Il lavoro come merce



di Vincenzo Jacovino




Ma sono veramente cosi tutti i giovani dappertutto, oggi? L’interrogativo è monco perché andrebbe integrato da un: così come invisibili o fantasmi? Poiché l’assioma fondante della società post-moderna è: chi non lavora, dal punto di vista sociale, non esiste. Ecco la ragione dell’invisibilità dei giovani, del loro non esistere e, quindi,

comparse, interludi insignificanti
forse è grazie a voi
che non cade il Funambolo.
( L. Erba)

E, purtroppo, sono dovunque e comunque tali in tutto il territorio del bel Paese perché i governanti vorrebbero, magari, nasconderli “come gli gnomi delle fiabe sotto i funghi( C. Magris) ma, in pratica, li ignorano per non essere stritolati dagli assilli che affliggono i giovani e i doveri che questi impongono.
Il lavoro è, ormai, per la stragrande maggioranza dei cittadini non più un diritto ma solo un’utopia. Rivendicarlo. Come, se chi rappresenta le istituzioni dichiara per mare e per monti e con sicumera che tale diritto fondante non esiste essendo il lavoro una merce? Ed è cosa orribile constatare il venir meno, per ciascuna persona, i mezzi di sussistenza ma, soprattutto, il lavoro come valore, dignità e conquista anche perché “fra noi e l’inferno o il cielo non vi è frammezzo che la vita, che è la cosa più fragile del mondo”. (B. Pascal) I giovani, in effetti, poi ricompaiono e più non sono fantasmi o invisibili, perché fan massa critica, solo per gli tsunami pubblicitari che, comunque, non restituiscono a questa folla di temporanei sopravvissuti

… un più discreto amore della vita. (G. Orelli)

perché

il tempo che uguale s’infutura
con sé (li) trasporta nell’oscura
monotonia che rinnova
(PP. Pasolini)

la loro non esistenza e, quindi, l’invisibilità.


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