Nutrirsi di musica

Giuseppe Gavazza

Nutrirsi di musica

La copertina della stagione di concerti 2009-2010 dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI di Torino è accattivante: una giovane donna addenta un buon vecchio violino allo slogan “Affamati di musica”. Anche lo slogan all'interno, mutuato dalla scorsa stagione, mi piace: “La musica colta sul fatto”.

Nell'introduzione del direttore artistico, Cesare Mazzonis si legge: “ …..il pubblico diminuisce. E non vi è ricambio. (…) Cerchiamo per l'intanto di ovviare proponendo con maggiore frequenza il cosiddetto “grande repertorio”.
Il “cosiddetto grande repertorio” è tale per essere quello di più frequente esecuzione e se il pubblico è diminuito lo ha fatto proprio sulle proposte di quel repertorio. Si tenta di curare il sintomo con le cause del malanno e non mi sembra una buona idea. Non credo si possano applicare i principi dei vaccini o dell'omeopatia (Similia similibus curantur) a meno di fare una stagione di pochissimi concerti di pochissimi minuti per indurre una benefica reazione nel pubblico-organismo. Un'idea rischiosa che potrebbe anche funzionare, certo in sintonia con i tagli nei finanziamenti, ma chi avrebbe il coraggio di sostenerla?

Far crescere il pubblico (e ringiovanirlo, non solo come investimento) non è un problema di repertorio: lo sarebbe sicuramente su una base di ascoltatori potenziali,almeno in parte “colta”; ma questo è un problema della scuola e dell'educazione e può essere alleviato ma non risolto da un'istituzione concertistica.
E' anche, credo sopratutto, un problema di marketing.

Ho letto recentemente sulla copertina di un libro : “La gallina fa l'uovo e poi dice "coccodé. E' lei che ha inventato il marketing”. Il libro tratta di Oscar Farinetti.

Almeno quattro grandi talenti del marketing a livello mondiale agiscono in zona piemontese (in provincia granda, Cuneo): Pietro Ferrero che nel 1944, inventando la Nutella ha fatto uno dei rarissimi brand italiani il cui nome, in tutto il mondo, è sinonimo del prodotto; Angelo Gaja che ha “osato” mettere i vini piemontesi e, di conseguenza, italiani a confronto con gli intoccabili francesi; Carlin Petrini, che ha inventato la filosofia dello Slow Food (e il Salone del gusto e Terra madre) ed Oscar Farinetti – appunto - che da Unieuro a Eataly ha saputo diventare un guru dell'imprenditoria innovativa.

Non a caso, forse, si occupano di nutrimento: chi avrebbe immaginato che la Nocciola gentile del Piemonte coniugata con l'esotico cacao, l'austero e nobile Nebbiolo delle colline di Barbaresco, i fragili sconosciuti presidiati Slow Food da remoti villaggi in via d'estinzione, lo spaccio di “cibo buono, intelligente e sostenibile” nello storico Palazzo Carpano di Torino (che sta per clonarsi ingrandito a Tokyo, New York, Mosca, Bologna, Siena, Genova, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Palermo, Bari, Milano) sarebbero diventate stelle planetarie ?

Ottimi prodotti tutti quanti, come tanti altri che sono scomparsi o ancora sconosciuti. Il successo non è (solo) merito di ingredienti o repertori: quelli devono esser inattaccabilmente di alto livello, ma non basta.

Il mio mestiere non è quello del direttore artistico e neppure sono esperto di marketing; non so proprio cosa farei io per risolvere il problema. Forse chiederei un consiglio amichevole o professionale a qualche specialista di talento; forse uno dei magnifici quattro di cui sopra saprebbe inventare qualcosa per invertire la tendenza del pubblico. Ma penserei intanto a rinnovare il repertorio, pur sapendo che non basta.

Non me la sento di fare mia la posizione del grande misantropico Thomas Bernhard:
La gente si sa va nei musei unicamente perché le é stato detto che una persona di cultura deve visitare i musei, non per interesse, la gente non ha alcun interesse per l'arte, in ogni caso il novantanove per cento dell'umanità non ha per l'arte il benché minimo interesse” (T.Bernard, Antichi maestri, Adelphi Milano 1992, p.13)

ma anche se la scuola iniziasse a fare molto per la musica (e non lo fa e sta andando sempre peggio) ci vorrebbero anni per raccogliere i frutti e intanto potremmo tentare di ovviare alla diminuzione del pubblico tentando qualche cosa di più di una bella copertina ed uno slogan accattivante per riempire le sale di persone “ignoranti” : rinnovare il pubblico non significa proprio questo?
Sarebbe comunque un successo e dopo un po', oltre che soddisfatti, sarebbero tutti un po' meno ignoranti.

Giuseppe Gavazza

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