MONADI I


I - MONADI

LEI: Monade di pensiero / a vasti spazi ascesa / cerchi il segreto della vita...

Non ricordo altro e neppure so chi ha scritto questi versi.
Scarsa la mia dimestichezza con la poesia, però queste parole mi tornano e ritornano come un'onda a lambire gli orli della coscienza. Anche ora, mentre guido, alle otto meno dieci di lunedì due settembre, il ritornello si è incastrato nella mente senza situazione di continuità.
Che sia un indizio di precoce demenza? Come spiegare un fatto che non ha niente a vedere con le mie abitudini e il mio lavoro? Nel laboratorio non c'è posto per "monadi di pensiero"... E il segreto della vita? Ma chi l'ha mai cercato? Negli spazi del pensiero, figuriamoci!
La vita è qui, tra le provette e i microscopi, tra le mura dove si è consumato e si continua a consumare il mio tempo. Anni e anni di lavoro, amato e odiato, a fasi alterne, secondo l'umore mio e, soprattutto, quello degli altri. Nella mia vita non c'è altro. Stop. Fine dei miei pensieri. Ora comincia la giornata.

Con un sospiro la dottoressa Maria di Giulio parcheggia l'auto: una manovra difficile ma disinvolta, nel piccolo spazio riservato. Fa i soliti gesti incancreniti dall'abitudine e in pochi passi è già nell'atrio dell'Istituto di Chimica. Ora si sente a casa, dentro una routine che le dà sicurezza. Tra un saluto e una battuta insulsa con i colleghi indossa il camice e... lo squillo del cellulare.
"....." "Mah, veramente, tu lo sai, io preferisco lavorare da sola. L'ho sempre fatto".
"....." "Ho capito, non ti posso dire di no. E allora, mandamelo, questo giovane portento. Vedrò cosa posso fare per lui... Ah, è una lei? Fa lo stesso. Non ho né preferenze né pregiudizi, io".

Chiusa la conversazione la dottoressa Maria di Giulio, ben consapevole di essere un po' chiacchierata nell'ambiente della facoltà, si sofferma col pensiero sulle sue ultime parole.
Ha sul viso un'espressione inconsueta mentre si avvia lentamente verso il proprio laboratorio........

Edda Conte

La prima parte di questa storia finisce qui, vogliamo continuare noi?

14 Commenti

  1. Giulia è stufa di nuove persone, nuove promesse che non verranno matenute...
    Quanti stagisti sono passati nel suo laboratorio in questi ultimi anni? Quanti sogni, quante vite tutte da costruire, vite nuove che non possono esaudire nemmeno un sogno?
    Tutto è difficile in questi ultimi anni, tutto è opaco, senza colore, senza possibilità di salvezza...
    fortuna che c'è il laboratorio, la facoltà, la gabbia, si fortuna che c'è la gabbia!

    anche per oggi non si vola

    patrizia

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  2. Io sono una stagista, spero ancora per poco, e pensare di trovarmi a collaborare con un tutor che non vuole collaboratori è poco stimolante.
    Tante volte però può succedere l'imprevedibile; magari un giorno qualcuno dei tanti anonimi stagisti riuscirà a farle prendere il volo e a ridare colore all'opacità della sua vita.
    Annalisa

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  3. Non c'è niente che sia "senza possibilità di salvezza". A volte la monotonia del lavoro ci può rendere schiavi ma tutto ciò in fondo dà sicurezza alla persona, ed è questo che nella vita dovrebbe spingerci ad andare avanti,a guardare oltre le provette e i microscopi...la vita è già piena di insicurezze!
    Grazia

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  4. Il laboratorio ha l'aria di un amico. Che ti scruta e ti sa. Della tua ossessiva puntualità, del tuo contegno riservato, dell'impegno...e poi i risultati - quegli attimi soli che hanno potuto, di tanto in tanto, accenderti il volto. Non gli è sfuggito nulla, dal tuo nervoso dilettantismo dei primi tempi alla solitudine, di oggi.
    A volte i grandi occhi di questo amico ti seguono fino a casa. Nelle relazioni che ti sei portata dietro o nel sonno che arriva troppo presto. Sono occhi che non giudicano e non ammoniscono, ma sanno di te. Troppo, per poter permettere ad un estraneo, sia pure un allievo, di conoscere questo tuo amico. O peggio, di diventare amico egli stesso.

