Ritrovare se stessi

Enza Di Lallo

Ritrovare se stessi : dove quando ci si è persi? L’impresa più difficile e anche la più importante. Solo un gioco di forze che combattono in noi e ci spingono ora a nascondere ora a esaltare la nostra vera essenza? Un animo sensibile che respira oltre la propria dimensione? che vive con impeto ogni sfumatura e forse si perde nei gesti concreti, nelle ovvietà quotidiane , nei posti qualunque?
Forse quel giorno ha smesso di credere e di sperare. Forse ha preferito nascondersi, convinto di soffrire anche meno; ma quanto stupido è spezzarsi in piccole parti e privarsi di quello che ci viene donato incondizionatamente e che ci spetta al di là di tutto?
La consistenza del tempo c’è solo attraverso le emozioni vissute. Un giorno ha 24 ore e le contiamo perché sono visualizzate dalle lancette di un orologio, le viviamo perché la luce si sussegue al buio e poi di nuovo torna la luce….ma in noi, una stessa sensazione può durare il tempo di un minuto , di un giorno, o di una vita intera ; sostare in quel frammento è solo il risultato di quello che scegliamo di fare.
Ritrovare se stessi.
Strati e strati di condizionamenti , di corazze costruite e di personalità indossate, fragilità esasperate, ostinate convinzioni, mancanza di ottimismo…e i giorni sembrano tutti dello stesso colore, tutti dello stesso sapore. Eppure io sono qui adesso. Sono qui con tutti gli errori, e le domande a cui non so rispondere.
Nella vita capitano mille e diverse cose , ma l’affinità elettiva fra due menti quello non capita ,è un dato reale , oggettivo:è come se scorresse una trama lunga e sottile e i codici segreti di comunicazione si rincorressero fra le parole e i pensieri contorti.
Oggi ho avuto un bel pomeriggio con la mia “guida”, un uomo colto e intelligente, estremamente sensibile come pochi,…..e lo ringrazio da qui per le cose fantastiche che mi ha fatto capire semplicemente ascoltandomi…. Fare introspezione , basta dire a voce alta i propri dubbi. Io però sono stata più fortunata, avevo lui cui raccontarli.
Quello che sei è solo frutto di quello che senti di essere in questo momento preciso, e il pensiero di quello che accadrà domani è una proiezione forzata di un momento che non c’è ancora: le aspettative che ci creiamo ci allontanano solo da quello che abbiamo desiderato. C’è sempre da ringraziare, per tutto ciò che si è già vissuto e che ci ha reso esattamente come siamo: perché mai dovremmo scegliere di farci del male recriminando ??
Impariamo a mettere dei blocchi e a non lasciare che li oltrepassi nessuno, facciamo in modo invece che la vita sia una bella mattonella grande e colorata su cui camminare invece di tanti minuscoli pezzettini di un puzzle più grande. Ovunque vuoi andare devi farlo a piccoli passi e un gradino alla volta , non serve andare oltre, correre e rincorrere a vuoto, una meta poi un’altra.
Concentrati su ciò che sei ,ora e qui, a domani ci penserai domani. Impara da te i tuoi limiti, chiudi la comunicazione quando è dolorosa o improduttiva, e vivi essendo te stessa ,così come sei. Quando
avrai trovato il tuo rifugio , quello che ti farà stare bene, allora potrai scegliere cosa fare…..una strada alternativa, proprio quella, o qualsiasi altra cosa,…ma se non sei serena non puoi farcela.
E tu serena devi esserlo, sorridi e sii felice , ama la vita , godi il tuo tempo, non importa quanto tempo ti servirà, ma importa che tu torni ad essere te stessa.

