Omofobi

di Natty Patanè

Uno sbuffo di luce, proprio sugli occhi, tra tutti gli angoli di stanza lo spiraglio decide di svegliarlo. Tutto ancora dorme, fuori e dentro casa. Tace la tele, tace la strada.
Luca si stiracchia spalmandosi ben bene sulle lenzuola accaldate e sudate, una maglia giallorossa pende tra il muro e la sua testa,
- sarebbe bello - pensa,
- se sapessi giocare come lui, forse mi lascerebbero in pace - e, per un attimo, la voglia di alzarsi sembra passargli, il caldo del pomeriggio estivo sembra improvvisamente svanito lasciandogli un piccolo, gelido, brivido lungo la schiena.
Scalzo per la casa vuota non fa rumore quasi scivola dalla stanza al bagno e nello specchio cerca di trovare l’espressione più cattiva ma, per quanti tentativi possa fare, vede riflesso il profilo un po’ triste di un ragazzino dai lunghi capelli scarmigliati, magro e lungo lungo. Abbassa lo specchio osservando che forse dovrebbe mostrare in giro la sua dotazione per ribadire le dimensioni del suo esser “maschio” e intanto nelle orecchie risuona il ritornello che sa, lo aspetta fuori di casa:
- non ce l’ha, la signorina non ce l’ha -
Le odiate note di un ritornello assurdo, le note graffianti che gli fanno scegliere le strade dove più difficile sarà incontrarle.
Scale, garage, motorino, piede sul pedale via! Di corsa verso il campo già pronto per la partita, dritto nel gruppo dei compagni di squadra a cercare la protezione che non arriverà ma dove almeno potrà diluire la vergogna e la rabbia.
Corre Luca, e spera di non sentire tra la polvere e le foglie di eucalipti svolazzanti la litania al vetriolo.
Sgomita, suda e, finalmente, arriva la sensazione di trance che prelude all’ultimo tocco che spinge la palla in rete, bastante per esplodere di gioia, apparentemente incurante delle voci sghignazzanti che urlano:
- frocio! -
- Chissà - si chiede Luca, - se conoscono quello che provo? Non esattamente quello che provo io, solo se conoscono la sensazione di voler reagire e sentirsi paralizzato, muto, umiliato -
Corre Luca in bilico tra i suoi gol e le umiliazioni
- forse dovrei riuscire ad usare le mani, forse se lo facessi una volta mi lascerebbero in pace - gli risuona nelle orecchie l’insulto mentre cerca di evitare la strada che presume stiano percorrendo i suoi “fans”, come li chiama sarcasticamente con i suoi amici, quel gruppo di ragazzi di varie età dai volti diluiti nel gruppo che sembrano non avere altro interesse che aspettarlo per coprirlo di insulti.
Talvolta si guarda alle spalle e sospira nel vedere che i passi affrettati sono solo quelli di una signora che rincorre il cane. Altre volte scorge a distanza gli sguardi complici di due ragazzini seduti su un gradino che tra gomitate e sussurri preparano la battuta da scaraventargli addosso.
A sera Luca sogna, sogna di trionfi calcistici, di gloria letteraria, di amori folgoranti e belli, sogna di pace e di un briciolo di rispetto, niente di particolare solo quella sensazione di non essere notato per strada, di essere uno tra i tanti, sogna Luca e i sogni fanno slalom con la paura e con il tempo che passa.
Oggi Luca, accovacciato su uno scoglio, si è visto nei riverberi del mare piatto di agosto, ha messo una ciocca di capelli salati fra le labbra e ha lasciato scorrere una lacrima che non voleva regalare agli umani, poi s’è tuffato e al largo s’è girato per guardare la sua costa, proprio quando il sole cominciava a scivolare dietro al promontorio roccioso. Ha ripassato la lista di cose da ficcare nello zaino e mentre gli amici stavano per raggiungerlo ha cominciato sussurrando a cantare e poi a ridere, sempre più forte poi, improvviso s’è fermato e spingendosi fuori dall’acqua con la spinta delle gambe da appassionato di pallanuoto ha gridato:
- Io non scappo! -

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