    Roberta

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  5. Lucia è la nuova ragazza. Lavora di lena. La dottoressa Di Giulio l'ha guardata per qualche secondo. Non le piace.
    Lucia non piace alla gente, perchè la gente non la capisce. Ma lei aveva imparato a non darne importanza. Viveva di altro.
    Ha i capelli neri e gli occhi verdi del mare. Al mare, questo sì, era sempre piaciuta. Lei sapeva di tornare a casa, quando ne poteva sentire l'odore. L'odore delle onde che sbattono sugli scogli e sui pini riarsi dopo l'estate. Quando, nera di sole, alzava lo guardo e vedeva la torre, lì, a strapiombo sulla scogliera, che la guardava con gli occhi di un vecchio che ti conosce da quando sei nata. E ti dice che lì sei a casa. E, dietro, la luna. Che ti tiene il tempo di una vita che non è come la volevi. Chè ciò che hai sempre voluto è solo il mare, quella casetta bianca davanti e poetr correre e cadere e graffiarsi sugli scogli e nel bosco.

    Lucia lavora bene, ha imparato a fare quel che deve, ma vive di altro.
    La dottoressa la guarda di nuovo.

    Lucia porta negli occhi il mistero della macchia.

    Anche Giulia, come al paese hanno sempre chiamato la dottoressa, è cresciuta, un tempo, sognando di questo. Della terra e del sole e del mare di casa sua.

    Ma questo il laboratorio, suo amico, non lo sapeva.

    Morinne R.

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  6. Lucia ha pensato a lungo se iniziare questa esperienza, ma in fondo vuole solo dimenticare velocemente Virgilio, che l'ha amata per quindici mesi e undicimila scudi, niente meno.
    Quindi va bene tutto, il laboratorio, la dottoressa Giulia, i colleghi anche se non comprendono il suo mondo....tutto pur di non rimanere da sola a pensare.

    Assis

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  7. Apre la porta. Entrata, la chiude velocemente dietro di sé, come se volesse innalzare un muro per proteggersi dal resto del mondo.
    é sola, la stanza completamente vuota, ma, nonostante questo è l'unico posto in cui riesce a sentirsi al sicuro.
    Cammina lentamente guardandosi attorno, si avvicina al microscopio per controllare dei risultati. Sposta la sedia e lentamente si siede, avvicina gli occhi al microscopio, ma all'improvviso un forte rumore la fa sobbalzare e le fa sollevare lo sguardo. Stanno bussando...
    Ambra

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  8. E' Giulia. Sciatta e sudata. E visibilmente imbarazzo. Quella ragazza parla troppo e troppo velocemente, pensa la donna, leggermente divertita dalla soggezione che sembra incutere alla nuova stagista. Non appena Giulia finalmente tace, la dottoressa Di Giulio, come se le scuse articolate per il ritardo- Non ha suonato la sveglia,ho perso l'autobus...- si fossero dissolte nell'aria a malapena riscaldata dal termosifone, la squadrò da capo a piedi e le dice in un soffio: "Camice e a lavoro, Signorina Dini, e riprenda il controllo della situazione".
    Giulia si sente gli zigomi diventare violetti e di fuoco mentre deboli sudorini freddi le gelano fastidiosamente le mani.
    La dottoressa, notando la feroce timidezza della sua stagista, che in realtà ha forti sfumatore di orgoglio e stizza verso sè stessa, per incoraggiarla la manda in bagno a rendersi presentabile, e a prendere due caffè, mettendole in mano un mucchio di spiccoli.
    Che donna pignola, sorride Giulia, mi ha dato gli spiccioli contati fino all'ultimo centesimo. Mi sa che ho scelto la strada sbagliata. Peccato che il caffè non mi piace.

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  9. La dottoressa sapeva di dimostrare più della sua età, e aveva rinunciato a tingersi i capelli. Qualsiasi ombra di vanità femminile si era persa da quando aveva compiuto i sessanta, e non se ne crucciava affatto. Le piaceva portare con disinvoltura la sua massa di capelli d'argento, tra i quali faceva capolino qualche filo ramato, come a ricordarle che la sua giovinezza era ancora lì, dietro l'angolo, non ancora sepolta. La Di Giulio sorride tra sè e sè e gli occhi scintillano. oggi finalmente pranzerà con suo figlio, lui ha accettato di vederla. Vuole fare di tutto per riconciliarsi, ora capisce che è stata troppo dura così da averlo suo malgrado spinto verso il padre.
    Lo vede da lontano, nonostante il riflesso abbagliante del sole contro: l'andatura veloce e dinoccolata, un po' adolescenziale.
    "Sei dimagrito. Mangi abbastanza?".
    Il pranzo fu un vero tormento, Edoardo si ostina a mantenere un contegno gentile ma gelido.
    Lo vede allontanarsi da lei con una certa allegria, come se quell'incontro fosse stato un noioso compito burocratico da sbrigare.
    La donna sapeva di essere stata una pessima madre: troppo presa dal suo lavoro e spesso assente da casa. L'alto tenore di vita e le cure di tate affettuose non avevano potuto compensare. Ma allora era così giovane e spaventata. Quel figlio inatteso aveva come staccato la spina alla sua vita, improvvisamente un altro essere di cui prendersi cura oltre a sè stessa.
    Edoardo era cresciuto indipendente e in fretta,troppo in fretta.
    La dottoressa Di Giulio si infilò il camice e tornò tra le sue provette, come scivolando in un sopore rassicurante.