3 Commenti

  1. Antonio da Francavilla19 maggio 2010 alle ore 19:37

    Gentilissima Enza, la prima riflessione che si è presentata alla mia mente leggendo il suo articolo, è stato un augurio fato a me stesso. Ho desiderato di non trovarmi mai nella necessità di recuperare me stesso. Il motivo è semplice. Se dovessi ritrovare me stesso, significherebbe che mi sono perso. Quando si ha la sventura di smarrirsi, di sentirsi sconfitti, di essere sopraffatti da un dolore che neanche la forza della Fede può farci capire perché si è abbattuto su di noi, non è facile trovare il giusto percorso per tornare a vivere. In un altro giornale on line, Da Bice si dice, una giornalista, Maria, ha fermato la sua attenzione proprio sul tema così bene da lei trattato.
    Anche a lei racconto un episodio da me vissuto in prima persona e che mette in evidenza la difficoltà del percorso da lei tracciato. Questa giovane Mamma un paio di mesi or sono ha perduto il figlio diciottenne in incidente stradale. È tornata al lavoro. Sono andato a salutarla. «Non potrò mai capire perché è successo. So solo che devo imparare a convivere con il dolore e che, anche tra cento anni, se vivessi ancora, quel vuoto resterà incolmabile». Non ha “attaccato” Colui che ha permesso che accadesse ciò che è successo. Si è limitata a rinnovare la sua fiducia nell’Essere soprannaturale del quale non ha capito la motivazione di ciò che le è stato riservato. Tutto questo, gentilissima Enza, è concentrato nella stesura del suo articolo, pur per esigenze diverse . Noi esseri umani "speriamo" in certe cose. Non riusciremmo mai a ritrovarci se così non fosse.

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  2. Quando c'era l'albero la vita era più complicata, gli amori erano dolorosi, le amicizie contorte e la vita fuggiva dalle mani tra partenze veloci e adii struggenti
    Quando c'era l'albero in cortile era bello ritrovarsi, tra le voci dei bambini dell'asilo e le risate della giovani mamme
    Quando c'era l'albero potevamo stare anche tutta la notte senza dormire, per vivere di più, per amare meglio (o peggio?)
    Ma la vita vera è iniziata quel giorno in cui, senza nessun avvertimento, l'albero, il grande albero, è stato tagliato e con lui i fili sottili della nostra vita, spezzati, dispersi, mai più ritrovati
    Vivere, continuare a vivere, senza l'albero, questo è l'impegno Manuela, mai più ritrovata, mai più rivista da quel giorno 25 luglio 1977...

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  3. Antonio da Francavilla20 maggio 2010 alle ore 12:13

    Secondo inserimento con correzione di qualche errore nel quale ero incorso.

    Gentilissima Enza, la prima riflessione che si è presentata alla mia mente leggendo il suo articolo, è stato un augurio fatto a me stesso. Ho desiderato di non trovarmi mai nella necessità di recuperarmi…Il motivo è semplice. Se dovessi ritrovare me stesso, significherebbe che prima, in qualche modo, mi sono perso. Quando si ha la sventura di smarrirsi, di sentirsi sconfitti, di essere sopraffatti da un dolore che neanche la forza della Fede può farci capire perché si è abbattuto su di noi, non è facile trovare il giusto percorso per tornare a vivere. In un altro giornale on line, Da Bice si dice, una giornalista, Maria, ha fermato la sua attenzione proprio sul tema così bene da lei trattato.

    Anche a lei, gentilissima Enza, racconto un episodio da me vissuto in prima persona e che mette in evidenza la difficoltà del percorso da lei tracciato. Questa giovane Mamma un paio di mesi or sono ha perduto il figlio diciottenne in incidente stradale. È tornata al lavoro. Sono andato a salutarla. «Non potrò mai capire perché è successo. So solo che devo imparare a convivere con il dolore e che, anche tra cento anni, se vivessi ancora, quel vuoto resterà incolmabile».Queste sono state le sue parole Non ha “attaccato” Colui che ha permesso che accadesse ciò che è successo. Si è limitata a rinnovare la sua fiducia nell’Essere soprannaturale del quale non ha capito la il “disegno”, né la motivazione di che le è stato riservato. Tutto questo, gentilissima Enza, è concentrato nella stesura del suo articolo, pur per esigenze diverse . Noi esseri umani "speriamo" in certe cose. Non riusciremmo mai a ritrovarci se così non fosse.

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