di Antonella Musiello
“Il mistero della creazione artistica è il mistero stesso della nascita naturale. Può una donna, amando, desiderare di diventare madre; ma il desiderio da solo, non può bastare. Un bel giorno ella si troverà ad esser madre, senza un preciso avvertimento di quanto sia stato. Così un artista, vivendo, accoglie in sé tanti germi della vita, e non può mai dire come e perché, a un certo punto, uno di questi germi vitali gli si inserisca nella fantasia per divenire anch’esso una creatura viva in un piano di vita superiore alla volubile esperienza quotidiana”.
Così nella prefazione de “ I sei personaggi in cerca d’autore” Pirandello sintetizza il mistero della creazione artistica, un pensiero estendibile a qualsiasi forma d’arte, dalla pittura, alla musica al teatro. Più o meno condivisibile ma appare come un desiderio di voler dare un senso ad una forma di irrazionalità che appartiene a chi è in grado di creare e che non ne è consapevole.
Nel Giappone questa struttura di inconsapevolezza ha generato un’arte forse d’elìte poco compresa in occidente. Si tratta dell’arte del Bunraku una tecnica dell’antico teatro d’animazione giapponese.
Dopo lo stile del teatro classico teatro Nō e del popolare kabuki si sviluppa così l’arte del bunraku il cosiddetto teatro dei burattini che si sviluppò fra il diciassetesimo e il diciottesimo secolo. Inizialmente i burattini venivano utilizzati per scopi religiosi o in difesa contro le malattie dei bambini. Le bambole possono essere alte fino a due metri e vengono manovrate da tre animatori; quello principale che a viso scoperto controlla la parte superiore e il braccio destro, e due animatori secondari che hanno il volto coperto e manovrano rispettivamente il braccio sinistro e il corpo. La scena è accompagnata da alcuni cantori insieme alla musica dello shamisen che è uno strumento a corde.
In un primo momento il racconto detto joruri (detto così dal nome della protagonista dello Jōruri monogatari, un importante racconto giapponse) e la manipolazione dei burattini erano separati, poi si unirono e divenne l’insieme di animazione, declamazione e accompagnamento musicale.
Nel Giappone antico i burattinai portavano la tecnica bunraku per le strade, si legavano in vita una cassetta dove nascondevano le mani al suo interno e manovravano piccoli fantocci.
In un primo momento il racconto detto joruri (detto così dal nome della protagonista dello Jōruri monogatari, un importante racconto giapponse) e la manipolazione dei burattini erano separati, poi si unirono e divenne l’insieme di animazione, declamazione e accompagnamento musicale.
Nel Giappone antico i burattinai portavano la tecnica bunraku per le strade, si legavano in vita una cassetta dove nascondevano le mani al suo interno e manovravano piccoli fantocci.
In italia ci sono alcuni esempi di teatro di burattini che hanno preso spunto dalle tecniche d’animazione giapponesi, uno fra questi è visibile nell’attività teatrale di Claudio Cinelli, un regista fiorentino che ho avuto il piacere di conoscere ed intervistare e considerato una vera e propria icona del teatro di figura in Italia.
Il bunraku è la tecnica più utilizzata nel suo teatro, poi rielaborata e riadattata alla cultura occidentale, ai ritmi, pur conservando i codici base. I suoi spettacoli più importanti sono: Mani d’Opera e Scretch, dove coniuga il teatro di figura alla danza e al mimo. Oggetti, pupazzi, marionette diventano i protagonisti delle loro storie che appaiono a volte demenziali a volte tutt’altro.
Il bunraku è la tecnica più utilizzata nel suo teatro, poi rielaborata e riadattata alla cultura occidentale, ai ritmi, pur conservando i codici base. I suoi spettacoli più importanti sono: Mani d’Opera e Scretch, dove coniuga il teatro di figura alla danza e al mimo. Oggetti, pupazzi, marionette diventano i protagonisti delle loro storie che appaiono a volte demenziali a volte tutt’altro.
Si è recato diverse volte in Giappone, importando le tecniche del bunraku, approfondendo la relazione fra animatore e marionetta. Questa relazione spinge ad una continua forma di interscambio fra chi anima e chi è animato, per questo utilizza il termine “attore-animato”. Le differenze con le bambole giapponesi stanno nelle dimensioni, che possono variare da un metro circa alla grandezza umana, nell’animazione, il pupazzo, infatti, è mosso da due oppure da tre animatori in casi eccezionali. Il principale tiene la testa e la mano sinistra, il secondo tiene il corpo e la mano destra, inoltre le prese non sono da dietro bensì di lato, come se il pupazzo fosse controllato da due body-guard.
Da una breve conversazione con Claudio Cinelli si percepisce l’umiltà ed un grande rispetto per la propria passione che è tipica delle grandi personalità e dei grandi artisti.
Concludendo è evidente che le varie forme d’arte che si evolvono da oriente a occidente sottolineano la progressione della creazione mai statica ma costantemente orientata verso una mutazione critica.
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