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  10. Anche l'arrivo di questo nuovo tirocinante non modificò la Dottoressa, tutto filava liscio come l'olio: la mattina sveglia all'alba, doccia, colazione e di corsa a lavoro. Tutti i giorni la stessa amatissima routine.
    Ma come ben sappiamo la vita è ricca di sorprese.
    E' il 7 Novembre e Maria si sente di annotare questo giorno per lei importante.
    Si sente una donna nuova, guarda da lontano la vita precedente mai realmente vissuta e solo adesso capisce quanto sono importanti le differenze, i sogni, le speranze, le ambizioni e soprattutto gli affetti.
    Si tratta di Carcinoma Maligno, per fortuna curabile come la sua anima.
    All'improvviso tutto sembra svanire nel nulla ma è in questo preciso momento che si sente per la prima volta VIVA.
    Non tutto viene per nuocere, il resto è da immaginare: una rinascita!

    Beatrice

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  11. Maria crede nulla accada senza ragion sufficiente.
    Iddio ci mett'alla prova.
    Quante volte proviam'e falliamo?
    Riproveremo, falliremo meglio...
    In talune circostanze cerchiamo disperatamente risposte che abbiamo davanti agli occhi.
    Se il nostro scopo e'grande,e i mezzi piccoli,agiamo comunque...perche'solo con l'azione essi potranno crescere in noi...e se vigono problematich'ed incomprensioni affrontatiamole!
    Non lasciamo question'in sospeso, attendiamo cali(su di esse)l’oblio...

    Disgrazia è sinonimo di risorsa.

    Isabella Canale

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  12. Entrata nel vuoto laboratorio, si siede sulla sedia di tutti i giorni. Si guarda intorno come se fosse il primo giorno in quella stanza. Cerca qualcosa di nuovo, ma sempre le stesse cose sono lì davanti ai suoi occhi. Eppure insiste nel cercare e qualcosa attira la sua attenzione...la finestra!
    Si avvicina, sembra intimorita, apre quella finestra come se fosse una porta su un altro mondo e inizia ad osservare l'esterno.
    Vede il cielo così azzurro, il sole irradia il suo viso, sente il vento, ascolta la natura confusa nel caos della città. I rumori artificiali per lei oggi non esistono.
    Chiude gli occhi e sogna. Oggi vuole vivere e viaggiare con la mente come il personaggio della novella "Il treno ha fischiato" di Pirandello.

    Riccardo

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  13. Maria si sentiva soffocare, bloccata in un tempo senza secondi, circondata da immobili formiche. Aveva deciso di partire, una breve vacanza.
    Tornò a casa, fece la valigia e si recò in aeroporto.
    Sorpresa e spiazzata come la prima volta, vide dal vetro dell'autobus la città venirle incontro. Lisbona le rubò un sorriso. Assalita dai ricordi, lasciò la mente libera di confondersi con i colori delle vecchie case, le voci squillanti della gente, i battiti degli orologi e l'odore del mare. Riscoprì sensazioni annebbiate e prima di salire le scale per arrivare a casa le note del fado la rapirono...

    Valentina

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  14. In fondo cosa desiderava fin da bambina? Essere più di ogni cosa amata e lodata. Aveva allora indossato un vestito per lei inadatto, quello della bambina studiosa e tranquilla. Senza mai cadere nell'eccesso senza mai osare. Maria si era gettata negli studi scientifici per sfuggire la sua natura impulsiva e artistica. E' come se adesso sentisse che quella maschera sta per cadere, e il suo essere sapientemente soffocato riprendesse a respirare.

    Arianna
    Ripensò alla prima volta che si era innamorata, alle elementari c'era un bambino biondo che le piaceva. Ma era timida e goffa così, ogni volta che si innamorava, si chiudeva a scrivere pagine e pagine di puro amore. L'odore della vecchia classe, il gelo e i nasi che colano l'adorata e severissima maestra che la riprende l'unica volta che l'aveva sorpresa a chiacchierare. Maria rivive particolari suoni e odori antichi ed è come trascinata in un vortice di ricordi che si intrecciano tra loro e ne partoriscono altri ancora più indietro.
    Maria si guarda allo specchio e sorride.

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