato. Attualmente è destinato alla coalizione che ottiene più voti. Se prevalesse il sì nel primo quesito (scheda viola) verrebbe abolita la possibilità del collegamento tra le liste. Il premio di maggioranza alla Camera andrebbe così non più alla coalizione ma solo alla singola lista che ottiene il maggior numero di seggi, che dunque avrebbe da sola la maggioranza per governare. Lo stesso quesito prevede l’innalzamento della soglia di sbarramento per avere una rappresentanza parlamentare del 4 % a Montecitorio.
In caso di vittoria dei sì nel secondo quesito (scheda beige), il premio di maggioranza al Senato verrebbe anch’esso attribuito alla lista che ottiene più seggi su base nazionale. Per Palazzo Madama la soglia di sbarramento si alzerebbe all’8%.

Evidenti gli effetti politici di una vittoria dei sì: l'impossibilità di coalizzarsi, combinata con il premio di maggioranza al partito più forte e con le nuove soglie, significherebbe la fine degli "accordi di programma" tra le diverse forze, il taglio netto delle "ali", sulla destra e sulla sinistra, e la radicale semplificazione del quadro parlamentare post-elettorale.

La terza scheda (scheda verde) si riferisce alle candidature multiple. Con le regole vigenti è possibile presentarsi ed essere eletti contemporaneamente in più circoscrizioni per poi scegliere, dopo il voto, quella da rappresentare in Parlamento. Così nel collegio o nei collegi scartati subentra “il primo dei non eletti”, vale a dire colui che non ha conquistato abbastanza voti ma entra in Parlamento in virtù dell'obbligata rinuncia del pluricandidato al suo seggio.
Se vincessero i sì questo sistema verrebbe a cadere: le "candidature multiple" sarebbero vietate sia alla Camera che al Senato. Dal punto di vista politico il sì a questo terzo quesito comporterebbe una minore capacità dei leader locali e nazionali di gestire e influenzare i singoli parlamentari giunti alle Camere attraverso la scelta del candidato "forte" eletto in più circoscrizioni. Secondo i promotori del referendum, il sistema vigente è, per l’appunto, usato dai “big” per fare “l’acchiappa voti“.

Tutto è comunque subordinato al raggiungimento del quorum. I referendum saranno validi solo se almeno il 50% più uno degli elettori avrà ritirato la scheda. Non ha importanza, da questo punto di vista, se voteranno bianca o nulla. La metà più uno degli aventi diritto non dovrà quindi mancare all’appuntamento.

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