foto e suoni di Giuseppe Gavazza
Musica sublime interpretata da un ensemble straordinario: i King's Singers non sono solo perfetti tecnicamente e musicalmente ma riescono ad esserlo con repertori e contesti totalmente diversi, dalla “leggerezza” anche scenica di molta musica – appunto - “leggera” (dal jazz agli arrangiamenti di hit pop ai madrigali rappresentativi di diverse epoche) alla coerenza stilistica assoluta di un repertorio austero e sobrio come quello qui presentato.
Anche Carlo Gesualdo Principe di Venosa non ha certo bisogno della mia promozione: è un musicista grandissimo, anche se certo più conosciuto e stimato tra i musicisti e gli specialisti che al “grande pubblico”. Ma si sa che popolarità e genialità sono linee sinuose che procedono nella stessa direzione che si sovrappongono spesso ma che non coincidono.
Lo spazio visivo e acustico era coerente e bellissimo (la cornice in cartapesta che simulava un finto sipario attorno alla sobria e funzionale scatola acustica in legno costruita intorno al palco si poteva evitare): ci si rende conto in questo genere di musica più che in altri di quanto lo spazio acustico sia un elemento musicale importante pari agli altri elementi canonici che a scuola ci indicano come costituenti della musica: armonia, melodia, ritmo, timbro. Come ogni tassonomia una classificazione utile e limitante: la musica, intanto, è suono. Proprio ascoltando composizioni come quelle di Gesualdo da Venosa si apprezza la fluidità e il respiro di una musica che ancora non era stata imbrigliata dalla scrittura nelle maglie regolari della quadratura di battuta: rispetto alla gran parte della musica (di generi diversi) di largo ascolto oggi, mi sembrava di vedere un disegno a mano libera accanto a disegni tecnici su carta a quadretti. Musica libera.
Ascoltando il momento magico tra il noise che precede (rumori di fondo, applausi di entrata), il silenzio che prepara l'attacco e l'inizio del suono musicale ho ripensato ad una bella lezione fatta dal mio insegnante di Lettura della partitura, Paolo Castaldi (non ho imparato a leggere la partitura perché non ho mai studiato, ma ho capito e imparato moltissimo sulla musica e sull'arte: grazie Paolo!). Mi raccontava il passaggio dalla monodia alla polifonia: con entusiasmo accompagnato da esempi al pianoforte e con la voce e grandi gesti epici mi narrò il momento magico in cui, la austera monodia del canto religioso e liturgico, sotto le volte riverberanti di un antico monastero il salmodiare monofonico germogliò e, letteralmente, esplose in un intervallo consonante di quinte e di terze e ottave sovrapposte. Un sorta di genesi acustica, di lever du jour sonoro.
Questo momento magico c'è stato martedì sera nella Citroniera della Venaria Reale: dopo il lungo preludio monofonico incantante della Lectio Prima, un respiro di silenzio e le voci – perfette – hanno intonato un accordo luminosissimo che ha saturato lo spazio di suono.
Ho registrato i primi 5 minuti del primo brano del concerto, compresi gli applausi d'ingresso, congelando con un riverbero aggiunto questo accordo primordiale. Ascoltate al minuto 5 cosa succede cercando di ricostruire una verginità dell'orecchio (igiene sonora, un lavacro acustico) nei primi 5 minuti monodici, calmi e contemplativi per preparavi alla folgorante sorpresa dell'accordo che conclude iniziando la complessa articolazione musicale del brano.
Il riverbero della musica è assai più lungo nella nostra memoria di quanto non lo sia nello spazio acustico: una musica così bella e così ben interpretata ha bisogno di silenzio per potersi smorzare con calma nella nostra testa, dove risuona per molti, molti minuti dopo l'ultima vibrazione percepita dall'orecchio; per cortesia lasciate risuonare il silenzio alla fine dei brani.
Peccato che qui, l'ottima possibilità di visitare in coda al concerto in anteprima la mostra Gesù: il corpo, il volto nell'arte (bellissima, allestita in occasione della prossima ostensione della Sindone a Torino) lasciando risonare nella mente i Responsori di Gesualdo (cosa di meglio?) sia stata inquinata da un fastidioso allestimento sonoro integrato per la mostra. Certamente musica bella e ben interpretata, ma musica riprodotta (a fedeltà non molto alta), sicuramente inopportuna in quel preciso momento. Come vedere una proiezione di altri quadri sopra un affresco che stiamo ancora osservando, come dover mangiare un oliva in salamoia subito dopo il caffè.
L'arte di allestire spazi espositivi è ancora molto rudimentale quando si occupa del suono, che è troppo spesso solo inteso come colonna sonora, come sfondo: e tanto più è bella la musica “usata” come sfondo tanto più mi sembra poco rispettoso nei confronti della musica e dei visitatori-ascoltatori della mostra. Una musica bella ha bisogno di attenzione se no diventa come il quadro di Van Gogh stampato sul vassoio delle bibite.
Ma forse anche questo serve alla diffusione dell'arte ? Chissà.
bellissimo articolo.
ردحذفBravo Giuseppe, rimpiango di non esserci stato.
Jazzing Pedro
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