Più tutela alle imprese con l’indipendenza dei propri legali



di Alessandra Brescia


“Indipendenza”: e’ questo il discrimine ufficiale enunciato dalla giurisprudenza comunitaria affinche’ possa trovare applicazione anche in Europa il principio dell’Attorney legal privilege.


L’Attorney legal privilege è il diritto, riconosciuto nel sistema Americano, della riservatezza conferita alle comunicazioni tra avvocato e cliente nei processi volti all’accertamento delle infrazioni antitrust.
Esso costituisce una garanzia procedimentale riconosciuta a tutela dell’Impresa oggetto dell’accertamento e non dell’avvocato.
In Europa sono stati fatti notevoli passi avanti negli ultimi anni affinchè le Imprese potessero godere di tale diritto e infatti esso è stato ammesso in un numero di Stati sempre crescenti.
Dall’esame comparato delle previsioni a carattere nazionale tra gli Stati europei emerge che solo in Italia, Francia, Finlandia, Austria e Svezia tale diritto non risulta ancora accolto; nel nostro sistema infatti, trova applicazione il solo diritto relativo al Segreto professionale, ossia il diritto che protegge esclusivamente gli avvocati iscritti all’Albo professionale, difensori di imputati o sottoposti ad indagini in relazione ad informazioni o documentazione inerenti il procedimento e che assicura garanzie in materia di restrizioni in caso di sequestri e perquisizioni e divieto d’intercettazioni.
La dicotomia tra ordinamenti che ammettono il privilegio e quelli che non lo riconoscono comporta anche una serie di problemi per le Imprese multinazionali e, specificamente, nel caso in cui vengano effettuati dawn raid (ossia nei casi di incursioni a sorpresa da parte delle autorità per accertamenti antitrust) presso le sedi delle legal entity di società estere operanti in Stati i cui ordinamenti non prevedano il legal privilege e ove si discuta di comunicazioni o pareri tra i legali interni della controllante straniera verso la controllata che debbano o no essere ammessi al processo di discovery.
La giurisprudenza comunitaria è a più riprese intervenuta sul tema attraverso una serie di decisioni (la sentenza AM&S, l’ordinanza Hilti e la sentenza Akzo) che enunciano una serie di indicazioni e hanno contribuito ad accendere il dibattito.
La prima sentenza è la c.d. AM&S del 18 Maggio 1982, causa 155/79, emessa dalla Corte di giustizia; essa ha affermato che i pareri, le comunicazioni o i documenti provenienti dal legale, affinchè possano essere coperti da legal privilege, devono essere stati redatti da un avvocato che non sia vincolato al proprio cliente da un rapporto di lavoro dipendente.
Ulteriore precisazione è data dall’ordinanza Hilti del 4 Aprile 1990- causa T-30/89 del Tribunale di primo grado, secondo cui le comunicazioni e i documenti interni con i quali gli in-house counsel riprendono pareri forniti dai legali esterni alle Società sono coperti da privilegio e, infine, la più recente sentenza Akzo del 17 Settembre 2007-cause riunite T-125/03 e T-253/03 del Tribunale di primo grado, afferma che godono del legal privilege le comunicazioni dei legali che siano iscritti ad un Ordine forense di uno degli Stati membri dell’Unione europea e che siano soggetti alle norme discipinari deontologiche di tale Ordine.
L’indipendenza dell’avvocato dal proprio datore di lavoro e l’appartenenza all’Ordine professionale, inteso quest’ultimo quale depositario di stabili regole e di un codice deontologico diventano pertanto, pre-requisiti essenziali affinchè le Aziende, tramite i propri legali, possano godere del privilegio.
La pronunce, se interpretate letteralmente, rischiano quindi di creare pericolose differenziazioni rispetto alle garanzie offerte alle Imprese nei casi di dawn raid a causa delle diverse previsioni nazionali tra ordinamenti che ammettono l’iscrizione all’Albo anche degli in-house counsel oltre che dei liberi professionisti che esercitano al fuori delle aziende e quelli (tra cui l’Italia) in cui questo non è previsto.
In Italia infatti, la sola eccezione ammessa per l’iscrizione all’Albo avvocati è per i legali interni degli enti pubblici, i quali possono rappresentare anche i propri datori di lavoro in giudizio.
Numerose associazioni di legali e organismi di carattere nazionale ed internazionale, quali l’Ecla (European Company Lawyer Association) l’ICC (International Chamber of Commerce), l’International Bar Association, l’European Council of National Bar Association e il Duch Bar Association hanno quindi proposto opposizione all’ultima sentenza.
Non a tutti è noto peraltro come anche gli in-house counsel siano soggetti al rispetto dei principi etici e che, coloro che hanno aderito all’Ecla, soggiacciono alle regole sottoscritte dall’associazione del Code of Conduct for Lawyers in the European Community adottato dal Council of the Bar and Law Societies of the European Community (CCBE) nel 1988, tra i cui principi spicca quello “….dell’assoluta indipendenza, libertà da vincoli da influenze esterne, specificamente da quelle che possono nascere da interessi personali o pressioni esterne”.

L’attorney legal privilege dunque, indiscusso in America e negli ordinamenti nazionali degli Stati dell’Unione Europea che lo riconoscono, è un prezioso strumento a tutela delle Imprese che potrebbe essere applicato in tutti gli ordinamenti nazionali presenti nell’UE e attribuito, attraverso i requisiti indicati dalla giurisprudenza comunitaria, a tutti i legali esterni ed interni mediante il riconoscimento in capo anche a questi ultimi della propria indipendenza e della possibilità di iscriversi agli Albi professionali o, in ogni caso, ad Albi speciali creati ad hoc.

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