LA NARRAZIONE DI FIABE IN AFRICA: dove, quando, come

di Rosa Tiziana Bruno


Come per tutte le tradizioni popolari del mondo, anche per quella africana il momento privilegiato del racconto è la sera. Si scelgono, in oreferenza, le notti di luna piena…quasi per ringraziare il cosmo che rischiara la notte e allontana le angosce.

L'atmosfera che precede il racconto di una fiaba è speciale. Soprattutto fra i Tuareg. Brugnatelli l’ha ben descritta, raccogliendo le testimonianze di persone appartenenti a tale etnia:

“Eravamo tutti seduti intorno al fuoco con i cugini, le cugine, le zie e il vecchio zio malconcio e ripiegato nella sua lunga jallaba rappezzata. Le braci del focolare liberavano il loro ultimo calore, esauste per lo sforzo costante imposto dalle donne. Questo calore serviva per cucinare i nostri pasti ma anche per il conforto di tutti noi.

La sera, dopo cena, mia zia ci distribuiva una manciata di fichi che ci asciugavano sulle labbra il gusto del pasto. (…) Col lembo del vestito la zia ripuliva i resti di sugo sui visetti rotondi e spensierati dei bimbi, i quali attendevano che la sua voce si levasse nel silenzio e nella quiete della veglia.

Allora la voce faceva risonare alta la formula iniziale: "Amashaho!..." Sapevamo che a partire da quel momento ci si sarebbero spalancate le porte di un mondo immaginario e fatato. I nostri corpi si stringevano l'uno all'altro, perché l'abitudine ci aveva insegnato che un'orchessa poteva saltar fuori in ogni momento, in questi racconti, abitati dallo strano e dal meraviglioso, e in cui gli uomini e gli animali parlano la stessa lingua e si contendono il posto migliore.

Il racconto della Mucca degli orfanelli ci strappava le lacrime, tanto erano tesi i fili della loro avventura. Jubà, per la sua furbizia era ai nostri occhi non solo l'eroe della leggenda ma un vero eroe nazionale, a tal punto lo consideravamo parte del mondo reale. Ne apprezzavamo sfacciataggine, l'astuzia e l'intelligenza”[1]

Fin dalle prime parole, la fiaba africana introduce in un’atmosfera magica e ballerina. Ad esempio le fiabe arabe del Nord iniziano quasi sempre affermando e negando alle stesso tempo, preannunciando racconti sospesi in tempi e luoghi indeterminati:

Kan ma kan fiq adim azzaman…
c’era non c’era nell’antichità dei tempi…

Kan ma kan la han wa la han…
C’era non c’era né qui, né altrove…

Altre volte sono precedute da invocazioni allo spirito propiziatorio di Allah:

Sia gloria all’Altissimo Signore Allah che è grande
che guida il mio cuore mentre racconto un fatto incantato
successo nel tempo lontano passato…!

Ecco un racconto di magie e meraviglie,
che Dio lo renda piacevole a voi figli e figlie,
sia la mia strada come un nastro di seta
che si svolge e rende la sera lieta…
…e là li lasciamo vivere in allegria
possa Iddio benedire la vostra sorte e la mia.

La mia storia ha seguito il torrente,
l’ho raccontata a tanta gente
in onore del Dio misericordioso
che perdona il cuore generoso.

Le formule di chiusura sono anch’esse particolari e differenti da quelle europee:

Ed è dalla foresta che la mia fiaba è partita, per bagnarsi nel mare,
il primo che la incontrerà, in paradiso andrà!
Qui la storia finisce e il prossimo naso che l’annuserà andrà all’inferno!
E il re rimase solo a guardare il cielo!
Ed è a questo punto che la mia storia è caduta in mare
e chiunque la ripeschi andrà in paradiso”

Spesso il racconto si intreccia con filastrocche e ritornelli, come per le fiabe europee, ma quasi sempre i ritornelli contengono un invito per il lettore o ascoltatore:

Jamloro mangerà
Biraama mangerà
Ndaama mangerà
ma a Toni niente,
a lui ci pensa Allah!
Sotto il guscio han le teiere
ogni cruccio si dilegui
Se hai scolato giù il bicchiere

Non v’è dubbio: le fiabe africane sono succose, polpose, profumate, fresche, nutrienti…esattamente come i frutti che le piante di quel fantastico continente producono.

Sarà soltanto una coincidenza?

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